domenica 17 marzo 2013

IL RISCHIO IDROGEOLOGICO DEL PIANO CASA CAMPANIA


Viaggio nella terra di Fantàsia, dove  non èquel che è

 

▀ ▄ ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄

 

Geom. Bottone Marcellino – Piedimonte Matese (CE) - 17 marzo 2013

 

▀ ▄ ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄

 

Tutto nasce dalla ricezione di questa mail:

“Gent.le Geom Marcellino Bottone

Le sottopongo il caso singolare, non specificato bene prima, di un fabbricato di modeste dimensioni posto in zona agricola, pre-urbana, destinato parte ad abitazione e parte a locali agricoli.

L'area su cui insiste è stata ricompresa nel vincolo di cui alla legge n.183/89 - area perimetrata dall'Autorità di Bacino Sx Sele - a rischio frana R2 Medio ed a pericolosità frana P3 Elevata ;con aggiornamento dinamico di stralcio con metodo GIS, in cui si vorrebbe variare in parte la destinazione all'interno del volume esistente con il Piano Casa, nel comune di “Fantàsia[1].

Si precisa che alla costruzione di tale immobile sono state attuate tutte le misure e le prescrizioni tecniche-ingegneristiche necessarie a mitigare tale
probabile pericolo.

In particolare mediante opere imponenti quali palificate in fondazioni, snellimento e riconfigurazione del pendio, drenaggi appropriati.

In riferimento all'art. 3 - casi di esclusioni del Piano casa, chiede se per variazioni interne al volume esistente è consentita l'applicazione del Piano casa. … …”


Mail che ha sollecitato una nuova avventura alla ricerca dell’intelligibile comprensibilità del Piano Casa Campania approvato con LRC 19/09 e s.m.i. .

Avventura di cui vi narro la mancanza di eroi, un finale sofferto e … insomma: la solita storia.

 

▀ ▄ ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄

 

IL PIANO CASA E LA LEGGE CHE NON C’E’

Il curioso che si addentri, navigando per la rete, tra le pagine che la Regione Campania ha creato per spiegare -  quando parliamo di legge 18 maggio 1989 n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) -  di cosa parliamo, approderà a questo cartello[2] :  

La legge 183/1989 ha istituito le Autorità di bacino per i bacini idrografici di rilievo nazionale ed interregionale, ha demandato alle Regioni l'istituzione delle autorità di bacino per quelli di rilievo regionale ed ha assegnato sempre alle Regioni le relative funzioni amministrative per i bacini idrografici di rilievo regionale e interregionale.
Alle Autorità di bacino competono la pianificazione e la programmazione per il governo unitario del territorio del bacino idrografico attraverso lo strumento del Piano di bacino.
Il Piano di bacino ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato (L. 183/1989, art. 17, comma 1).
Il Piano di bacino può essere redatto ed approvato anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali (art. 12 del decreto legge 5 ottobre 1993 n. 398, conv. con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993 n. 493), purché essi costituiscano, comunque, fasi sequenziali e correlate ai rispetto ai contenuti delineati per i piani di bacino.
A seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo del 3 aprile 2006 n. 152, la legge 183/89 è stata abrogata (art. 64) e sono state soppresse le Autorità di bacino (art. 63 c. 3), con l'istituzione dei “distretti idrografici”.
Tutte le attività relative ai Piani di bacino vengono tuttora svolte, in regime di proroga, dalle Autorità di bacino. La fase transitoria di continuità amministrativa viene regolamentata per l'Autorità di bacino nazionale dalla legge del 27 febbraio 2009 n. 13, e per le Autorità di bacino interregionali e regionali dalla delibera di Giunta regionale del 19 maggio 2006 n. 663.

E penserà:

ma se la Regione Campania sa cheA seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo del 3 aprile 2006 n. 152, la legge 183/89 è stata abrogata”, perché mai vi fa riferimento quando scrive la Legge Regionale n. 19 del 28 dicembre 2009 e s.m.i. sul cosiddetto Piano Casa?

La questione, comprensibilmente, è che al gioco delle leggi buttate nei cestini, per scommettere chi – tra i bendati – coglie il centro al primo tiro, non si può partecipare quando si tratta di tutelarezone nelle quali la maggiore vulnerabilità' del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone … oltre che perle cose ed il patrimonio ambientale.[3]  

La Legge 183/89 sarà stata anche abrogata senza validi sostituti, ma i rischi di un suolo instabile sono rimasti.

E dobbiamo tenerne conto.

 

▀ ▄ ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄

 

IL PIANO CASA E LE AREE A RISCHIO IDROGEOLOGICO

La Regione Campania riferisce, nel richiamato sito, che :

Il “dissesto idrogeologico”, come definito all’art.54 del D.Lgs. 152/06, è “la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio”.

Nella Regione Campania le aree con tali caratteristiche sono numerose e l'esposizione al rischio geologico-idraulico (con questo termine si fa riferimento al rischio derivante dal verificarsi di eventi meteorici estremi che inducono a tipologie di dissesto tra loro strettamente interconnesse, quali frane ed esondazioni) costituisce un problema di grande rilevanza sociale, sia per il numero di vittime, che per i danni prodotti alle abitazioni, alle industrie e alle infrastrutture, che desta ancor più preoccupazione se si pensa ai potenziali futuri scenari connessi al cambiamento climatico.

