(novella sulle acque pubbliche, sulla tutela
paesaggistica, sui cacciatori, le prede e i capanni
nei pressi dei fiumi Potomac e Sand Creek
in Provincia di Caserta)
Prologo
…
giunto sulla riva, il Cacciatore sentì come un brivido risalire la china della
schiena malandata, consunta da troppi piegamenti e oscuramenti tra canneti
umidi, e capì che – anche questa volta – l’imprecisione lo avrebbe umiliato: la
corazza imponente del suo corpo statuario, lo sguardo che raggelava le prede
prima ancora del suo fucile, la determinazione che lo rendeva impassibile alla
pioggia e al freddo anchilosante dei lunghi appostamenti, si andavano ormai
sciogliendo in una vibrazione che non gli consentiva più l’infallibilità,
richiedendo continue compensazioni con soluzioni più o meno lecite, più o meno
efficaci, più o meno … … .
…
insomma doveva trovare il posto migliore per piazzare un capanno di legno,
magari fatto con quei pannelli coibentati pubblicizzati dal cartellone che
aveva visto lungo la strada, dove l’attesa della preda poteva trascorrere senza
danni per le articolazioni e consentirgli di rivivere ancora una volta la
ferocia del Lupo … o la prepotenza del Leone … insomma la sensazione del dominio.
…
il sopralluogo richiese tempo perché, lungo il corso d’acqua, le varietà
vegetali creavano vari ostacoli sul piano dell’orizzonte, distraevano col loro
lento ondulare e attraevano per un abuso di colori che ipnotizzava vaste fette
dell’attenzione, ma alla fine “Miss Luogo Adatto” si fece trovare pronto a
soddisfare le esigenze del Cacciatore:
-
leggermente
rialzato rispetto alla vegetazione frequentata dagli uccelli;
-
arretrato di
circa 300 metri rispetto alla sponda del corso d’acqua (non si sa mai, pensò la vecchia volpe
armata, che passi qualcuno a contestare la violazione della distanza di 150
metri dal corso d’acqua ….).
…
quindi - godendosi l’attesa del piacere che ne avrebbe tratto - rifece la
strada fino alla rivendita dei pannelli autobloccanti, autolivellanti,
automontanti e autoriscaldanti, acquistò una capanno 4 x 4 di colore verdeocra,
ritornò sul “Luogo Adatto” e lo montò in men che non si dica …
Il Problema
A
quel punto doveva solo aspettare la preda, ma un certo languore lo spinse a
considerare la priorità di un panino e di una birra.
Nel
momento esatto in cui si accingeva al primo morso, però, sentì l’allarme di un
“toc toc”.
Fuori
dal capanno, infatti, lo accolsero due divise che, senza mezzi termini, gli
rinfacciarono “Lei è in
contravvenzione: non lo vede che ha costruito un capanno entro la fascia di
rispetto di quel fiume laggiù – il famoso SAND CREEK - che, per altro, è
iscritto nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Caserta?”
Il
Cacciatore, con la calma di chi si aspettava l’obiezione, rispose con fermezza:
“Giammai, signori Ispettori, indipendentemente
dalla natura di quel fiume, il capanno dista oltre il limite di rispetto di 150
metri fissato dall’art. 142 del DLvo 42/2004” … .
“Già…”, replicarono - col sorriso beffardo di chi la sapeva
ancora più lunga - gli Ispettori, “… peccato
che la Regione Campania, con la LRC 13/2008 e s.m.i. ha ampliato questo limite
fino a 1.000 metri …”.
A
quel punto le certezze del Cacciatore vacillarono, forse anche il capanno, e
forse anche il canneto che si trovava a un tiro di schioppo, il quale – all’improvviso
- sputò un brindisi festoso e rumoroso di uccelli liberati da quella
informazione inattesa, uccelli di tutte le specie, prede che nessun fucile
avrebbe più potuto riportare nel carniere di un dominatore.
