mercoledì 27 novembre 2013

Un altro viaggio, nel labirinto del Tar Campania, alla ricerca della corretta relazione tra contributi urbanistici e oblazione per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

La Matematica è giusta quando è logica:
la Giustizia è logica quando non è matematica?

Commento a margine della Sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale
 della Campania (Sezione Ottava) n. 5256 del 21/11/2013

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Geom. Bottone Marcellino, bmarcellino@mail.it , Piedimonte Matese –Novembre 2013





INDICE



INTRODUZIONE

IL NUOVO CASO

SE LA GIUSTIZIA NON E’ MATEMATICA …

SE LA GIUSTIZIA E’ MATEMATICA …

SE GIUSTIZIA E’


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INTRODUZIONE


Da qualche tempo vado segnalando la necessità di emendare le decisioni del giudice amministrativo da incongruenze logico-matematiche solo apparentemente estranee alle questioni di diritto, di merito, di sostanza: e ciò in base alla mera osservazione delle inferenze e delle conseguenze sul “reale” di ciò che sembra giusto quando si procede con l’applicazione pedissequa di formule di principio non sottoposte a verifica fattuale.
In un precedente lavoro[1], anzi, cercai di dimostrare che:

talvolta l’argomentazione giuridica non può prescindere dal rispetto di una matematica dell’opinare, e cioè dalla necessità che il giusto/vero sia definito da asserzioni logico-conseguenziali che rispettino il perimetro insuperabile della verificabilità (in un processo in grado di garantire che si determini una verità “secondo la legge” che sia anche una verità “secondo la scienza”).
Perché la verificabilità attribuisce alle decisioni una certezza doppia:
·         la certezza che dal risultato si possa risalire sempre al medesimo principio (garanzia del rispetto della legge);
·         la certezza che il modulo adottato per raggiungere il risultato sia congruo e coerente (garanzia del rispetto dell’obiettività).

Con qualche esito? Non lo so.

Ma: INSISTO!




IL NUOVO CASO


Al cospetto del Tar Campania – Napoli si è svolta (limitandoci a quel che qui interessa) la seguente controversia:
  • il titolare di un permesso di costruire, rilasciato nel 2004 previo regolare pagamento del contributo dovuto a titolo di partecipazione agli oneri di urbanizzazione e costruzione, incorre nell’esecuzione di violazioni di cui chiede ed ottiene – nel 2010 - sanatoria ai sensi dell’art. 36 del dpr 380/01 e s.m.i.;
  • orbene, poiché il rilascio del permesso in sanatoria del 2010 era stato condizionato al pagamento di “euro 35.123,74 per l’oblazione ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001”, il ricorrente reagisce rilevando l’errore consistente nella circostanza che il Comune “non avrebbe decurtato gli oneri già versati per il ritiro del permesso di costruire” originario del 2004;
  • e il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), con Sentenza n. 5256 del 21/11/2013, gli dà ragione: il Comune deve restituire gli oneri versati per la realizzazione di un progetto assentito nel 2004 mediante decurtazione dall’oblazione imposta per il rilascio del permesso in Sanatoria del 2010.

La tesi del Tar Campania – Napoli è in linea con quella prevalente tra i giudici amministrativi e, comunque, è assolutamente ragionevole, perché la situazione del ricorrente, in fondo, non è dissimile da quella di chi versa contributi urbanistici per un immobile che poi non edifica: in entrambi i casi, il diritto alla restituzione del contributo è intimamente connesso e giustificato dalla mancata esecuzione (per scelta o perché autorizzati, in via ordinaria o per sanatoria postuma, a realizzare qualcosa di diverso rispetto alla previsione originaria) di quanto originariamente autorizzato.