 

La medesima Regione ci fornisce, inoltre, anche queste informazioni utili a decifrare la lettura delle norme concernenti ilRischio Idrogeologico” :

Il “Rischio” (R) è definito come “ l’entità del danno atteso in una data area e in un certo intervallo di tempo in seguito al verificarsi di un particolare evento calamitoso “. In termini analitici, il rischio idrogeologico è espresso dalla seguente espressione R = H x V x E, nota come "equazione del rischio" che lega pericolosità (H), vulnerabilità (V) e valore esposto (E) .

La “pericolosità” (H) esprime la probabilità che in una zona si verifichi un evento dannoso di una determinata intensità entro un determinato periodo di tempo (che può essere il “tempo di ritorno”). La pericolosità è dunque funzione della frequenza dell’evento. In certi casi (come per le alluvioni) è possibile stimare, con una approssimazione accettabile, la probabilità di accadimento per un determinato evento entro il periodo di ritorno. In altri casi, come per alcuni tipi di frane, tale stima è di gran lunga più difficile da ottenere. Al riguardo, il DPCM 29/09/1988 fornisce le seguenti indicazioni qualitative:

  • Rischio idraulico
    • pericolosità alta per tempi di ritorno compresi tra 20 e 50 anni;
    • pericolosità media per tempi di ritorno compresi tra 100 e 200 anni;
    • pericolosità bassa per tempi di ritorno compresi tra 300 e 500 anni.
  • Rischio frane
    • pericolosità alta per frane veloci;
    • pericolosità media per frane lente ma molto grandi e/o profonde;
    • pericolosità bassa per frane lente non grandi e/o superficiali.


La “vulnerabilità” (V) indica l’attitudine di una determinata “componente ambientale” (popolazione umana, edifici, servizi, infrastrutture, etc.) a sopportare gli effetti in funzione dell’intensità dell’evento. La vulnerabilità esprime il grado di perdite di un dato elemento o di una serie di elementi risultante dal verificarsi di un fenomeno di una data “magnitudo”, espressa in una scala da zero (nessun danno) a uno (distruzione totale).

Il “valore esposto” (E) o esposizione indica l’elemento che deve sopportare l’evento e può essere espresso o dal numero di presenze umane o dal valore delle risorse naturali ed economiche presenti, esposte ad un determinato pericolo. I fattori di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione spesso presentano difficoltà di parametrizzazione. In tal caso, si può ricorrere a delle sintesi parziali delle informazioni valutando il cosiddetto "Rischio specifico" (Rs) o il "Danno" potenziale (D).

Il “Rischio specifico” (Rs) è il grado di perdita atteso quale conseguenza di un particolare fenomeno naturale, e può essere espresso da: Rs = H x V.

Il “Danno” (D) indica le potenziali conseguenze derivanti all’uomo, in termini sia di perdite di vite umane, che di danni materiali agli edifici, alle infrastrutture ed al sistema produttivo, nel caso del verificarsi dell’evento temuto: D = V x E.

 

 

Quando il medesimo Legislatore scrive la legge sul Piano Casa, però, sembra rinunciare a ogni conseguenza logica che ci si aspetterebbe da queste premesse, lanciandosi in affermazioni che si risolvono in una schiuma di contraddizioni.

E proverò a dimostrarlo con questa sequenza di fatti e circostanze obiettive :

  1. il primo riferimento al rapporto tra Piano Casa e zone a rischio idrogeologico lo si ritrova all’art. 3 – Casi di esclusione, comma 1, lett. f) della LRC 19/09 e s.m.i. , dove si afferma che “Gli interventi edilizi di cui agli articoli 4, 5, 6-bis e 7 non possono essere realizzati su edifici … … …  collocati all’interno di aree dichiarate a pericolosità o rischio idraulico elevato o molto elevato, o a pericolosità geomorfologica elevata o molto elevata, dai piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n.183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), o dalle indagini geologiche allegate agli strumenti di pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio o agli strumenti urbanistici generali dei comuni“;

 

  1. la norma, sembra abbastanza chiara, visto che – sulla base dei richiami normativi e descrittivi forniti dalla medesima Regione -  siamo in grado di attribuire significato ai vari termini cui si fa riferimento (pericolosità; rischio; geomorfologia; ecc…) . E ci dice che per la tutela del rischio deve farsi riferimento non solo alle mappature prodotte dall’Autorità di Bacino, ma anche a quelle eventualmenteallegate agli strumenti di pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio o agli strumenti urbanistici generali dei comuni (come a dire che non importa “chi” individua il rischio: è importante che se ne tenga conto e che se affrontino le conseguenze);

 

  1. sennonché, subito dopo il richiamato “art. 3 – Casi di esclusione”, cioè appena si passa a definire le fattispecie e i modi di applicabilità del Piano Casa, ecco come così si esprime “testualmente” il Legislatore Campano (in rosso sottolineo i passaggi che meritano particolare attenzione):

 

Art. 4

Interventi straordinari di ampliamento

1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:

a) edifici residenziali uni-bifamiliari;

b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.

2. L’ampliamento di cui al comma 1 è consentito:

a) su edifici residenziali come definiti all’articolo 2, comma 1, la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con quello abitativo ;

b) per interventi che non modificano la destinazione d’uso degli edifici interessati, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b);

c) su edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968 ;

d) su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata;

e) su edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico;

f) su edifici esistenti ubicati nelle aree sottoposte alla disposizioni di cui all’articolo 338, comma 7, del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) e successive modifiche, nei limiti di tale disciplina;

g) su edifici regolarmente autorizzati ma non ancora ultimati alla data di entrata in vigore della presente legge ;

3. Per gli edifici a prevalente destinazione residenziale, nel rispetto delle prescrizioni obbligatorie di cui al comma 4, è consentita, in alternativa all’ampliamento della volumetria esistente, la modifica di destinazione d’uso da volumetria esistente non residenziale a volumetria residenziale per una quantità massima del venti per cento .

