domenica 3 marzo 2019

IL PIANO CASA CAMPANIA AUTORIZZA IL MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D’USO A PRESCINDERE ?


Lettera dal fronte dei ragionamenti

Caro amico ti scrivo
ma - confidando sulla notorietà delle mie posizioni (a dir poco) critiche sul Piano Casa Campania - ti risparmierò una tediosa introduzione generale sul vasto tema delle contraddizioni enunciative con cui il Legislatore Campano lo ha promulgato, corretto, rivisto, emendato, ecc… , quindi cercando la maggior sintesi possibile sul tema che mi proponi di analizzare e che mi pare essere la “ individuazione dei limiti di applicabilità dell’art. 6-bis, comma 1, del testo vigente della L.R.C. 19/2009” in presenza di istanze volte ad ottenere assenso al “mutamento di destinazione d’uso di immobili o di loro parti” .

Tu, infatti, sei convinto che tale facoltà:
A.   è concessa “esclusivamente nel caso in cui gli interventi siano attuati nell’ambito delle attività di aziende agricole esistenti”;

B.    è concessa ”anche quando sul terreno attualmente non esiste alcun fabbricato, deposito, tettoia: e cioè quando - con il permesso a costruire - si chiede l'asseverazione del costruibile più l'aumento volumetrico contemporaneamente il cambio di destinazione d'uso”.

Allo stato, l’art. 6-bis ha assunto la seguente formulazione:
Art. 6-bis
Interventi edilizi in zona agricola (1)
1. Nelle zone agricole sono consentiti i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti, per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederli ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia)o per attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola, compreso strutture agrituristiche, che non determinino nuova edificazione e che non comportino consumo di suolo. (2)
2. Per gli immobili di cui al comma 1 è possibile applicare le disposizioni dell’articolo 4 o dell’articolo 5 della presente legge, con l’obbligo di destinare non meno del venti per cento della volumetria esistente ad uso agricolo.
3. Le opere di urbanizzazione primaria, nelle zone agricole e nelle zone classificate “E” interessate dagli interventi previsti dal presente articolo, sono realizzate a spese dei soggetti richiedenti i singoli interventi secondo le disposizioni della vigente normativa in materia edilizia.
4. L’applicazione del presente articolo si attua anche mediante il cumulo delle volumetrie di più edifici ricadenti nell’ambito fondiario unitario, formato da particelle contigue, di proprietà del medesimo richiedente già alla data dell’1 gennaio 2018. Le aree oggetto di demolizione, rimaste libere, devono essere oggetto di apposito ripristino ambientale da realizzarsi prima della costruzione del nuovo immobile. (3)
5. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti, al fine di adeguare, incentivare e valorizzare l’attività delle aziende agricole, è consentita la realizzazione di nuove costruzioni ad uso produttivo nella misura massima di 0,03 mc/mq di superficie aziendale.
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera ss), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(2) Comma dapprima sostituito dall’articolo 1, comma 73, lettera c) della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16 poi così modificato dall’articolo 8, comma 1, lettera d) della legge regionale 5 aprile 2016, n. 6.
(3) Comma modificato dapprima dall’articolo 8, comma 1, lettera e) della legge regionale 5 aprile 2016, n. 6 in seguito dall’articolo 2, comma 2, lettera b) della legge regionale 2 agosto 2018, n. 26.
e tu ne deduci che:
Il senso letterale della norma induce a ritenere che siano consentiti i mutamenti di destinazione d’uso di immobili ricadenti in zone agricole per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario, per il quale non sono richiesti i requisiti in origine stabiliti dalla norma (imprenditore agricolo), anche se il senso complessivo dell’articolo 6-bis in questione riconduce gli interventi consentiti alla conduzione agricola del fondo.
Ne deriva, quindi, che se applicata nel senso letterale, la norma consentirebbe a tutti i proprietari, anche se non imprenditori agricoli, di manufatti ricadenti in zona agricola (depositi, stalle, pertinenze agricole, ecc.), indipendentemente anche dall’esistenza di un’azienda agricola, di mutarne la destinazione in residenziale, dando quindi spazio anche ad interventi di carattere speculativi senza alcun fine agricolo.
Il sottoscritto ritiene, invece, che la norma possa trovare, si, applicazione ma esclusivamente nel caso in cui gli interventi siano attuati nell’ambito delle attività di aziende agricole esistenti, e non già per finalità puramente speculative nel caso in cui tali interventi vengano attuati da parte di soggetti proprietari di un locale deposito e che non svolgono alcuna attività agricola.“