Ma
non vacillarono tanto da fargli rinunciare alla prospettiva di una diversa
competizione, che – anzi – egli stesso preconizzò con la minaccia di rivolgersi
a ogni sorta di giudice, ministro, sottosegretario, assessore o usciere capace
di ricondurre a legittimità l’evidente atteggiamento vessatorio che si stava
attuando in suo danno …
Minaccia
che, va detto, trovò una certa comprensione negli ispettori, perché non nuova e
– per certi versi – non del tutto ingiustificata se si teneva conto del dibattito
insorto sul tema della doppia “distanza” di tutela dei corsi d’acqua
applicabile in Provincia di Caserta a seguito del combinato disposto art. 142
del Dlvo 42/2004 / LRC n 13 del 2008 / PTCP di Caserta del 2012.
Infatti,
in ordine all’estensione dei vincoli paesaggistici afferenti - in ragione della loro iscrizione nell’elenco delle acque
pubbliche della Provincia di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775 - i
territori limitrofi il corso d’acqua presso il quale era stato collocato il
capanno, confliggevano due tesi:
§ quella della Provincia di Caserta, che individuava
l’estensione del vincolo nella misura di 150 metri per ogni sponda;
§ quella dei privati che – invece – individuava la
medesima estensione nella misura di 1000 metri per ogni sponda.
Qual è la fascia di tutela di un corso d’acqua?
Ed
eccoli qui, i contendenti, accigliati – nonostante sia passato qualche tempo
dal fatidico incontro sulle rive del Sand Creek -, pronti a darsi battaglia
dalle opposte sponde del grande tavolo delle riunioni, armati di argomenti
minatori o demolitori, pronti a tirare mappe di ogni sorta da cartelline di
pelle consunta.
Dichiarato
il “pronti-via” il Cacciatore sbatte sul tavolo un parere della Provincia di
Caserta, reso in un caso analogo anche se per un fiume che non era il Sand Creek ma il Potomac:
“Con riferimento alla richiesta in oggetto, con la
quale si chiede di conoscere se il Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale di Caserta abbia modificato le distanze dai fiumi si precisa quanto
segue.
Nella Valutazione Ambientale Strategica del PTCP, a
pag. 82, per le vie fluviali è riportato testualmente “Attualmente la fascia dei 150 m.
è ampliata a 1.000 m. dalla Regione Campania” : tale disposizione è
desunta dalle Linee guida del paesaggio ed ha valore fino alla redazione del
PTCP.
Il PTCP di Caserta redatto dopo la predetta VAS
stabilisce nella cartografi relativa ai vincoli “Fascia fluviale da sottoporre a
vincolo di 1.000 metri”. Tale vincolo di 1.000 m. quindi può essere
imposto esclusivamente dal redigendo Piano Paesistico della Regione Campania,
ai sensi dell’art. 135 e seguenti del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
(DLgs 42/2004 e s.m.i.).
Infatti, nella stessa cartografia del PTCP (B3.2.5
Identità Culturali – I beni paesaggistici) sono riportate sia le distanze da
sottoporre a tutela (metri 1.000 per la fascia fluviale) sia le distanze
tutelate per legge (art. 142 del Dlgs 42/2004) ossia metri 150 per la predetta
fascia fluviale. “
Gli
Ispettori, benché avvezzi alla stitichezza enunciativa degli Uffici della
Provincia, davanti al documento piazzato al centro del tavolo, pieno di timbri,
firme, protocolli, ghirigori simili a rotte segnate da uccelli sulla riva del Potomac, sbiancano e si afflosciano, e
stanno quasi per cedere quando il più anziano ha un sussulto:
“… un momento, un momento!
La tesi Provinciale, espressa in questo
documento si fonda expressis verbis sulle seguenti considerazioni:
§ in materia di
“distanze dai fiumi”, l’ampliamento della “fascia
fluviale” da 150 metri fino a 1000 metri è stato deciso dalla Regione
Campania in sede di estensione delle “Linee Guida per il Paesaggio“ che hanno
fondato il PTCP di Caserta;
§ ma il PTCP di
Caserta non ha recepito tale statuizione, limitandosi ad indicare – nella
Tavola “B3.2.5 – Identità culturale – I
beni paesaggistici” tanto la “fascia
fluviale” di 150 metri di cui all’art. 142, c. 1 lett. c), del Dlvo
42/2004 e s.m.i., quanto la “fascia
fluviale” di 1000 metri indicati dalla Regione in sede di estensione
del di approvazione del “Piano Territoriale Regionale”, piano che costituisce
notoriamente (tra l’altro) il “… quadro di riferimento
unitario, relativo ad ogni singola parte del territorio regionale, della pianificazione paesaggistica”
(art.1, comma 5, lett.a).