Solo che il Tar Campania – Napoli esprime questa pacifica e condivisibile tesi con la seguente, testuale sequenza enunciativa:
“Nel merito, il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.
… … nella relazione conclusiva il verificatore ha proceduto a calcolare sia l’oblazione dovuta ex art. 36 D.P.R. 380/2001 che la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 167 del D.Lgs. 42/2004.
In dettaglio, ha proceduto come segue:
I) Misura dell’oblazione ai sensi del T.U. Edilizia:
a) quantificazione del contributo di costruzione ex art. 16 T.U. Edilizia (da raddoppiare per individuare la misura dell’oblazione) come somma tra: a) il costo della costruzione, calcolata in relazione alla superficie complessiva, pari ad euro 13.522,17; b) gli oneri di urbanizzazione, rapportati al volume dell’edificio, che ammontano ad euro 4.030,17;
b) la somma di tali importi è pari ad euro 17.552,34, al quale occorre sottrarre gli oneri di urbanizzazione già versati dalla concessionaria in relazione al permesso di costruire n. 555/2010 (euro 2.446,66): la differenza ammonta ad euro 15.105,68;
c) ai sensi dell’art. 36 del T.U. Edilizia, l’oblazione è pari quindi ad euro 30.211,36 (doppio del contributo di costruzione come sopra determinato);
… … “


E allora mi sono chiesto:

La Matematica è giusta quando è logica:
la Giustizia è logica quando non è matematica?





SE LA GIUSTIZIA NON E’ MATEMATICA …


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), con Sentenza n. 5256 del 21/11/2013 afferma un principio giusto, e cioè che gli oneri urbanistici versati da un privato per ottenere il permesso di costruire un determinato immobile nel 2004 gli devono essere resi se, nel 2010, l’immobile effettivamente realizzato è :

  • diverso da quello autorizzato;
  • dichiarato “conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda ai sensi dell’art. 36, comma 1, del dpr 380/01 e s.m.i. ;
  • assoggettato “al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia ai sensi dell’art. 36, comma 2, del dpr 380/01 e s.m.i. ;

Dunque, la formulazione matematica del processo logico/sequenziale per pervenire alla formale attuazione dell’art. 36 del dpr 380/01 e s.m.i. e del giusto principio statuito dal Tar Campania-Napoli avrebbe dovuto inequivocabilmente consistere nella:

  • determinazione della ”oblazione” di cui all’art. 36, comma 2, del dpr 380/01 e s.m.i., e cioè del “contributo di costruzione in misura doppiarelativa all’edificio sanato nel 2010;
  • decurtazione – dalla misura della ”oblazione” come sopra calcolata – degli oneri versati nel 2004 per il rilascio del permesso di costruire un immobile poi non realizzato;
  • e dunque, in termini di rappresentazione matematica, nella applicazione della seguente formula: 
G = OS2010 CU2004
In cui:

G       = valore “Giusto” da imporre al privato
OS2010          = Oblazione per Sanatoria 2010
CU2004         = Contributo Urbanistico versato nel 2004

  • formula che, se sostituiamo il termine ”OS2010” con i suoi parametri costitutivi “(CU2010 x 2)”, in definitiva assume la seguente forma:
G = (CU2010 x 2) – CU2004


In cui:

G       = valore “Giusto” da imporre al privato
CU2010         = Contributo Urbanistico calcolato sull’immobile sanato nel 2010
2       = misura fissa di penalità stabilita per legge
CU2004         = Contributo Urbanistico versato nel 2004

Ma il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), con Sentenza n. 5256 del 21/11/2013, dopo aver riconosciuto il diritto del ricorrente alla percezione - mediante riduzione dell’Oblazione  calcolata per la sanatoria del 2010 -degli oneri urbanistici versati nel 2004, indica come lecita l’applicazione della seguente formula:

G = (CU2010CU2004) x 2

In cui:

G       = valore “Giusto” da imporre al privato
CU2010         = Contributo Urbanistico calcolato sull’immobile sanato nel 2010
2       = misura fissa di penalità stabilita per legge
CU2004 = Contributo Urbanistico versato nel 2004   


Perché questa formula è matematicamente “INCONGRUA” ?

Perché (nella situazione tipo di cui si discute e sulla quale si è espresso il Tar Campania-Napoli) produce il non trascurabile effetto di restituire al privato - nel momento in cui ottiene la sanatoria (nell’anno 2010) degli abusi eseguiti - il “doppio” di quanto effettivamente versato nel 2004 per un immobile che poi non ha realizzato.

Effetto che discende matematicamente dalla collocazione - nella formula assentita dal giudice amministrativo – del termine ”CU2004“ prima del “raddoppio” (misura fissa di penalità stabilita al comma 2 dell’art. 36, dpr 380 e s.m.i.) di ”CU2010“ anziché dopo.