Su queste deduzioni mi inviti ad esporre il mio “pensiero” e io, sperando di trovare una sintesi efficace e comprensibile, ti espongo quanto mi chiedi nei seguenti punti:
1.  tu ritieni che la facoltà – enunciata all’art. 6-bis, comma 1, - di operare “Nelle zone agricole” i “… mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti,..” sia esercitabile/concedibile “esclusivamente nel caso in cui gli interventi siano attuati nell’ambito delle attività di aziende agricole esistenti”, ritenendo che una diversa interpretazione darebbe ”… spazio anche ad interventi di carattere speculativi senza alcun fine agricolo…“: intervento speculativo quale sarebbe, ad esempio, consentire che generici  … proprietari, anche se non imprenditori agricoli, …“ possano trasformare in residenze “… manufatti ricadenti in zona agricola (depositi, stalle, pertinenze agricole, ecc.),…“ indipendentemente “…dall’esistenza di un’azienda agricola…”;

2.  Capisco e condivido la tua preoccupazione, ma – in prima battuta - osservo che l’art. 6-bis, comma 1,  contiene inequivoche proposizioni disgiuntiveo” talchè la norma deve necessariamente interpretarsi nel senso che “… i mutamenti di destinazione d’uso di immobili…” eseguibili “Nelle zone agricole…“ sono “consentiti” in relazione a tre fattispecie alternative:
per
o
o
uso residenziale del nucleo familiare del proprietario dell’immobile
a chi abbia titolo per richiederli ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
per attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola, compreso strutture agrituristiche, che non determinino nuova edificazione e che non comportino consumo di suolo

3.  Il modo enunciativo della norma, dunque, smentisce expressis verbis la tesi che si applichi “esclusivamente nel caso in cui gli interventi siano attuati nell’ambito delle attività di aziende agricole esistenti”, questa essendo solo una delle tre ipotesi previste;

4.  Per altro, come insegna il Consiglio di Stato, “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (trad. “Dove la legge ha voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto": è un brocardo latino evocato a proposito dell'interpretazione della legge. Se infatti in un disposto normativo non è stata prevista una fattispecie o non è stato analizzato un determinato aspetto, si deve presupporre che il legislatore non lo abbia voluto normare (difetto di norma) e che pertanto non si debba procedere ad interpretazioni estensive. Il brocardo richiama l'interprete ad attenersi al testo della norma, ossia a non dedurre conseguenze dal silenzio.):
e lo stesso art. 6-bis ne è la dimostrazione lampante, atteso che – vedi il comma 5– quando ha inteso concedere la facoltà “In deroga agli strumenti urbanistici vigenti, … è consentita la realizzazione di nuove costruzioni ad uso produttivo nella misura massima di 0,03 mc/mq di superficie aziendale”, il Legislatore Campano ha espressamente stabilito   che l’unico scopo della norma era individuato nel “… fine di adeguare, incentivare e valorizzare l’attività delle aziende agricole“, il che giustifica l’interpretazione che si applica “esclusivamente nel caso in cui gli interventi siano attuati nell’ambito delle attività di aziende agricole esistenti”;

5.  Aggiungo che – ancora il citato art. 6-bis – lascia intendere che il Legislatore Campano era ben consapevole della portata “speculativa” della norma, avendo stabilito al comma 3 “Le opere di urbanizzazione primaria, nelle zone agricole e nelle zone classificate “E” interessate dagli interventi previsti dal presente articolo, sono realizzate a spese dei soggetti richiedenti i singoli interventi secondo le disposizioni della vigente normativa in materia edilizia.”: come a dire, “lo so, lo so che trasformando in residenze i … manufatti ricadenti in zona agricola (depositi, stalle, pertinenze agricole, ecc.),…indipendentemente …dall’esistenza di un’azienda agricola…si creerà un sovraccarico urbanistico immane, caotico, ingestibile, ecc… , ma potete limitare i danni imponendo la preliminare realizzazione di opere di urbanizzazione primaria (Strade, ecc..)“.

Non è l’unica questione sulla quale, evidentemente, siamo in disaccordo.
Sempre con riferimento alla trascritta formulazione dell’art. 6-bis, infatti, tu affermi – senza, però, evidenziare in base a quale percorso argomentativo/logico/giuridico - la possibilità di consentire il “mutamento di destinazione d’uso di immobili o di loro parti” anche ”quando sul terreno attualmente non esiste alcun fabbricato, deposito, tettoia: e cioè quando - con il permesso a costruire - si chiede l'asseverazione del costruibile più l'aumento volumetrico contemporaneamente il cambio di destinazione d'uso”.


Nel mentre, a mio avviso, teorizzare l’applicabilità del Piano Casa Campania alla fattispecie di un “terreno inedificato ubicato in zona agricola” è talmente aberrante da rendere pleonastica l’aggiunta di argomentazioni.