Sennonchè trattasi di considerazioni :
§ per un verso “smentite” proprio dal PTCP, in quanto l’invocata Tavola “B3.2.5 – Identità culturale – I beni
paesaggistici” indentifica (con logica ineccepibile) con un’unica (e non con due) retinatura (quadrettatura
azzurra senza soluzioni di continuità) i luoghi costituenti “fascia fluviale” di 150 o di 1000
metri di un fiume;
§ per un verso “singolari”, perché a partire dalla premessa che “… la fascia dei 150
metri è ampliata a 1000 metri dalla Regione …” giungono illogicamente
a sostenere che a un medesimo fiume si applicano due “diverse” “fasce
fluviali” (quella di 150 metri precedente l’ampliamento e quella di
1000 metri che, in quanto ampliamento, ha assorbito quella originaria di 150 metri
….?) ;
§ e - in
definitiva – a dir poco risibili, perché restituiscono l’assurda
tesi che il legislatore abbia inteso tutelare un elemento “paesaggistico” (quale è un fiume) con due fasce
di rispetto sovrapposte e di identico contenuto (perché se la seconda
consiste nell’ampliamento dei precedenti 150 metri, vuol dire che nella fascia
di 1000 metri è consentito/vietato esattamente quello che prima era
consentito/vietato nei 150 metri… …) .
Trattasi di considerazioni così
inconsistenti, dunque, che rendono inutile opinare ulteriormente sulla
manifesta infondatezza della tesi Provinciale e su altre implicite
contraddizioni che ne deriverebbero sul piano più squisitamente giuridico.”
Il
Cacciatore - si capisce da come gli occhi
eclissano in fessure che stanno per eruttare lava pompeiana, da come il naso emette
spifferi da toro tenuto in cattività per essere lanciato sulle strade di
Pamplona - non la prende bene, perché per lui vale il detto “carta canta”, e quella è carta che
urla, è cellulosa iconica e sacra, è consistenza che fa strame di tutte le
chiacchiere … .
Spera,
però, di avere ancora un vantaggio:
sapere
che l’arma vincente non è il fucile ma l’attesa;
che
l’eroismo non è nell’attacco ma nella resistenza paziente;
che
vincente non è il colpo ma la sorpresa;
e
allora spiazza gli Ispettori con una sorprendente raffica logico/filosofica:
”Signori:
-
il
Potomac e il Sand Creek sono due corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti
dal Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775;
-
in
riferimento al Potomac, la Provincia dice che secondo il PTCP “i fiumi, i
torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775” sono soggetti a una distanza di tutela paesaggistica
di 150 metri;
-
io
ho costruito il capanno a 300 metri dal Sand Creek;
-
dunque,
se voi mi multate, state multando un uomo che procede a 100 all’ora su una
strada provinciale in cui il cartello fissa il limite di velocità nei 200 km
orari…;”.
Il
Cacciatore ora sembra Mosè che gongola all’apertura del Mar Rosso: ha usato
l’arma delle armi e le acque che lo ostacolavano nella traversata sembrano
ritirarsi nel silenzio degli Ispettori.
Ma
commette un errore fatale, quello che da sempre fa perdere la guerra finale di
ogni pretendente al dominio: ignorare che a nessun essere vivente è dato essere
prede, perché l’equilibrio che regge il mondo impone a tutti di essere
cacciatori di ciò che ci garantisce sopravvivenza.