Per essere più chiaro e dimostrativo, rinvio alla seguente tabella di confronto:


Formula adottata dal Tar
G = (CU2010CU2004) x 2
Formula corretta
G = (CU2010 x 2) – CU2004
Assegnando – come da Sentenza - a :
CU2010         = Contributo Urbanistico calcolato sull’immobile sanato nel 2010 : euro 17.552,34
CU2004         = Contributo Urbanistico versato nel 2004 : euro 2.446,66
Assegnando – come da Sentenza - a :
CU2010         = Contributo Urbanistico calcolato sull’immobile sanato nel 2010  : euro 17.552,34
CU2004         = Contributo Urbanistico versato nel 2004 : euro 2.446,66

Si giunge ad un valore di G di fatto imposto al privato :

Si giunge ad un valore di G che si sarebbe, invece, dovuto imporre al privato :

G = euro 30.211,36

G = euro 32.658,02

Dal confronto si ricava – inequivocabilmente - che applicando le modalità di calcolo adottate dal TAR Campania invece che quelle MATEMATICAMENTE corrette, si è finito per imputare al ricorrente una minor somma pari a:
euro 32.658,02 - euro 30.211,36 = euro 2.446,66
E cioè, allo sconto conseguito dal ricorrente mediante la decurtazione di  euro 2.446,66 per oneri versati nel 2004 già operata in entrambe le formule, si è ulteriormente aggiunto – per effetto del procedimento di calcolo approvato dal TAR Campania - l’ulteriore sconto di euro 2.446,66.
Fondando, in tal modo, il giudizio di “incongruità” sopra espresso e dimostrazione della ragione addotta, ovvero che la formula usata dal Tar 
produce il non trascurabile effetto di restituire al privato - nel momento in cui ottiene la sanatoria (nell’anno 2010) degli abusi eseguiti - il “doppio” di quanto effettivamente versato nel 2004 per un immobile che poi non ha realizzato






SE LA GIUSTIZIA E’ MATEMATICA …


Una giustizia che restituisce euro 4.893,31 – a chi ha versato un contributo urbanistico di euro 2.446,66 per un immobile non realizzato – non è, evidentemente, matematica.

Certo, potrebbe trattarsi di un problema marginale se si dimostrasse che origina da una calcolatrice difettosa, da una somma o addizione imprecisa, da una distrazione esclusivamente contabile: ma si è visto che i numeri hanno emesso un verdetto trasparente, verificabile, e dunque impongono di attribuire la loro indigeribilità non al loro valore intrinseco ma ad un errore logico/relazionale compiuto da chi li ha usati.

Dunque, non possiamo sfuggire alla necessità di accostare il problema dell’incongruenza di un risultato matematico a un problema di incongruenza logica e, per questa strada, di incongruenza … giuridica.
E’ questo il punto: le segnalate incongruenze logico-matematiche della decisione del giudice amministrativo non sono estranee alle questioni di diritto, di merito, che sostanziano il discorso giuridico sotto il profilo logico/argomentativo.
nel caso sottoposto alla precedente analisi, ad esempio, è agevole trarre la conclusione che la corretta applicazione di un principio non salva dall’erronea determinazione di un giudizio finale, posto che tra il “ritenere giusto” e “praticare il giusto” corre pur sempre la mediazione di una logica consequenziale, che interseca ogni altro aspetto inessenziale al giudizio ma che pure può sovvertirne il segno, se non – addirittura - l’essenza.

Ma, allora, come si può sostenere il valore, e talora l’indispensabilità, di una assistenza logico/matematica al processo argomentativo di tipo giuridico?
Quale sostegno, ad esempio con riferimento alla Sentenza n. 5256 del 21/11/2013 del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), avrebbe potuto apportare questo osservatore “esterno” dei processi adottati?

Beh, mi pare evidente:

  • il fatto che l’applicazione di un principio “giusto” esita risultati matematicamente “incongrui” segnala, se non la possibilità di un inganno logico quantomeno un difetto di relazionalità tra fatti o elementi considerati;
  • nel caso in esame, in effetti, il riconoscimento del diritto “giusto” alla restituzione degli oneri versati del 2004 dal ricorrente è stato messo (dal Tar Campania) in relazione all’obbligo, altrettanto ”giusto”, del medesimo ricorrente di pagare l’Oblazione per la sanatoria ottenuta nel 2010, tanto da far decidere per una compensazione fra numeri espressivi di istanze giuridiche distinte e distanti;
  • dunque – escludendo che una logica matematica possa dimostrare che il Tar abbia errato nel giudicare applicando “giusti” principi – se ne deve trarre che gli errori del Tar siano da ricercarsi nel modo in cui questioni diverse siano state poste sul medesimo piano;
  • ad esempio, nel fatto che il diritto alla restituzione degli oneri versati del 2004 e l’obbligo di pagare l’Oblazione nel 2010, pur in capo allo stesso ricorrente, non sono state trattate come questioni distinte e distanti, differenti sotto il profilo del merito e delle conseguenze, eventualmente riassumibili in una determinazione conclusiva omnicomprensiva solo per mero pragmatismo;
  • dal rilievo degli esiti matematicamente incongrui della formula adottata dal Tar Campania, quindi, è consentito risalire all’errore decisivo dal medesimo compiuto: di consentire che gli oneri urbanistici del 2004 legittimamente da restituire potessero essere decurtati dagli oneri urbanistici 2010 calcolati per il diverso fine di computare l’Oblazione di cui all’art. 36 del dpr 380/01 e s.m.i. ;
  • tra queste due “entità” non v’è, infatti, alcun rapporto giuridico o di fatto, in quanto GLI ONERI URBANISTICI VERSATI NEL 2004 AVEVANO NATURA DI corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del costruttore, connesso al rilascio della concessione edilizia, a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae E AFFERIVANO A UN IMMOBILE NON PIU’ EDIFICATO, MENTRE IL DOPPIO DEGLI ONERI DA VERSARE NEL 2010 AVEVANO NATURA DI “OBLAZIONE” PER SANARE OPERE AFFATTO DIVERSE DA QUELLE AUTORIZZATE;
  • compensare tra queste due diverse entità è stato un errore matematico che rinvia ad un errore logico il quale, a sua volta, rinvia ad una errata relazione fra distinti elementi fattuali o circostanziali.
  • l’apporto alla riflessione giuridica di un assistente logico-matematico, allora, non ha dimostrato soltanto che applicando la formula del Tar Campania si restituiscono “illegittimamente”, al ricorrente, il doppio degli oneri versati nel 2004 per un fabbricato non realizzato, ma anche che questo errore dipende dall’aver messo in relazione questioni (Contributi Urbanistici e Oblazione sanante) diverse sul piano computazionale e, risalendo lungo le tracce del ragionamento logico-analitico enunciato in sentenza, in termini di diritto.




SE GIUSTIZIA E’


Siamo tutti interessati ad una giustizia migliore in termini di efficacia, trasparenza, logica formale e sostanziale ecc… .

Ma non sempre apprezziamo la possibilità di ricercare collaborazioni apparentemente estranee al mondo del diritto, inusuali, portatrici di un linguaggio che non sembra appropriato a codici già densi di un multistrato di interpretazioni problematiche.

Ma la domanda di giustizia è una domanda universale, nel senso che ci prende e ci riguarda sempre in una dimensione estesa all’ennesimo, fino a quel limite oltre il quale non abbiamo da eccepire a una sentenza:

insomma, ci vorrà tempo, ci vorranno pressioni e depressioni, spinte in avanti e opportuni ritorni, ma finché i conti non torneranno anche negli argini di una congruità logico/matematica non otterremo la giustizia che cerchiamo.

Perché se giustizia è …



GEOM. MARCELLINO BOTTONE




[1] Mi riferisco al commento: “UN CASO DI SCUOLA: IL PROBLEMA DELL’ALTEZZA. Contro una opinione matematica. Per una matematica delle opinioni. Il TAR Campania, IV sez., sentenza n. 2467 del 28/02/2006 e l’art. 18 delle Norme di Attuazione del Piano Territoriale Paesistico del Matese approvato con D.M. BB.AA. 04/09/2000. “, reperibile in rete.