4. Per la realizzazione dell’ampliamento sono obbligatori:

a) l’utilizzo di tecniche costruttive, con criteri di sostenibilità e utilizzo di materiale eco-compatibile, che garantiscano prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei parametri stabiliti dagli atti di indirizzo regionali e dalla vigente normativa. L’utilizzo delle tecniche costruttive ed il rispetto degli indici di prestazione energetica fissati dalla Giunta regionale sono certificati dal direttore dei lavori con la comunicazione di ultimazione dei lavori. Gli interventi devono essere realizzati da una ditta con iscrizione anche alla Cassa edile comprovata da un regolare Documento unico di regolarità contributiva (DURC). In mancanza di detti requisiti non è certificata l’agibilità, ai sensi dell’articolo 25(R) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia -Testo A), dell’intervento realizzato ;

b) la conformità alle norme sulle costruzioni in zona sismica;

c) abrogata .

5. Per gli edifici e loro frazionamento, sui quali sia stato realizzato l’ampliamento ai sensi della presente legge, non può essere modificata la destinazione d’uso se non siano decorsi almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori .

6. L’ampliamento non può essere realizzato su edifici residenziali privi del relativo accatastamento ovvero per i quali al momento della richiesta dell’ampliamento non sia in corso la procedura di accatastamento.

L’ampliamento non può essere realizzato, altresì, in aree individuate, dai comuni provvisti di strumenti urbanistici generali vigenti, con provvedimento di consiglio comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge.

7. E’ consentito su edifici non residenziali regolarmente assentiti, destinati ad attività produttive, commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi restando i casi di esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la realizzazione di opere interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti nell’ambito dell’attività autorizzata, per la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture esistenti, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. I medesimi interventi possono attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi una superficie non superiore a cinquecento metri quadrati, non devono in alcun modo incidere sulla sagoma e sui prospetti dell’edificio, né costituire unità immobiliari successivamente frazionabili .

 

Ora, anche un lettore superficiale si chiederebbe:

 

·         ma se si è appena esclusa l’applicabilità del Piano Casa a tutte le aree a rischio idrogeologico (art.3, c.1, lett.f), per quale ragione si è affermato, subito dopo (art.4, c.1, lett.2), che “l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente”,“In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito … ” solo “su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata” ?

 

·         potrebbe trattarsi di un’involontaria “ridondanza” enunciativa, ma – se alla ” legge non si può … attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore[4]  prima di accettare questa opzione dobbiamo verificare che non esistano altre interpretazioni possibili. E, purtroppo, l’esistenza di una possibile alternativa è vagheggiata da un indizio: mentre, nel testo dell’art.3, l’applicabilità del Piano Casa è esclusa quando gli edifici ricadono in aree dichiarate a “pericolosità o rischio idraulico elevato o molto elevato, o a pericolosità geomorfologica elevata o molto elevata“,  nel testo dell’art.4 è esclusa solo quando gli edifici ricadono in aree “a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata”;

 

·         dunque, se all’art.4 scompare il riferimento alle aree a rischio idraulico elevato o molto elevato[5], dobbiamo necessariamente derivarne una discordanza significativa per alimentare il dubbio che il Legislatore abbia inteso inserirla in modo non involontario;

 

·         e, ad alimentare questo dubbio, partecipa l’ulteriore osservazione circa la “particolare” collocazione della previsione “inibitoria” nell’ambito dell’art.4 : in virtù di questa collocazione, infatti, ne deriva inoppugnabilmente che il divieto di attuare ”Interventi straordinari di ampliamento“, quando gli edifici ricadono in aree “a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata”, si applica solo quando voglia eseguirsi “In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente(art. 4, comma 1), mentre non si applica quando voglia eseguirsi “in alternativa all’ampliamento della volumetria esistente, la modifica di destinazione d’uso da volumetria esistente non residenziale a volumetria residenziale per una quantità massima del venti per cento(art.4, comma 3)  ;

 

·         tra l’art. 3 e l’art. 4 della medesima LRC 19/09 e s.m.i., quindi, vi sono differenze qualitative sostanziali che evidenziano una formulazione testuale non casuale e, di conseguenza, non riducibile ad una interpretazione univoca. E che debba accedersi ad un’interpretazione “necessariamente” più aperta di quella “assolutamente negativa” ritraibile dall’art. 3, è un fatto che deriva dall’ulteriore lettura di un’altra norma della LRC 19/09 e s.m.i. , di cui si riporta il testo (con il solito stratagemma di segnalare in rosso i passaggi che meritano particolare attenzione):

 

Art.11-bis

Disposizioni per la delocalizzazione di immobili da aree a rischio idrogeologico molto elevato e

dalla zona rossa a rischio eruzione del Vesuvio

 

1. Al fine di prevenire il rischio idrogeologico e quello di eruzione del Vesuvio e di salvaguardare l’incolumità delle persone e la sicurezza degli insediamenti abitativi, è incentivata la delocalizzazione, nell’ambito dello stesso comune o in altri comuni limitrofi, previo accordo tra i medesimi, degli edifici residenziali contenenti unità abitative destinate a prima casa ricadenti nelle aree classificate dall’Autorità di Bacino a pericolosità o rischio da frana molto elevato, con riferimento ai fenomeni di colata rapida o di crollo di volumi rocciosi per quanto riguarda il rischio idrogeologico, e nella zona rossa del “Piano di Emergenza dell’area vesuviana” del dipartimento di Protezione Civile, per quanto riguarda il rischio eruzione del Vesuvio.