E’
per questo che – talora - Davide batte Golia, il Verona vince il Campionato di
serie A, una capanna genera il Salvatore del mondo, Gandhi vince la guerra
senza sparare un solo colpo …, e la saggezza dell’Ispettore più anziano abbatte
ogni ulteriore tentativo di resistenza:
“Senta, non è che ne usciamo attribuendo
a-prioristicamente valore dogmatico al parere della Provincia o procedendo per
pseudo sillogismi: qui dobbiamo fare un ragionamento che abbia in sé tutte le
giustificazioni e argomenti che ci facciano condividere una tesi finale.
Consideri, cioè …” (da questo punto in poi la mancata
verbalizzazione o ripresa televisiva dell’incontro non consente di accedere ad
affermazioni puntuali, ma se ne conosce il senso attraverso il racconto che lo
stesso Cacciatore fece agli amici in una serata davanti al camino …) .
Il ragionamento e la tesi dell’Ispettore anziano
La
tesi Provincia/Cacciatore difetta (rinviando/citando
in modo inappropriato affermazioni sparse in vari elaborati del PTCP o della
LRC 13/2008 ecc…) della non puntuale ricognizione
del testo normativo che opinano di interpretare.
Infatti,
di fronte al dilemma di individuare l’estensione dei vincoli paesaggistici
afferenti - in
ragione della loro iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia
di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775 – il fiume Potomac e il fiume Sand Creek, si sarebbe dovuto ragionare constatando quanto segue:
1. essendo iscritti nell’elenco delle acque
pubbliche della Provincia di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775, il Potomac e il Sand Creek – ai sensi e per gli effetti dell’art. 142
del DLvo 42/2004 e s.m.i. – “Sono comunque di interesse paesaggistico
e sono sottoposti alle disposizioni …” di tutela unitamente alle “… relative sponde o piedi
degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”;
2. scopo dell’art. 142 del DLvo 42/2004 e
s.m.i., è – inequivocabilmente - di tutelare
ope legis “i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua … e le relative sponde …” e – altrettanto inequivocabilmente - la
misura di “150 metri” esprime
una misura minima di garanzia e di appropriatezza strettamente funzionale alla
effettività della tutela di tali emergenze territoriali;
3.
esercitando
i compiti/poteri/doveri attribuitigli dal Legislazione Statale, con la LR
13/2008 e s.m.i. la Regione Campania non ha (non poteva) inciso, alterato o
modificato la misura e l’obiettivo di tale norma, ma indicato e perseguito un
obiettivo e un percorso del tutto diverso, giusto quanto letteralmente espresso
nei seguenti passaggi delle Linee Guida per il Paesaggio (pagg.31/33 del cap.
3.3.3.
Ambiti di paesaggio):
§ “La Regione ha sottoscritto nel settembre 2005 la Carta di
Padula …”;
§ “La
Carta di Padula … impone di allargare le missioni del Piano e a superare la pur
indispensabile protezione dei cosiddetti “beni paesaggistici”. Questo non
soltanto perché tale protezione richiede di estendere le misure di regolazione
ad altre componenti del paesaggio che, come gran parte dei beni culturali e a
dispetto della loro maggiore o minore valenza paesistica, non sono
necessariamente assimilabili ai beni paesaggistici (e possono anzi addirittura
essere considerati dei “mali”, come le aree degradate) pur interagendo con
essi. Ma
anche e fondamentalmente perché occorre andare oltre la tutela dei beni, oltre
la disciplina dei singoli “oggetti” e individuare nelle pieghe
del territorio le necessità ed opportunità di intervento regolatore, se si
assumono come riferimento le società locali, che nel territorio complessivamente
prendono coscienza dei propri valori identitari e delle proprie risorse,
esprimono i propri bisogni e costruiscono i propri progetti di vita e di
sviluppo. Dunque per la salvaguardia del paesaggio è opportuna una politica
complessiva complementare alla tutela ai beni paesaggistici, come definiti dal
Codice dei beni culturali e del paesaggio, che ricomponga l’attenzione ai
singoli oggetti con una attenzione ai loro contesti, investendo …”;
§ “E’ quindi evidente che per assumere il
tema della salvaguardia dei beni nella sua complessità non è possibile un
semplice riscontro normativo rispetto ad elenchi di “cose” individuate, ma è necessario
innescare complessivamente il tema dei beni nel governo del territorio e del paesaggio,
riscontrandolo analiticamente nelle strategie e indirizzi di piano da attivare
a diversi livelli di scala e in vere e proprie politiche di governance che
comprendano la valutazione, il monitoraggio e la possibilità di mobilitazione
ad hoc nei casi specifici di particolare criticità o rischio.”