giovedì 3 ottobre 2013

IL PIANO CASA CAMPANIA STANCA

QUESITO


gent.mo geom. Bottone le porgo un quesito relativo ad una ricostruzione di un
fabbricato rurale.
Premesse:
- fabbricato rurale di proprietà di due soggetti residenti in altro comune e
che entrambi non vogliono cambiare la propria residenza nel nuovo fabbricato da
ricostruire;
- promissario acquirente del suddetto fabbricato rurale intende destinare la
nuova costruzione come prima abitazione/residenza;
- volumetria del fabbricato preesistente pari al 50% residenziale e 50%
pertinenze agricole (si evidenzia che sia il residenziale che il pertinenziale
non hanno un locale adibito a servizio igienico (bagno WC ??);
- superficie del lotto mq 3000 circa;
- il progetto presentato risulta sottoscritto da tutti i soggetti ossia i due
proprietari nonchè dal promissario acquirente,
i quesiti sono:
1) è possibile ottenere il bonus del cambio di destinazione sapendo ancora che
l'immobile, alla data del rilascio del titolo edilizio era di proprietà di due
soggetti che non avevano intenzione di destinare la nuova abitazione come loro
residenza?
2) è possibile ottenere il bonus del cambio di destinazione d'uso al
promissario acquirente?
3) è possibile ottenere il bonus volumetrico del 35% su di un immobile di non
esclusiva proprietà?
4) è possibile ottenere il bonus volumetrico del 35% quando non vi è la
predominanza residenziale del 55% del volume preesistente?
5) è possibile ottenere il bonus volumetrico del 35% destinando il 20% del
volume a pertinenze nei locali interrati (che nel calcolo volumetrico della
volumetria edificabile non vengono calcolati - si è calcolato solo i volumi
fuori terra)??.

credo che l'art. 6 bis preveda la possibilità di "... applicare le
disposizioni dell’articolo 4 o dell’articolo 5 della presente legge, con l’
obbligo di destinare non meno del venti per cento della volumetria esistente ad
uso agricolo."
quindi le disposizioni dell'art. 5 devono essere applicate tutte anche in
riferimento alla predominanza residenziale.
se tale tesi è pacifica si può ben evidenziare che gli interventi di
ricostruzione di fabbricati rurali sono difficilmente (se non totalmente)
applicabili in quanto credo che nessuno abbia mai costruito un fabbricato
rurale (dopo la legge 14/82) non sfruttando i limiti volumetrici previsti dalla
norma (0,03 mc/mq per residenze e 0,07 per pertinenze); tali indici fanno
capire che la predominanza residenziale non vi è mai.
Viceversa, per gli immobili di costruzione remota credo che la volumetria
residenziale realizzata era sempre minore ed in minima parte di quella
pertinenziale (in epoca remota si realizzavano i FABBRICATI RURALI, ossia
immobili adibiti all'attività agricola da parte di veri "coltivatori diretti"
ove la maggior parte del volume si andava ad edificare era relativo a stalle,
fienili, cantine, locali di trasformazione dei prodotti coltivati).
spero di avere un vostro contributo al quesito ringraziandola
anticipatamente.



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Spett.le Sig. ………………………,
non so se ho ben compreso il nocciolo dell’insieme dei quesiti che mi sottopone ma provo comunque a svolgere le seguenti riflessioni attenendomi letteralmente al testo della sua mail.

Dopo aver indicato – in premessa – che il quesito si attaglia ad una richiesta finalizzata alla “ricostruzione di un fabbricato rurale“, e che tale richiesta è connotata dalle seguenti circostanze:
§  trattasi di richiesta afferente un “fabbricato rurale di proprietà di due soggetti residenti in altro comune e che entrambi non vogliono cambiare la propria residenza nel nuovo fabbricato da ricostruire“, anzi che indendono vendere ad un “promissario acquirente“ il quale “intende destinare la nuova costruzione come prima abitazione/residenza“, tanto che “il progetto presentato risulta sottoscritto da tutti i soggetti ossia i due proprietari nonché dal promissario acquirente “;

§  trattasi di istanza volta alla demolizione/ricostruzione di un fabbricato rurale insistente su “superficie del lotto mq 3000 circa” in cui la “volumetria del fabbricato preesistente è “pari al 50% residenziale e 50% pertinenze agricole (si evidenzia che sia il residenziale che il pertinenziale non hanno un locale adibito a servizio igienico (bagno WC ??)“;

vengono enunciati i seguenti quesiti, a margine dei quali allego le riflessioni di cui sono capace: 