2. I proprietari degli edifici che dimostrano la condizione di pericolosità o rischio molto elevata, con attestazione della competente Autorità di Bacino, nelle aree di rischio idrogeologico possono richiedere di realizzare, al di fuori delle medesime aree e in ambiti destinati dalla pianificazione urbanistica alla edificazione residenziale, una volumetria aggiuntiva, oltre quella assentibile o assentita in base al vigente strumento urbanistico, a favore dei soggetti di cui all’articolo 11, comma 1, del DPR n.380/2001, pari al volume dell’unità abitativa destinata a prima casa incrementato fino ad un massimo del trentacinque per cento. La volumetria aggiuntiva è altresì realizzabile negli ambiti di trasformazione urbanistica ed edilizia di cui all’articolo 7 della presente legge.

3. Il richiedente, in ogni caso, provvede, previa stipula di apposita convenzione, alla demolizione dell’intero edificio e al ripristino ambientale delle aree di pertinenza dello stesso, nonché al trasferimento delle medesime nel patrimonio indisponibile del comune, prima della conclusione dei lavori di costruzione del nuovo immobile.

4. L’area acquisita, che non può comunque essere superiore a dieci volte la superficie utile costruita, è gravata da vincoli di inedificabilità.

5. In caso di unità abitative da delocalizzare per le quali è stata presentata istanza di condono edilizio, la volumetria aggiuntiva è concessa solo se le stesse sono suscettibili di sanatoria ai sensi degli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n.47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali), e comunque solo se sono state realizzate prima della adozione dei Piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico o dei Piani stralcio per l’assetto idrogeologico.

6. Al fine di consentire l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 5, i soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge o delle sue successive modificazioni, siano titolari di istanza di condono edilizio ancora non definita, possono richiedere, nei successivi novanta giorni, al comune competente la definizione prioritaria dei relativi procedimenti, mediante apposita istanza, corredata dalla documentazione prescritta dalla normativa vigente, contenente la dichiarazione che l’edificio ricade nei casi previsti dalla presente legge. A fronte di tale istanza il comune è tenuto a concludere il procedimento con un provvedimento definitivo nel termine di centottanta giorni.

7. Al comma 2 dell’articolo 5 della legge regionale 10 dicembre 2003, n. 21 (Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell’area Vesuviana), dopo le parole “degli immobili esistenti” sono aggiunte le seguenti “nonché gli interventi di ristrutturazione edilizia, anche mediante demolizione e ricostruzione in altro sito, in coerenza con le previsioni urbanistiche vigenti, a condizione che almeno il cinquanta per cento della volumetria originaria dell’immobile sia destinata ad uso diverso dalla residenza.

 

A mente dell’art. 11-bis, infatti, è lo stesso Legislatore ad enunciare una “terza” variazione sul tema delle possibilità applicative del Piano Casa relativamente agli edificiricadenti nelle aree classificate dall’Autorità di Bacino a pericolosità o rischio da frana molto elevato”:

stabilendo che qualora tali edifici contengano “unità abitative destinate a prima casa” e la classificazione del rischio idrogeologico si identifichi con “fenomeni di colata rapida o di crollo di volumi rocciosi”, debba incentivarsi la loro “delocalizzazione, nell’ambito dello stesso comune o in altri comuni limitrofi“, riconoscendo ai richiedenti “una volumetria aggiuntiva, oltre quella assentibile o assentita in base al vigente strumento urbanistico” e “pari al volume dell’unità abitativa destinata a prima casa incrementato fino ad un massimo del trentacinque per cento(art. 11-bis, comma 2) .

 

 

Da tutto quanto si è detto, emerge certamente che – alle tantissime altre contraddizioni del Piano Casa Campania già segnalate con lavori precedenti – devono aggiungersi quelle concernenti il rapporto con le aree a rischio idrogeologico.

 

Quale interpretazione deve ritenersi possibile?

 

Trascurando la mia fondamentale e nota opposizione a “tutta” la disciplina del Piano Casa Campania, dunque limitandomi ad un esercizio interpretativo meramente “tecnico-logico” della LRC 19/09 e s.m.i., credo di dover proporre un percorso interpretativo di questo tipo:

 

 

  1. E’ un fatto che l’inapplicabilità del Piano Casa alle aree a rischio idrogeologico, formulato dalla LRC 19/09 e s.m.i. all’art. 3, comma 1, lett.f), è contraddetto dalle facoltà esplicitate - ai successivi art. 4, comma 2, lett. d) e comma 3, art. 5 comma 2, lett. d), art. 11-bis – dalla medesima LRC 19/09 e s.m.i.;

 

  1. Dal che deve inevitabilmente dedursi che il divieto formulato dalla LRC 19/09 e s.m.i. all’art. 3, comma 1, lett.f) non può essere ritenuto – dovendosi altrimenti assumere che il Legislatore sia incorso in insanabile contraddizione – assoluto ma affermazione di principio;

 

  1. Così delineato, il senso ed il valore della norma appare pienamente compatibile con le ragioni e le finalità della disciplina delle norme di tutela dal rischio idrogeologico, che non consistono nell’imposizione di astratte inibizioni all’edificabilità ma nella precisa rilevazione di elementi e/o eventi che possano dar luogo a dissesto idrogeologico, e cioè a quella condizione che l’art. 54 del D.lgs 152/06 definisce come la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorioe che la stessa Regione Campania tenta di fronteggiare riconoscendo che ”le aree con tali caratteristiche sono numerose e l'esposizione al rischio geologico-idraulico (con questo termine si fa riferimento al rischio derivante dal verificarsi di eventi meteorici estremi che inducono a tipologie di dissesto tra loro strettamente interconnesse, quali frane ed esondazioni) costituisce un problema di grande rilevanza sociale, sia per il numero di vittime, che per i danni prodotti alle abitazioni, alle industrie e alle infrastrutture … “;