§ “Nelle presenti Linee guida il
tema dei beni paesaggistici è quindi organizzato in riferimento a questo
criterio generale di politica del paesaggio, in ogni caso tenendo conto degli obblighi che comunque sono posti
dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
In questo senso gli indirizzi
per la salvaguardia, espressi in via generale per le grandi tipologie di
situazione naturalistico-ecologica e per le diverse categorie di beni
paesaggistici storico-culturali, devono essere precisati con riferimento ai
singoli beni in sede di piani provinciali, recependo una serie di
raccomandazioni che sono già contenute nel piano regionale. In particolare ai
piani provinciali si richiede di inserire gli aspetti di disciplina e di
attenzione riguardanti i beni entro il più generale complesso di precisazioni e
approfondimenti da svolgere nel quadro degli ambiti paesaggistici, rispondendo
in questo modo al dettato articolato del Codice dei beni culturali e del
paesaggio (art. 143 e 145).
Quindi una parte significativa
delle precisazioni ed approfondimenti richiesti ai PTCP riguardano criteri e
indirizzi che si applicano appropriatamente agli ambiti paesaggistici …”
4. La Regione Campania, inequivocabilmente, ha
ben chiarito che l’approccio, il metodo, e l’obiettivo della tutela
paesaggistica praticato con la LRC 13/2008 non si sofferma sulla rilevanza “in
se” del singolo bene ma sulla interrelazione con l’ambito caratteristico in cui
il bene si colloca, al quale fornisce un imprinting significativo e –
contemporaneamente – dal quale riceve quel grado di interesse capace di
stimolare la pratica effettiva della tutela. E in tal senso, si è imposta di
selezionare non tanto “beni
paesaggistici” quanto “Ambiti
paesaggistici” meritevoli di tutela. E dunque, solo a partire da questa
acquisizione si può procedere alla comprensione dell’enunciata estensione a “una
fascia di 1.000 metri dalle sponde” introdotta dal Legislatore Regionale;
5. Comprensione che segue il rilievo delle
seguenti inferenze:
§ l’enunciato si rinviene all’interno “Allegato B. Elenco dei beni
paesaggistici d’insieme ai sensi degli art. 136 e 142 del Codici dei beni
culturali e del paesaggio (dlgs 42/2004 così come modificato e integrato dai
dlgs nn. 156 e 157/2006)” (Pagg.
104/105) delle “Linee Guida per il paesaggio” approvate
con LRC 13/2008;
§ detto “Allegato
B” – per quanto e di interesse di questa analisi – distingue nettamente
tra “beni
paesaggistici … indicati dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
(articolo 134) … e ogni altro bene individuato dalla legge”, tra i quali cita espressamente “c) i fiumi,
i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal
testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici,
approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o
piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna” e “paesaggi
di alto valore ambientale e culturale ai quali applicare obbligatoriamente e
prioritariamente gli obiettivi di qualità paesistica”, tra i quali elenca “i territori
compresi in una fascia di 1.000 metri dalle sponde dei seguenti corsi d’acqua,
ove non già tutelati …”;
§ ne segue inequivocabilmente che la tutela da
esercitarsi con l’introduzione di “una
fascia di 1.000 metri dalle sponde” non ha l’obiettivo di tutelare “… fiumi … torrenti … corsi d'acqua iscritti negli
elenchi … (di cui al) regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775 … “ (cioè
specifici “beni paesaggistici”) ma “… territori…“ (cioè “Ambiti paesaggistici”) latistanti “… corsi d’acqua …” (dei quali l’iscrizione negli elenchi di cui
al RD 1775/1933 resta un fatto eventuale e non prescrittivo);
§ e ne segue l’altrettanta evidenza che – per
tale ragione - anche l’affermazione ”Attualmente la fascia dei
150 m è ampliata a 1.000 m dalla Regione Campania… ” regge solo se collocata nell’ambito di una descrizione semplificata
delle decisioni assunte dalla Regione Campania: sul piano
operativo/consequenziale, infatti, sarebbe del tutto infondato inferire, con
tale affermazione, che nella ”fascia
dei 1.000 m… ” siano
necessariamente estese o da estendersi le regole/obiettivi/modalità/limitazioni
ecc… imposte o imponibili nella ” la fascia dei 150 m … ” ;
6. per il che, il percorso per individuare
l’estensione dei vincoli paesaggistici afferenti - in ragione della loro iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche
della Provincia di Caserta ai sensi del R.D. 11/12/1933 n.1775 - il Potomac e il fiume Sand Creek, deve muovere dalle seguenti conclusioni:
A.