Dal dal mero dato testuale dell’art. 6-bis della LRC 19/09 e s.m.i., si ricava pianamente che:

§  la facoltà di cui al comma 1cioè la possibilità di innovare mediantemutamenti di destinazione d’uso” - si attaglia aimmobili o … loro parti (quindi all’edificato) regolarmente assentiti(quindi già scrutinati e ritenuti regolari al momento dell’approvazione della LRC 19/09), alla inequivoca e insuperabile condizione chenon determinino nuova edificazione (quindi ad esclusione della futura edificazione) e (ad abundantiam) che non comportino consumo di suolo(insomma: è una facoltà derogatoria che non può in alcun modo riconoscersi alla nuova edificazione successiva all’entrata in vigore della LRC 19/09);

§  anche la facoltà di cui al comma 2cioè, la possibilità di innovare mediante gliInterventi straordinari di ampliamento(descritti dalla LRC 19/09 all’art. 4) o di eseguire gliInterventi straordinari di demolizione e ricostruzione(descritti dalla LRC 19/09 all’art. 5)è riconnessa expressis verbis allavolumetria esistente…; oppuresu edifici residenziali ubicati in aree…”; “su edifici esistenti ubicati nelle aree…”; “su edifici regolarmente autorizzati ma non ancora ultimati; ecc …., senza che vi sia spazio per includere nell’orizzonte della medesima la fattispecie delle aree agricole inedificate”.


§  e cosi pure, in ultimo, la facoltà di cui al comma 4cioè la possibilità di innovare mediante il cumulo delle volumetrie di più edifici ricadenti nell’ambito fondiario unitario” – resta pur sempre riconnessa expressis verbis all’esistenzadi più edificidei quali è consentito, in via derogatoria, la rielaborazione/riallocazione in un unico sito.

Potrei continuare su questa linea analitica, ma – in sintesi – mi pare agevole osservare che le facoltà del Piano Casa non legittimano il rilascio di un “permesso a costruire con cui si chiede l'asseverazione del costruibile più l'aumento volumetrico contemporaneamente il cambio di destinazione d'uso”.
Una simile operazione/evenienza realizzerebbe un espediente sostanzialmente illegittimo teso a raggirare il vincolo di riferimento della norma, la quale – come si è visto – destina/delimita l’orizzonte dei bonus derogatori al patrimonio immobiliare preesistente al Piano Casa e non – come direbbe il Principe De Curtis - “a prescindere”.

Stando al merito delle questioni che mi hai posto, questo è il mio pensiero.
Il mio giudizio, come ti ho anticipato, lo ometto.
Anche per una questione di autotutela sanitaria (pare che non esiste ancora una norma che prevede la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni morali provocati da LRC 19/09 …).
Ciao
Piedimonte Matese, 03/03/2019                                                                               Bottone Marcellino


mercoledì 16 gennaio 2019

Il regime delle Distanze nelle Città Invisibili di Calvino

(novella sulle acque pubbliche, sulla tutela paesaggistica, sui cacciatori, le prede e i capanni
nei pressi dei fiumi PotomacSand Creek in Provincia di Caserta)




Prologo

… giunto sulla riva, il Cacciatore sentì come un brivido risalire la china della schiena malandata, consunta da troppi piegamenti e oscuramenti tra canneti umidi, e capì che – anche questa volta – l’imprecisione lo avrebbe umiliato: la corazza imponente del suo corpo statuario, lo sguardo che raggelava le prede prima ancora del suo fucile, la determinazione che lo rendeva impassibile alla pioggia e al freddo anchilosante dei lunghi appostamenti, si andavano ormai sciogliendo in una vibrazione che non gli consentiva più l’infallibilità, richiedendo continue compensazioni con soluzioni più o meno lecite, più o meno efficaci, più o meno … … .

… insomma doveva trovare il posto migliore per piazzare un capanno di legno, magari fatto con quei pannelli coibentati pubblicizzati dal cartellone che aveva visto lungo la strada, dove l’attesa della preda poteva trascorrere senza danni per le articolazioni e consentirgli di rivivere ancora una volta la ferocia del Lupo … o la prepotenza del Leone … insomma la sensazione del dominio.

… il sopralluogo richiese tempo perché, lungo il corso d’acqua, le varietà vegetali creavano vari ostacoli sul piano dell’orizzonte, distraevano col loro lento ondulare e attraevano per un abuso di colori che ipnotizzava vaste fette dell’attenzione, ma alla fine “Miss Luogo Adatto” si fece trovare pronto a soddisfare le esigenze del Cacciatore:
-          leggermente rialzato rispetto alla vegetazione frequentata dagli uccelli;
-          arretrato di circa 300 metri rispetto alla sponda del corso d’acqua (non si sa mai, pensò la vecchia volpe armata, che passi qualcuno a contestare la violazione della distanza di 150 metri dal corso d’acqua ….).

… quindi - godendosi l’attesa del piacere che ne avrebbe tratto - rifece la strada fino alla rivendita dei pannelli autobloccanti, autolivellanti, automontanti e autoriscaldanti, acquistò una capanno 4 x 4 di colore verdeocra, ritornò sul “Luogo Adatto” e lo montò in men che non si dica …



Il Problema

A quel punto doveva solo aspettare la preda, ma un certo languore lo spinse a considerare la priorità di un panino e di una birra.
Nel momento esatto in cui si accingeva al primo morso, però, sentì l’allarme di un “toc toc”.
Fuori dal capanno, infatti, lo accolsero due divise che, senza mezzi termini, gli rinfacciarono “Lei è in contravvenzione: non lo vede che ha costruito un capanno entro la fascia di rispetto di quel fiume laggiù – il famoso SAND CREEK - che, per altro, è iscritto nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Caserta?