 

  1. E, quindi, alla soluzione del dilemma si perviene per mera conseguenza logico-argomentativa: per decidere se, come e quando il Piano Casa sia applicabile agli edifici ubicati nelle aree a rischio idrogeologico deve procedersi secondo le regole ed i procedimenti ordinari, e cioè confrontando gli effetti delle singole istanze dei richiedenti con i limiti agli interventi imposti dai Piani redatti dalle Autorità di Bacino (o dalle altre autorità di governo del territorio);

 

  1. E’ dall’analisi puntuale e nel merito che può seguire una soluzione  … …

 

▀ ▄ ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄

IL PIANO CASA E IL REGNO DI FANTÀSIA

E allora immergiamo lo scandaglio analitico nelle profondità del dilemma che mi è stato sottoposto via mail e che, per comodità, riassumo così:

  • di un fabbricato di modeste dimensioni posto in zona agricola, destinato parte ad abitazione e parte a locali agricoli, si vorrebbe variare una parte della destinazione agricola – per trasformarla in residenziale – senza alterare il volume esistente e avvalendosi delle procedure in deroga previste dal Piano Casa Campania;
  • in riferimento ai “Casi di esclusione” declamati all'art. 3 del citato Piano Casa è di ostacolo il fatto che il fabbricato è ubicato in area a rischio idrogeologico e in particolare – secondo il Piano redatto dall’Autorità di Bacino Regionale in Sinistra Sele - in zona a rischio frana R2 Medio ed a pericolosità frana P3 Elevata particolare?


Per quanto si è appena detto al capitolo precedente, la risposta al quesito va ricercata assumendo – essenzialmente – un adeguato percorso metodologico-analitico, del tipo che si fornisce nella seguente esplicazione:

  1. il Piano Casa Campania, in relazione al tipo di intervento descritto nel quesito, enuncia le seguenti possibilità derogatorie della disciplina Urbanistica :

Art. 6-bis

Interventi edilizi in zona agricola

1. Nelle zone agricole sono consentiti i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti, per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario del fondo agricolo o per attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola.

2. Per gli immobili di cui al comma 1 è possibile applicare le disposizioni dell’articolo 4 o dell’articolo 5 della presente legge, con l’obbligo di destinare non meno del venti per cento della volumetria esistente ad uso agricolo.

… … …

 

Art. 4

Interventi straordinari di ampliamento

1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:

a) edifici residenziali uni-bifamiliari;

b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;

c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.

2. L’ampliamento di cui al comma 1 è consentito:

a) su edifici residenziali come definiti all’articolo 2, comma 1, la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con quello abitativo ;

b) per interventi che non modificano la destinazione d’uso degli edifici interessati, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b);

c) su edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968 ;

d) su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata;

e) su edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico;

f) su edifici esistenti ubicati nelle aree sottoposte alla disposizioni di cui all’articolo 338, comma 7, del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) e successive modifiche, nei limiti di tale disciplina;

g) su edifici regolarmente autorizzati ma non ancora ultimati alla data di entrata in vigore della presente legge ;

3. Per gli edifici a prevalente destinazione residenziale, nel rispetto delle prescrizioni obbligatorie di cui al comma 4, è consentita, in alternativa all’ampliamento della volumetria esistente, la modifica di destinazione d’uso da volumetria esistente non residenziale a volumetria residenziale per una quantità massima del venti per cento .

… … …

 

  1. nei limiti indicati dagli artt. 4 e 6-bis , quindi, è indubitabile che – sotto il profilo urbanistico - il Piano Casa supporta l’assenso ad un progetto che realizzi il mutamento di destinazione d’uso descritto nel quesito;
  2. nei limiti indicati dai medesimi artt. 4 e 6-bis, per altro, è altrettanto indubitabile che il Piano Casa supporta un analogo assenso anche in rapporto alla particolare ubicazione dell’edificio da modificare in zona a rischio idrogeologico, trattandosi di una condizione che viene contrapposta solo agli interventi derogatori da eseguirsi in “ampliamento” dell’esistente;
  3. nel regno di Fantàsia, però, è possibile anteporre agli artt. 4 e 6-bis una norma – l’art. 3, comma 1, lett. f)), che dice “è vietato eseguire quello che nei successivi artt. 4 e 6-bis si dichiara possibile”, e cioè che l’ubicazione dell’edificio da modificare in zona a rischio idrogeologico costituisce una condizione che non consente l’assenso ad un progetto che realizzi il mutamento di destinazione d’uso descritto nel quesito;
  4. nel regno dei contrari contemporanei, naturalmente, si dovrebbe ragionare con logiche/non-logiche che dovrei affermare negandole, magari appoggiandomi sull’inesistenza di appigli, magari respirando con il fiato trattenuto e - via di questo passo – avanzando perennemente immobili … … : insomma essere impossibilmente possibilisti.
  5. Non è una cosa alla mia portata. Nel mio piccolo so solo consigliarvi di procedere facendovi questa domanda: se il proprietario potesse realizzare il mutamento di destinazione d’uso, descritto nel quesito, in regime ordinario, cioè senza aver bisogno delle facoltà derogatorie degli strumenti urbanistici vigenti offerte dal Piano Caso, sarebbe di ostacolo l’ubicazione dell’edificio da modificare in zona a rischio idrogeologico?
  6. L’utilità di porre la questione in questi termini trova la sua giustificazione nell’ovvia considerazione che rispondendo a questa domanda risponderete anche a quella sull’applicabilità del Piano Casa alla fattispecie indicata nel quesito: infatti se le norme del Piano redatto dall’Autorità di Bacino Regionale in Sinistra Sele non inibiscono - in zona a rischio frana R2 Medio ed a pericolosità frana P3 Elevata - un mutamento di destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici, non possono inibire neanche un mutamento di destinazione d’uso da realizzare in deroga agli stessi strumenti urbanistici. La tutela dal rischio idrogeologico, in altre parole, opera su un piano sovraordinato alla pianificazione urbanistica, perché consiste nel riconoscimento di un più alto livello di problematicità, di talché non pone problemi di legittimità che ineriscano il sottostante livello della edificabilità conforme o difforme agli istrumenti urbanistici, quanto problemi di compatibilità con il rischio mappato e le sue prevedibili evoluzioni;
  7. E allora vediamo cosa prevede questo Piano redatto dall’Autorità di Bacino Regionale in Sinistra Sele. In riferimento al PIANO STRALCIO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO - AGGIORNAMENTO (2012) - RISCHIO IDRAULICO E RISCHIO FRANA, si traggono - dalle NORME DI ATTUAZIONE E PRESCRIZIONI DI PIANO - le seguenti informazioni (naturalmente, per ragioni di sintesi, mi limiterò a stralciare le parti significative per il tema ed il quesito che si sta trattando, segnalando - con uno sfondo giallo - quelle che meritano particolare attenzione):