in
conseguenza dell’iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche sono entrambi
assoggettati al regime di tutela paesaggistica – per una ”… fascia dei 150 m … ” – di cui tutela all’art. 142, c.1 lett.c)
del Dlvo 42/2004 e s.m.i.;
B.
l’iscrizione
nell’elenco delle acque pubbliche non è – invece – né necessaria né sufficiente
per stabilire se e in che misura siano eventualmente assoggettati al regime di
tutela paesaggistica – per una ”…
fascia dei 1.000 m … ”
– di cui al PTR approvato con LRC n. 13/2008 e s.m.i.. Per rinvenire la
sussistenza di tale “soggezione” deve farsi riferimento esclusivamente a quanto
esplicitato dal PTCP di Caserta.
(A conferma, sul
punto sembra utile segnalare che:
1)
il fiume Sand Creek è espressamente individuato – nelle Linee
Giuda per il Paesaggio – tra i corsi d’acqua a margine del quale tutelare
“territori” per una fascia di 1.000 metri, e dunque è per tale specifica
ragione che detto vincolo è stato recepito dal PTCP di Caserta;
2)
il Potomac, invece, non individua – secondo la Regione -
“territori” da tutelare per una fascia di 1.000 metri ma, per quanto si ricollega
al parere della Provincia, detta individuazione risulta operata dal PTCP di
Caserta;
3)
in entrambi i casi, dunque, la sussistenza di tali vincoli si
ricava o è attestata esclusivamente dal PTCP di Caserta, giusta quanto enunciato
al Paragr. 3.3.3. Ambiti di paesaggio – ultima parte,
delle Linee Guida Regionale .
“D’altra
parte è chiaro che nel presente documento si delinea solo il carattere generale
degli Ambiti paesaggistici e l’intorno territoriale interessato, mentre la
precisazione dei confini di tali ambiti (anche parzialmente sovrapposti a
identificare aree di cerniera e nodi cardinali), delle situazioni particolari e delle condizioni dei beni in essi
contenuti è compito peculiare del livello provinciale. Questa azione di
precisazione è demandata al livello provinciale perché è a quella scala che può
essere raccolto un contributo fondamentale per la gestione del paesaggio: la
lettura dei valori identitari e delle situazioni paesistiche quali percepite
dalle popolazioni. Si propone di organizzare tale importante aspetto del
processo di piano chiedendo alle Province di definire, entro i PTCP, delle
“Unità di paesaggio identitario”, cioè partizioni del territorio derivate dal
riconoscimento che ne danno le popolazioni, secondo la definizione dalla
Convenzione europea.
Si
tratta di entità che certamente hanno dimensione minore di quella degli Ambiti
individuati su base interdisciplinare nel quadro strutturale d’insieme, dato il
carattere spiccatamente locale della “percezione” paesistica. Ma proprio questa
dimensione minuta costituisce il riferimento più opportuno per comunicare e
rendere cooperativa con gli operatori locali ogni strategia di intervento e per
partecipare con la popolazione nel suo insieme ogni processo decisionale.