Il Cacciatore, con la calma di chi si aspettava l’obiezione, rispose con fermezza: “Giammai, signori Ispettori, indipendentemente dalla natura di quel fiume, il capanno dista oltre il limite di rispetto di 150 metri fissato dall’art. 142 del DLvo 42/2004” … .

Già…”, replicarono - col sorriso beffardo di chi la sapeva ancora più lunga - gli Ispettori, “peccato che la Regione Campania, con la LRC 13/2008 e s.m.i. ha ampliato questo limite fino a 1.000 metri”.

A quel punto le certezze del Cacciatore vacillarono, forse anche il capanno, e forse anche il canneto che si trovava a un tiro di schioppo, il quale – all’improvviso - sputò un brindisi festoso e rumoroso di uccelli liberati da quella informazione inattesa, uccelli di tutte le specie, prede che nessun fucile avrebbe più potuto riportare nel carniere di un dominatore.

Ma non vacillarono tanto da fargli rinunciare alla prospettiva di una diversa competizione, che – anzi – egli stesso preconizzò con la minaccia di rivolgersi a ogni sorta di giudice, ministro, sottosegretario, assessore o usciere capace di ricondurre a legittimità l’evidente atteggiamento vessatorio che si stava attuando in suo danno  …

Minaccia che, va detto, trovò una certa comprensione negli ispettori, perché non nuova e – per certi versi – non del tutto ingiustificata se si teneva conto del dibattito insorto sul tema della doppia “distanza” di tutela dei corsi d’acqua applicabile in Provincia di Caserta a seguito del combinato disposto art. 142 del Dlvo 42/2004 / LRC n 13 del 2008 / PTCP di Caserta del 2012.

Infatti, in ordine all’estensione dei vincoli paesaggistici afferenti - in ragione della loro iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775 - i territori limitrofi il corso d’acqua presso il quale era stato collocato il capanno, confliggevano due tesi:
§   quella della Provincia di Caserta, che individuava l’estensione del vincolo nella misura di 150 metri per ogni sponda;
§   quella dei privati che – invece – individuava la medesima estensione nella misura di 1000 metri per ogni sponda.



Qual è la fascia di tutela di un corso d’acqua?

Ed eccoli qui, i contendenti, accigliati – nonostante sia passato qualche tempo dal fatidico incontro sulle rive del Sand Creek -, pronti a darsi battaglia dalle opposte sponde del grande tavolo delle riunioni, armati di argomenti minatori o demolitori, pronti a tirare mappe di ogni sorta da cartelline di pelle consunta.

Dichiarato il “pronti-via” il Cacciatore sbatte sul tavolo un parere della Provincia di Caserta, reso in un caso analogo anche se per un fiume che non era il Sand Creek ma il Potomac:

Con riferimento alla richiesta in oggetto, con la quale si chiede di conoscere se il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Caserta abbia modificato le distanze dai fiumi si precisa quanto segue.
Nella Valutazione Ambientale Strategica del PTCP, a pag. 82, per le vie fluviali è riportato testualmente “Attualmente la fascia dei 150 m. è ampliata a 1.000 m. dalla Regione Campania” : tale disposizione è desunta dalle Linee guida del paesaggio ed ha valore fino alla redazione del PTCP.
Il PTCP di Caserta redatto dopo la predetta VAS stabilisce nella cartografi relativa ai vincoli “Fascia fluviale da sottoporre a vincolo di 1.000 metri”. Tale vincolo di 1.000 m. quindi può essere imposto esclusivamente dal redigendo Piano Paesistico della Regione Campania, ai sensi dell’art. 135 e seguenti del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (DLgs 42/2004 e s.m.i.).
Infatti, nella stessa cartografia del PTCP (B3.2.5 Identità Culturali – I beni paesaggistici) sono riportate sia le distanze da sottoporre a tutela (metri 1.000 per la fascia fluviale) sia le distanze tutelate per legge (art. 142 del Dlgs 42/2004) ossia metri 150 per la predetta fascia fluviale. “

Gli Ispettori, benché avvezzi alla stitichezza enunciativa degli Uffici della Provincia, davanti al documento piazzato al centro del tavolo, pieno di timbri, firme, protocolli, ghirigori simili a rotte segnate da uccelli sulla riva del Potomac, sbiancano e si afflosciano, e stanno quasi per cedere quando il più anziano ha un sussulto:

“… un momento, un momento!
La tesi Provinciale, espressa in questo documento si fonda expressis verbis sulle seguenti considerazioni:
§  in materia di “distanze dai fiumi”, l’ampliamento della “fascia fluviale” da 150 metri fino a 1000 metri è stato deciso dalla Regione Campania in sede di estensione delle “Linee Guida per il Paesaggio“ che hanno fondato il PTCP di Caserta;
§  ma il PTCP di Caserta non ha recepito tale statuizione, limitandosi ad indicare – nella Tavola “B3.2.5 – Identità culturale – I beni paesaggistici” tanto la “fascia fluviale” di 150 metri di cui all’art. 142, c. 1 lett. c), del Dlvo 42/2004 e s.m.i., quanto la “fascia fluviale” di 1000 metri indicati dalla Regione in sede di estensione del di approvazione del “Piano Territoriale Regionale”, piano che costituisce notoriamente (tra l’altro) il “… quadro di riferimento unitario, relativo ad ogni singola parte del territorio regionale, della pianificazione paesaggistica(art.1, comma 5, lett.a).
Sennonchè trattasi di considerazioni :
§  per un verso “smentite” proprio dal PTCP, in quanto l’invocata Tavola “B3.2.5 – Identità culturale – I beni paesaggistici” indentifica (con logica ineccepibile) con un’unica (e non con due) retinatura (quadrettatura azzurra senza soluzioni di continuità) i luoghi costituenti “fascia fluviale” di 150 o di 1000 metri di un fiume;  
§  per un verso “singolari”, perché a partire dalla premessa che “… la fascia dei 150 metri è ampliata a 1000 metri dalla Regione …” giungono illogicamente a sostenere che a un medesimo fiume si applicano due “diverse”  “fasce fluviali” (quella di 150 metri precedente l’ampliamento e quella di 1000 metri che, in quanto ampliamento, ha assorbito quella originaria di 150 metri ….?) ;
§  e - in definitiva – a dir poco risibili, perché restituiscono l’assurda tesi che il legislatore abbia inteso tutelare un elemento “paesaggistico(quale è un fiume) con due fasce di rispetto sovrapposte e di identico contenuto (perché se la seconda consiste nell’ampliamento dei precedenti 150 metri, vuol dire che nella fascia di 1000 metri è consentito/vietato esattamente quello che prima era consentito/vietato nei 150 metri… …) .
Trattasi di considerazioni così inconsistenti, dunque, che rendono inutile opinare ulteriormente sulla manifesta infondatezza della tesi Provinciale e su altre implicite contraddizioni che ne deriverebbero sul piano più squisitamente giuridico.

Il Cacciatore - si capisce da come gli occhi eclissano in fessure che stanno per eruttare lava pompeiana, da come il naso emette spifferi da toro tenuto in cattività per essere lanciato sulle strade di Pamplona - non la prende bene, perché per lui vale il detto “carta canta”, e quella è carta che urla, è cellulosa iconica e sacra, è consistenza che fa strame di tutte le chiacchiere … .

Spera, però, di avere ancora un vantaggio:
sapere che l’arma vincente non è il fucile ma l’attesa;
che l’eroismo non è nell’attacco ma nella resistenza paziente;
che vincente non è il colpo ma la sorpresa;
e allora spiazza gli Ispettori con una sorprendente raffica logico/filosofica:

Signori:
-          il Potomac e il Sand Creek sono due corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775;
-          in riferimento al Potomac, la Provincia dice che secondo il PTCP “i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775” sono soggetti a una distanza di tutela paesaggistica di 150 metri;
-          io ho costruito il capanno a 300 metri dal Sand Creek;
-          dunque, se voi mi multate, state multando un uomo che procede a 100 all’ora su una strada provinciale in cui il cartello fissa il limite di velocità nei 200 km orari…;”.

Il Cacciatore ora sembra Mosè che gongola all’apertura del Mar Rosso: ha usato l’arma delle armi e le acque che lo ostacolavano nella traversata sembrano ritirarsi nel silenzio degli Ispettori.

Ma commette un errore fatale, quello che da sempre fa perdere la guerra finale di ogni pretendente al dominio: ignorare che a nessun essere vivente è dato essere prede, perché l’equilibrio che regge il mondo impone a tutti di essere cacciatori di ciò che ci garantisce sopravvivenza.

E’ per questo che – talora - Davide batte Golia, il Verona vince il Campionato di serie A, una capanna genera il Salvatore del mondo, Gandhi vince la guerra senza sparare un solo colpo …, e la saggezza dell’Ispettore più anziano abbatte ogni ulteriore tentativo di resistenza:

Senta, non è che ne usciamo attribuendo a-prioristicamente valore dogmatico al parere della Provincia o procedendo per pseudo sillogismi: qui dobbiamo fare un ragionamento che abbia in sé tutte le giustificazioni e argomenti che ci facciano condividere una tesi finale. Consideri, cioè  …” (da questo punto in poi la mancata verbalizzazione o ripresa televisiva dell’incontro non consente di accedere ad affermazioni puntuali, ma se ne conosce il senso attraverso il racconto che lo stesso Cacciatore fece agli amici in una serata davanti al camino …)




Il ragionamento e la tesi dell’Ispettore anziano

La tesi Provincia/Cacciatore difetta (rinviando/citando in modo inappropriato affermazioni sparse in vari elaborati del PTCP o della LRC 13/2008 ecc…) della non puntuale ricognizione del testo normativo che opinano di interpretare.