 

Riferimento N.d.A. PSAI
Contenuto
ART. 5 – Classificazione del territorio ed obiettivi del PSAI.
 
1. In armonia con i criteri tecnico-normativi forniti dal D.P.C.M. 29.09.1998, il PSAI:
a) Classifica il rischio:
i. individua le aree a rischio idrogeologico “reale”, classificato in molto elevato (R4), elevato (R3), medio (R2) e moderato (R1), ne determina la perimetrazione, stabilisce le relative prescrizioni;
b) Classifica la pericolosità:
i. delimita le aree di pericolo idrogeologico “reale” (in ordine descrescente da P4 a P1) quali oggetto di azioni organiche per prevenire la formazione e l'estensione di condizioni di rischio; ne determina la perimetrazione, stabilisce le relative prescrizioni;
… … …
ART. 6 - Definizione della soglia di rischio accettabile.
 
1. Si assume come “rischio accettabile”, nell’ambito del PSAI, quel livello di rischio che verifica contemporaneamente le seguenti condizioni:
a) rischio non superiore al valore R2, secondo la definizione del D.P.C.M. 29 settembre 1998;
b) l’opera o l’attività prevista siano compatibili con l’interesse pubblico e sociale.
… … … …
ART. 9 – Disposizioni generali.
 
1. Gli elaborati tecnici del PSAI definiscono le aree a rischio idraulico R4, R3, R2 ed R1. In tutte le aree a rischio idraulico si applicano altresì le disposizioni relative alla disciplina delle fasce fluviali.
… … …
… … …
5. Per gli interventi consentiti sul patrimonio edilizio esistente nelle aree a rischio idraulico sono richiamate le definizioni di cui all'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e ss.mm.ii., come eventualmente integrate dalle norme di settore emanate dalla Regione Campania.
CAPO II. AREE A RISCHIO IDRAULICO MOLTO ELEVATO (R4).
 
ART. 14 – Interventi consentiti sul patrimonio edilizio.
 
1. Tutti gli interventi di cui al presente articolo devono essere attuati senza aumenti di superficie o volume entro e fuori terra e senza aumento del carico urbanistico, di unità abitative e carico antropico.
2. Nelle aree perimetrate a rischio idraulico R4 sono esclusivamente consentiti, in relazione al patrimonio edilizio esistente, con esclusione tassativa dell’ammissibilità nei piani interrati e seminterrati:
… …
… …
i) i mutamenti di destinazione d’uso, a condizione che gli stessi non comportino aumento del rischio, inteso come incremento di uno o più dei fattori che concorrono a determinarlo nella formulazione del D.P.C.M. 29.09.1998;
… … …
… …
CAPO IV. AREE A RISCHIO IDRAULICO MEDIO (R2) E MODERATO (R1).
 
ART. 18 - Disposizioni comuni per le aree a rischio idraulico medio e moderato.
 
1. Nelle aree a rischio idraulico R2 e R1 sono consentiti tutti gli interventi e le attività possibili nelle aree a rischio R4 e R3, alle medesime condizioni per queste stabilite.
… … …
 
ART. 19 – Interventi consentiti nelle aree a rischio idraulico medio (R2).
 
1. Nelle aree a rischio idraulico R2 sono altresì consentiti, fermo restando le disposizioni previste per le fasce fluviali:
a) gli interventi di ristrutturazione edilizia previsti dagli strumenti urbanistici, dai piani di settore e dalla normativa statale e regionale;
b) le nuove costruzioni edilizie e gli ampliamenti previsti dagli strumenti urbanistici, purché gli incrementi di volume siano realizzati per sola sopraelevazione compatibile con il livello della piena di riferimento;
… … …
TITOLO III.
AREE A RISCHIO DA DISSESTI DI VERSANTE.
CAPO I. PRESCRIZIONI COMUNI PER LE AREE A RISCHIO DA DISSESTI DI
VERSANTE.
 