Gli
Ambiti paesaggistici si propongono quindi come sede di una relazione complessa
che vede da una parte gli indirizzi normativi e le strategie coordinate con le
altre attività del PTR e dall’altra le situazioni locali, come emergenti nelle
Unità di paesaggio identitario, sede di partecipazione alle scelte e alle
strategie, che quasi ovunque prevedono programmi di intervento integrato tra
soggetti istituzionali e operatori locali.”)
E Calvino? C’entra, c’entra … …
Il
Cacciatore stava per aggiungere ancora qualcosa a quel diluvio di parole, perché
constatava che il solo pronunciarle strabiliava gli amici, i quali non lo
avevano mai sentito esprimere frasi così articolate, citazioni normative,
termini giuridici, concetti complessi, ecc… , ma era conscio che alla fine
doveva pur rispondere alla domanda ineludibile: “… e tu che hai fatto?”
Era
una domanda che un tempo avrebbe temuto, perché nessun cacciatore è disposto a
dichiarare la sconfitta.
Non
ora, perché aveva raggiunto uno stadio di consapevolezza superiore.
Era
accaduto quasi automaticamente, come in flash laterale al discorso dell’anziano
Ispettore:
“… l’errore fatale che da sempre fa perdere
la guerra finale di ogni pretendente al dominio è ignorare che a nessun essere
vivente è dato essere preda, perché l’equilibrio che regge il mondo impone a
tutti di essere cacciatori di ciò che ci garantisce sopravvivenza …”
Si
era ritrovato come su un nuovo scalino a guardare da un punto più alto le
stesse cose di sempre, ma ora sapendo che il bersaglio mancato non era un fallimento
bensì un ineludibile elemento del gioco, che le ragioni stesse dell’esistenza
del gioco richiedevano di capire che nella caccia non vi è una preda ma due
cacciatori diversamente armati, e che – per quanto non appaia immediatamente
percepibile – quasi sempre vince il cacciatore disarmato ….”.
E
quando la domanda arrivò rispose :
“vi ricordate quella sessione di caccia alla volpe,
il mese scorso, dove abbattemmo tutti gli esemplari della zona? Secondo voi chi
vinse ?”
Gli
amici del Cacciatore, esterrefatti dal non sense della risposta,
cincischiarono: “ma
che dici?”
Ma
questi rispose: “ecco:
smontai il capanno e me ne andai …”
Ai
più sembrò una specie di presa in giro, per certi versi anche offensiva, e la
serata sembrò improvvisamente volgere verso una disputa di “tu
non sai chi sono io” che – però – venne interrotta dalla voce del
figlio-marmocchio del Cacciatore, che se ne uscì con un “papà, ma il
Potomac e il Sand Creek non sono fiumi che passano per la Provincia di Caserta
…!”
Ma
il Cacciatore, senza concessioni alla tenerezza: “Hai ragione,
amore mio, ma anche i cacciatori dicono di sparare alle prede mentre le prede
non esistono!”
“Ma se il
Potomac e il Sand Creek non esiste, le prede non esistono …. allora ti sei
inventato tutto?”, puntualizzò titubante
il ragazzino.
“No”,
rispose il padre, “il
Potomac e il Sand Creek esistono ma hanno una altro nome, le prede esistono ma
hanno un altro nome …. . Sto solo dicendo che quando costruisci un capanno
lungo un fiume, stai anche facendo qualcosa a cui non dai la definizione
giusta, e quando vai a caccia stai sparando anche a qualcosa a cui non dai il
nome giusto. E che se dai alle cose, alle azioni, il nome giusto allora vedi che
tra te e tutto il resto c’è una distanza assoluta che tu stesso, per esistere o
sopravvivere, devi tutelare. In questa distanza dunque, che un fiume sia il
Potomac o il Volturno non conta nulla, perché in essa devi salvaguardare un fiume, una flora, una fauna
senza nome che consente la tua esistenza di uomo quale che sia il tuo nome”.
“Ho capito”, conclude serafico il figlioletto, “hai letto Le
Città Invisibili di Calvino! Papà, sei sempre il solito burlone ….” .
Piedimonte Matese, 16 gennaio 2019
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