Infatti, di fronte al dilemma di individuare l’estensione dei vincoli paesaggistici afferenti - in ragione della loro iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775il fiume Potomac e il fiume Sand Creek, si sarebbe dovuto ragionare constatando quanto segue:

1.   essendo iscritti nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775, il Potomac e il Sand Creek – ai sensi e per gli effetti dell’art. 142 del DLvo 42/2004 e s.m.i. – “Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni …” di tutela unitamente alle “… relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”;

2.   scopo dell’art. 142 del DLvo 42/2004 e s.m.i., è – inequivocabilmente -  di tutelare ope legis “i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua … e le relative sponde …” e – altrettanto inequivocabilmente - la misura di “150 metri” esprime una misura minima di garanzia e di appropriatezza strettamente funzionale alla effettività della tutela di tali emergenze territoriali;

3.   esercitando i compiti/poteri/doveri attribuitigli dal Legislazione Statale, con la LR 13/2008 e s.m.i. la Regione Campania non ha (non poteva) inciso, alterato o modificato la misura e l’obiettivo di tale norma, ma indicato e perseguito un obiettivo e un percorso del tutto diverso, giusto quanto letteralmente espresso nei seguenti passaggi delle Linee Guida per il Paesaggio (pagg.31/33 del cap. 3.3.3. Ambiti di paesaggio):

§  La Regione ha sottoscritto nel settembre 2005 la Carta di Padula …”;
§  “La Carta di Padula impone di allargare le missioni del Piano e a superare la pur indispensabile protezione dei cosiddetti “beni paesaggistici”. Questo non soltanto perché tale protezione richiede di estendere le misure di regolazione ad altre componenti del paesaggio che, come gran parte dei beni culturali e a dispetto della loro maggiore o minore valenza paesistica, non sono necessariamente assimilabili ai beni paesaggistici (e possono anzi addirittura essere considerati dei “mali”, come le aree degradate) pur interagendo con essi. Ma anche e fondamentalmente perché occorre andare oltre la tutela dei beni, oltre la disciplina dei singoli “oggetti” e individuare nelle pieghe del territorio le necessità ed opportunità di intervento regolatore, se si assumono come riferimento le società locali, che nel territorio complessivamente prendono coscienza dei propri valori identitari e delle proprie risorse, esprimono i propri bisogni e costruiscono i propri progetti di vita e di sviluppo. Dunque per la salvaguardia del paesaggio è opportuna una politica complessiva complementare alla tutela ai beni paesaggistici, come definiti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, che ricomponga l’attenzione ai singoli oggetti con una attenzione ai loro contesti, investendo …”;
§  “E’ quindi evidente che per assumere il tema della salvaguardia dei beni nella sua complessità non è possibile un semplice riscontro normativo rispetto ad elenchi di “cose” individuate, ma è necessario innescare complessivamente il tema dei beni nel governo del territorio e del paesaggio, riscontrandolo analiticamente nelle strategie e indirizzi di piano da attivare a diversi livelli di scala e in vere e proprie politiche di governance che comprendano la valutazione, il monitoraggio e la possibilità di mobilitazione ad hoc nei casi specifici di particolare criticità o rischio.”
§  “Nelle presenti Linee guida il tema dei beni paesaggistici è quindi organizzato in riferimento a questo criterio generale di politica del paesaggio, in ogni caso tenendo conto degli obblighi che comunque sono posti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
In questo senso gli indirizzi per la salvaguardia, espressi in via generale per le grandi tipologie di situazione naturalistico-ecologica e per le diverse categorie di beni paesaggistici storico-culturali, devono essere precisati con riferimento ai singoli beni in sede di piani provinciali, recependo una serie di raccomandazioni che sono già contenute nel piano regionale. In particolare ai piani provinciali si richiede di inserire gli aspetti di disciplina e di attenzione riguardanti i beni entro il più generale complesso di precisazioni e approfondimenti da svolgere nel quadro degli ambiti paesaggistici, rispondendo in questo modo al dettato articolato del Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 143 e 145).
Quindi una parte significativa delle precisazioni ed approfondimenti richiesti ai PTCP riguardano criteri e indirizzi che si applicano appropriatamente agli ambiti paesaggistici …”