ART. 21 - Disposizioni generali.
 
1. Gli elaborati tecnici allegati alle presenti norme definiscono le aree a rischio “reale” da dissesti di versante molto elevato (R4), elevato (R3), medio (R2) e moderato (R1).
2. In tutte le aree a rischio da dissesti di versante si applicano anche le disposizioni relative alla disciplina delle aree di pericolo da dissesti di versante.
 
CAPO II. AREE A RISCHIO REALE R4 DA DISSESTI DI VERSANTE.
 
ART. 25 – Disposizioni generali.
 
 
 
 
 
ART. 26 – Interventi consentiti sul patrimonio edilizio.
 
 
 
 
1. Nelle aree a rischio da dissesti di versante R4 sono consentiti esclusivamente gli interventi e le attività espressamente ammessi dalle presenti norme.
2. Nelle aree a rischio da dissesti di versante R4 si applicano altresì le disposizioni relative alla disciplina delle aree di pericolo da dissesti di versante.
 
 
1. Tutti gli interventi di cui al presente articolo devono essere attuati senza aumenti di superficie o volume entro e fuori terra e senza aumento del carico urbanistico, di unità abitative e carico antropico.
2. Nelle aree perimetrate a rischio da dissesti di versante R4 sono esclusivamente consentiti in relazione al patrimonio edilizio esistente:
 
… … …
i) i mutamenti di destinazione d’uso, a condizione che gli stessi non comportino aumento del rischio, inteso come incremento di uno o più dei fattori che concorrono a determinarlo nella formulazione di cui al punto 2.1 del D.P.C.M. 29.09.1998;
… … …
CAPO IV. AREE A RISCHIO MEDIO (R2) E MODERATO (R1) DA DISSESTI DI
VERSANTE.
 
 
ART. 30 - Disposizioni comuni per le aree a rischio medio e moderato da dissesti di versante.
 
 
 
ART. 31 – Interventi consentiti nelle aree a rischio medio (R2) da dissesti di versante.
 
 
 
 
 
 
1. Nelle aree a rischio da dissesti di versante R2 e R1 sono consentiti tutti gli interventi e le attività possibili nelle aree a rischio R4 e R3, alle medesime condizioni, nonché quelli di seguito indicati.
… … …
 
 
 
1. Nelle aree a rischio da dissesti di versante R2 sono altresì consentiti:
a) gli interventi di ristrutturazione edilizia previsti dagli strumenti urbanistici, dai piani di settore e dalla normativa statale e regionale;
b) le nuove costruzioni edilizie e gli ampliamenti previsti dagli strumenti
urbanistici nei centri abitati;
c) i nuovi insediamenti produttivi;
… … …
TITOLO IV.
DISPOSIZIONI PER LA TUTELA DAL PERICOLO IDROGEOLOGICO.
 
CAPO I. PRESCRIZIONI COMUNI PER LE AREE DI PERICOLO IDROGEOLOGICO.
 
 
ART. 33 - Finalità e contenuti.
 
 
 
1. Le disposizioni che seguono contengono prescrizioni di obiettivo generale e specifiche nonché linee guida in materia di assetto e gestione del territorio, destinazioni di uso del suolo, criteri di realizzazione di interventi e modalità di esercizio di attività economiche o altre attività antropiche allo scopo di ridurre la pericolosità e, comunque, impedire sia gli incrementi del rischio accertato che la nascita di nuove situazioni di rischio superiori alla soglia di rischio accettabile di cui all’articolo 6 a carico degli elementi definiti vulnerabili dal D.P.C.M. 29 settembre 1998 o dal presente Piano.
2. Le disposizioni in oggetto si applicano quindi nelle aree complessivamente individuate nelle cartografie del Piano Stralcio come aree caratterizzate da pericolo idrogeologico, in scala 1:5.000 e 1:25.000, indipendentemente dal fatto che in esse siano perimetrate aree a rischio.
3. Le aree di pericolo idrogeologico, individuate dalle presenti norme, sono identificate in quelle aventi le caratteristiche di seguito elencate:
a) l'alveo di piena ordinaria compreso nella fascia fluviale A;
b) le fasce fluviali delle categorie A e B, sottoclassificate in B1, B2, B3;
c) le aree di pericolo da esondazione non comprese nelle fasce fluviali;
d) le aree a pericolosità reale molto elevata (P4), elevata (P3), media (P2) e moderata (P1) da dissesti di versante.
…. … …
 
ART. 34 - Disposizioni generali.
 
1. Nelle aree caratterizzate da pericolo idrogeologico continuano a svolgersi le attività antropiche ed economiche esistenti alla data di adozione del Piano Stralcio solo se compatibili con le presenti norme di attuazione e prescrizioni di piano.
2. Nelle aree individuate, delimitate e perimetrate dal presente Piano Stralcio le prescrizioni relative alle aree caratterizzate da pericolo idrogeologico e  prescrizioni relative alle aree a rischio idrogeologico si applicano contemporaneamente e si sommano ciascuna operando in funzione della rispettiva specifica finalità.
3. Le disposizioni più restrittive, tra quelle di cui al comma precedente, prevalgono sempre su quelle meno restrittive.
… …

 

Ebbene, da questa breve ricognizione mi sembra agevole dedurre che dall’Autorità di Bacino Regionale in Sinistra Sele non dovrebbero pervenire ostacoli all’esecuzione dell’intervento delineato nel quesito … … .

Quesito al quale, in definitiva, possiamo fornire una risposta positiva nei termini riassuntivi che seguono.

 

▀ ▄ ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄

 

 

IL RISCHIO IDROGEOLOGICO DEL PIANO CASA

Il Piano Casa Campania è applicabile al caso di un fabbricato:

  • … … di modeste dimensioni posto in zona agricola, destinato parte ad abitazione e parte a locali agricoli, di cui si vorrebbe variare una parte della destinazione agricola – per trasformarla in residenziale avvalendosi delle procedure in deroga previste dal Piano Casa Campania – senza alterare il volume esistente;
  • … … ubicato in area a rischio idrogeologico e in particolare – secondo il Piano redatto dall’Autorità di Bacino Regionale in Sinistra Sele - in zona a rischio frana R2 Medio ed a pericolosità frana P3 Elevata.

 

Infatti, il “riferimento ai Casi di esclusione declamati all'art.3della LRC 19/09 e s.m.i. , per le seguenti ragioni, non può ritenersi di ostacolo:

  1. In primo luogo perché dobbiamo necessariamente ritenere che l’esclusione dal Piano Casa degli edifici “collocati all’interno di aree dichiarate a pericolosità o rischio idraulico elevato o molto elevato, o a pericolosità geomorfologica elevata o molto elevata, dai piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n.183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo)”, enunciata all’art.3, comma 1, lett. f), deve intendersi alla stregua di “FORMULAZIONE DI PRINCIPIO” e non di “DIVIETO ASSOLUTO”, stante che il medesimo Legislatore Regionale, nei successivi artt. 4, 5, 6-bis e 11-bis, dispiega enunciati che non si oppongono alla possibilità di eseguire interventi su edifici collocati nelle medesime zone a rischio idrogeologico;

 

  1. In secondo luogo, perché solo questa interpretazione della norma e della volontà del Legislatore consente di affermare che è stato rispettato il principio di non contraddizione, e cioè che il rischio idrogeologico non impinge nelle questioni di edificabilità regolamentate dalla pianificazione urbanistica, ma “fa riferimento al rischio derivante dal verificarsi di eventi meteorici estremi che inducono a tipologie di dissesto tra loro strettamente interconnesse, quali frane ed esondazioni”, ritenendo ciò “un problema di grande rilevanza sociale, sia per il numero di vittime, che per i danni prodotti alle abitazioni, alle industrie e alle infrastrutture … “. Ed infatti, per gli edifici ricadenti in “zona a rischio frana R2 Medio ed a pericolosità frana P3 Elevata”, il “Piano redatto dall’Autorità di Bacino Regionale in Sinistra Sele“, aggiornato al 2012, non pone limiti all’esecuzione di “Ristrutturazioni Edilizie e/o Mutamenti di destinazione d’Uso” (anzi! Vi consente anche nuove edificazioni e gli ampliamenti);

 

  1. Negare che l’esclusione dell’art. 3 sia di principio e non assoluta, equivarrebbe a sostenere che col Piano Casa si è inteso vietare – in via straordinaria – ciò che le norme di tutela dal rischio idrogeologico consentono in via ordinaria;
  2. Per accedere a queste conclusioni senza pregiudizi, aiuta una riflessione più generale sull’art. 3 della LRC 19/09, perché si coglierà facilmente che contiene incongruenze riferibili anche ad altre, analoghe, questioni, tipo la DISCUTIBILE “esclusione” dal Piano Casa degli edifici “collocati nelle aree di inedificabilità assoluta ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004 (comma 1, lett.d) . Anche questa sembra una norma chiara, inequivocabile. Ma se il “decreto legislativo n. 42/2004” affermasse che “NELLE AREE DI INEDIFICABILITA’ ASSOLUTA E’ CONSENTITA LA MODIFICA DI DESTINAZIONE D’USO DEGLI EDIFICI ESISTENTI … “ ? Come la prendereste ? … … Vi sembrerebbe ancora tutto chiaro ed inequivocabile ? …
  3. Bene, ho una bruna notizia: è proprio così! Anzi, c’è di più: il “decreto legislativo n. 42/2004” consente che gli interventi “di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici(art. 149, comma 1, lett.a), cioè gligli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili (art. 3, comma 1, lett.c), del DPR 380/01 e s.m.i.), siano eseguibili SENZA AUTORIZZAZIONE PAESISTICA … … .
  4. Mi dispiace. Sono le leggi del regno di Fantàsia.

 

▀ ▄ ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄  ▀ ▄

 

                                                                                                                Geom. Bottone Marcellino

 

Piedimonte Matese, 17 marzo 2013

 

 

P.S.

Si ringrazia quanti hanno accettato e consentito la pubblicazione on-line del presente lavoro e, soprattutto, quanti vorranno criticarlo.

 



[1] Dovendo oscurare ogni possibile notizia che possa far individuare persone e luoghi, situazioni e/o procedimenti in corso, ecc. …, ho preso a prestito – per rendere omaggio all’autore e perché assomiglia, ma ironicamente, all’attuale Campania delle Leggi – il nome del regno raccontato da “Michael Ende” in “La storia infinita“.
[2] Pagina consultata – e testo scaricato - il 15/03/2013:  http://www.difesa.suolo.regione.campania.it/content/view/165/38/
[3] Come, testualmente, si enuncia nel:” D.P.C.M. del 29 Settembre 1998 - Atto di indirizzo e coordinamento per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180.”
 
[4] Come prescrive l’art.12 – Interpretazione della legge, del Codice Civile .
[5] Per inciso, questa “scomparsa” si registra - con le stesse formule e modalità – anche nella stesura dell’art. 5, come si evince dal confronto tra il testo del comma 2, lett. d) e l’art.3, comma 1, lett.f).

Nessun commento:

Posta un commento