4.   La Regione Campania, inequivocabilmente, ha ben chiarito che l’approccio, il metodo, e l’obiettivo della tutela paesaggistica praticato con la LRC 13/2008 non si sofferma sulla rilevanza “in se” del singolo bene ma sulla interrelazione con l’ambito caratteristico in cui il bene si colloca, al quale fornisce un imprinting significativo e – contemporaneamente – dal quale riceve quel grado di interesse capace di stimolare la pratica effettiva della tutela. E in tal senso, si è imposta di selezionare non tanto “beni paesaggistici” quanto “Ambiti paesaggistici” meritevoli di tutela. E dunque, solo a partire da questa acquisizione si può procedere alla comprensione dell’enunciata estensione a “una fascia di 1.000 metri dalle sponde” introdotta dal Legislatore Regionale;


5.   Comprensione che segue il rilievo delle seguenti inferenze:
§  l’enunciato si rinviene all’interno Allegato B. Elenco dei beni paesaggistici d’insieme ai sensi degli art. 136 e 142 del Codici dei beni culturali e del paesaggio (dlgs 42/2004 così come modificato e integrato dai dlgs nn. 156 e 157/2006)” (Pagg. 104/105) delle “Linee Guida per il paesaggio” approvate con LRC 13/2008;
§  detto “Allegato B” – per quanto e di interesse di questa analisi – distingue nettamente trabeni paesaggistici … indicati dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (articolo 134) … e ogni altro bene individuato dalla legge”, tra i quali cita espressamentec) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna” epaesaggi di alto valore ambientale e culturale ai quali applicare obbligatoriamente e prioritariamente gli obiettivi di qualità paesistica”, tra i quali elencai territori compresi in una fascia di 1.000 metri dalle sponde dei seguenti corsi d’acqua, ove non già tutelati …”;
§  ne segue inequivocabilmente che la tutela da esercitarsi con l’introduzione di una fascia di 1.000 metri dalle sponde non ha l’obiettivo di tutelare … fiumi … torrenti … corsi d'acqua iscritti negli elenchi … (di cui al) regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 …(cioè specifici “beni paesaggistici”) ma … territori(cioè “Ambiti paesaggistici”) latistanti “… corsi d’acqua …(dei quali l’iscrizione negli elenchi di cui al RD 1775/1933 resta un fatto eventuale e non prescrittivo);
§  e ne segue l’altrettanta evidenza che – per tale ragione - anche l’affermazioneAttualmente la fascia dei 150 m è ampliata a 1.000 m dalla Regione Campania… regge solo se collocata nell’ambito di una descrizione semplificata delle decisioni assunte dalla Regione Campania: sul piano operativo/consequenziale, infatti, sarebbe del tutto infondato inferire, con tale affermazione, che nella ”fascia dei 1.000 m… ” siano necessariamente estese o da estendersi le regole/obiettivi/modalità/limitazioni ecc… imposte o imponibili nella  ” la fascia dei 150 m … ” ;


6.   per il che, il percorso per individuare l’estensione dei vincoli paesaggistici afferenti - in ragione della loro iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775 - il Potomac e il fiume Sand Creek, deve muovere dalle seguenti conclusioni:

A.          in conseguenza dell’iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche sono entrambi assoggettati al regime di tutela paesaggistica – per una ”… fascia dei 150 m … ” – di cui tutela all’art. 142, c.1 lett.c) del Dlvo 42/2004 e s.m.i.;

B.           l’iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche non è – invece – né necessaria né sufficiente per stabilire se e in che misura siano eventualmente assoggettati al regime di tutela paesaggistica – per una ”… fascia dei 1.000 m … ” – di cui al PTR approvato con LRC n. 13/2008 e s.m.i.. Per rinvenire la sussistenza di tale “soggezione” deve farsi riferimento esclusivamente a quanto esplicitato dal PTCP di Caserta.
(A conferma, sul punto sembra utile segnalare che:
1)             il fiume Sand Creek è espressamente individuato – nelle Linee Giuda per il Paesaggio – tra i corsi d’acqua a margine del quale tutelare “territori” per una fascia di 1.000 metri, e dunque è per tale specifica ragione che detto vincolo è stato recepito dal PTCP di Caserta;
2)             il Potomac, invece, non individua – secondo la Regione - “territori” da tutelare per una fascia di 1.000 metri ma, per quanto si ricollega al parere della Provincia, detta individuazione risulta operata dal PTCP di Caserta;
3)             in entrambi i casi, dunque, la sussistenza di tali vincoli si ricava o è attestata esclusivamente dal PTCP di Caserta, giusta quanto enunciato al Paragr. 3.3.3. Ambiti di paesaggio – ultima parte, delle Linee Guida Regionale .
“D’altra parte è chiaro che nel presente documento si delinea solo il carattere generale degli Ambiti paesaggistici e l’intorno territoriale interessato, mentre la precisazione dei confini di tali ambiti (anche parzialmente sovrapposti a identificare aree di cerniera e nodi cardinali), delle situazioni particolari e delle condizioni dei beni in essi contenuti è compito peculiare del livello provinciale. Questa azione di precisazione è demandata al livello provinciale perché è a quella scala che può essere raccolto un contributo fondamentale per la gestione del paesaggio: la lettura dei valori identitari e delle situazioni paesistiche quali percepite dalle popolazioni. Si propone di organizzare tale importante aspetto del processo di piano chiedendo alle Province di definire, entro i PTCP, delle “Unità di paesaggio identitario”, cioè partizioni del territorio derivate dal riconoscimento che ne danno le popolazioni, secondo la definizione dalla Convenzione europea.
Si tratta di entità che certamente hanno dimensione minore di quella degli Ambiti individuati su base interdisciplinare nel quadro strutturale d’insieme, dato il carattere spiccatamente locale della “percezione” paesistica. Ma proprio questa dimensione minuta costituisce il riferimento più opportuno per comunicare e rendere cooperativa con gli operatori locali ogni strategia di intervento e per partecipare con la popolazione nel suo insieme ogni processo decisionale.
Gli Ambiti paesaggistici si propongono quindi come sede di una relazione complessa che vede da una parte gli indirizzi normativi e le strategie coordinate con le altre attività del PTR e dall’altra le situazioni locali, come emergenti nelle Unità di paesaggio identitario, sede di partecipazione alle scelte e alle strategie, che quasi ovunque prevedono programmi di intervento integrato tra soggetti istituzionali e operatori locali.”)




E Calvino? C’entra, c’entra … …


Il Cacciatore stava per aggiungere ancora qualcosa a quel diluvio di parole, perché constatava che il solo pronunciarle strabiliava gli amici, i quali non lo avevano mai sentito esprimere frasi così articolate, citazioni normative, termini giuridici, concetti complessi, ecc… , ma era conscio che alla fine doveva pur rispondere alla domanda ineludibile: “… e tu che hai fatto?

Era una domanda che un tempo avrebbe temuto, perché nessun cacciatore è disposto a dichiarare la sconfitta.

Non ora, perché aveva raggiunto uno stadio di consapevolezza superiore.

Era accaduto quasi automaticamente, come in flash laterale al discorso dell’anziano Ispettore:
… l’errore fatale che da sempre fa perdere la guerra finale di ogni pretendente al dominio è ignorare che a nessun essere vivente è dato essere preda, perché l’equilibrio che regge il mondo impone a tutti di essere cacciatori di ciò che ci garantisce sopravvivenza …

Si era ritrovato come su un nuovo scalino a guardare da un punto più alto le stesse cose di sempre, ma ora sapendo che il bersaglio mancato non era un fallimento bensì un ineludibile elemento del gioco, che le ragioni stesse dell’esistenza del gioco richiedevano di capire che nella caccia non vi è una preda ma due cacciatori diversamente armati, e che – per quanto non appaia immediatamente percepibile – quasi sempre vince il cacciatore disarmato ….”.

E quando la domanda arrivò rispose :
vi ricordate quella sessione di caccia alla volpe, il mese scorso, dove abbattemmo tutti gli esemplari della zona? Secondo voi chi vinse ?

Gli amici del Cacciatore, esterrefatti dal non sense della risposta, cincischiarono: “ma che dici?

Ma questi rispose: “ecco: smontai il capanno e me ne andai …

Ai più sembrò una specie di presa in giro, per certi versi anche offensiva, e la serata sembrò improvvisamente volgere verso una disputa di “tu non sai chi sono io” che – però – venne interrotta dalla voce del figlio-marmocchio del Cacciatore, che se ne uscì con un “papà, ma il Potomac e il Sand Creek non sono fiumi che passano per la Provincia di Caserta …!

Ma il Cacciatore, senza concessioni alla tenerezza: “Hai ragione, amore mio, ma anche i cacciatori dicono di sparare alle prede mentre le prede non esistono!

Ma se il Potomac e il Sand Creek non esiste, le prede non esistono …. allora ti sei inventato tutto?”, puntualizzò titubante il ragazzino.

No”, rispose il padre, “il Potomac e il Sand Creek esistono ma hanno una altro nome, le prede esistono ma hanno un altro nome …. . Sto solo dicendo che quando costruisci un capanno lungo un fiume, stai anche facendo qualcosa a cui non dai la definizione giusta, e quando vai a caccia stai sparando anche a qualcosa a cui non dai il nome giusto. E che se dai alle cose, alle azioni, il nome giusto allora vedi che tra te e tutto il resto c’è una distanza assoluta che tu stesso, per esistere o sopravvivere, devi tutelare. In questa distanza dunque, che un fiume sia il Potomac o il Volturno non conta nulla, perché in essa devi  salvaguardare un fiume, una flora, una fauna senza nome che consente la tua esistenza di uomo quale che sia il tuo nome”.

Ho capito”, conclude serafico il figlioletto, “hai letto Le Città Invisibili di Calvino! Papà, sei sempre il solito burlone ….” .



Piedimonte Matese, 16 gennaio 2019