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1.    è possibile ottenere il bonus del cambio di destinazione sapendo ancora che l'immobile, alla data del rilascio del titolo edilizio era di proprietà di due soggetti che non avevano intenzione di destinare la nuova abitazione come loro residenza?”.
COMMENTO
Ai fini di discriminare i limiti di applicabilità del Piano Casa Campania, quindi anche della facoltà di beneficiare del bonus di cui all’art.5 della Legge 19/09 e s.m.i. , non rilevano le  “intenzioni dei soggetti” a qualunque titolo coinvolti. Nel merito dell’istanza presentata, dunque, deve assumersi come punto di partenza esclusivamente la destinazione e consistenza dell’immobile così come risultante “alla data del rilascio del titolo edilizio”.
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2.   è possibile ottenere il bonus del cambio di destinazione d'uso al promissario acquirente?”.
COMMENTO
Ai fini del rilascio dei titoli edilizi per l’esercizio delle facoltà derogatorie enunciate dal Piano Casa Campania, valgono le regole ordinarie previste dal DPR 380/01 e s.m.i., di cui si riportano stralci :
Art. 11 (L) - Caratteristiche del permesso di costruire

1. Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo.
2. Il permesso di costruire è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori o aventi causa. Esso non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio. E’ irrevocabile ed è oneroso ai sensi dell’articolo 16.
3. Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi.




Art. 20 (R) -Procedimento per il rilascio del permesso di costruire

1. La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 11, va presentata allo sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti, e quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II. La domanda … …



Art. 23 (L comma 3 e 4 - R comma 1, 2, 5, 6 e 7) - Disciplina della denuncia di inizio attività

1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo i … …



In base a tali regole deve dedursi che - ove “il progetto presentato risulta sottoscritto da tutti i soggetti ossia i due proprietari nonché dal promissario acquirente“, e cioè quando proprietari e promissario acquirente si siano accordati in tal senso - il titolo deve essere loro rilasciato senza che l’amministrazione possa esercitare alcuna intromissione censorea.
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3.   è possibile ottenere il bonus volumetrico del 35% su di un immobile di non esclusiva proprietà?”.
COMMENTO
L’attribuzione/concessione del bonus volumetrico di cui all’art. 5 del Piano Casa Campania segue le regole ordinarie di logica e proporzione che si riassumono:

§  CRITERIO LOGICO: se il fabbricato da demolire/ricostruire appartiene solo in parte ai richiedenti, il problema dei limiti di concessione del bonus semplicemente non si pone, per l’ovvia considerazione che a nessun soggetto privato si potrebbe riconoscere la facoltà di demolire un fabbricato di cui non detiene il possesso/disponibilità integrale;

§  CRITERIO PROPORZIONALE: se il fabbricato da demolire/ricostruire appartiene integralmente a una pluralità di richiedenti, il problema dei limiti di concessione del bonus si risolve attribuendone la misura in proporzione alle rispettive quote di possesso dei proprietari/richiedenti.

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4.   è possibile ottenere il bonus volumetrico del 35% quando non vi è la predominanza residenziale del 55% del volume preesistente?”.
5.   è possibile ottenere il bonus volumetrico del 35% destinando il 20% del volume a pertinenze nei locali interrati (che nel calcolo volumetrico della volumetria edificabile non vengono calcolati - si è calcolato solo i volumi fuori terra)?”.
6.   credo che l'art. 6 bis preveda la possibilità di "... applicare le disposizioni dell’articolo 4 o dell’articolo 5 della presente legge, con l’obbligo di destinare non meno del venti per cento della volumetria esistente ad uso agricolo."
quindi le disposizioni dell'art. 5 devono essere applicate tutte anche in riferimento alla predominanza residenziale.
se tale tesi è pacifica si può ben evidenziare che gli interventi di
ricostruzione di fabbricati rurali sono difficilmente (se non totalmente)
applicabili in quanto credo che nessuno abbia mai costruito un fabbricato rurale (dopo la legge 14/82) non sfruttando i limiti volumetrici previsti dalla norma (0,03 mc/mq per residenze e 0,07 per pertinenze); tali indici fanno capire che la predominanza residenziale non vi è mai. Viceversa, per gli immobili di costruzione remota credo che la volumetria residenziale realizzata era sempre minore ed in minima parte di quella pertinenziale (in epoca remota si realizzavano i FABBRICATI RURALI, ossia immobili adibiti all'attività agricola da parte di veri "coltivatori diretti" ove la maggior parte del volume si andava ad edificare era relativo a stalle, fienili, cantine, locali di trasformazione dei prodotti coltivati)
.?”.
COMMENTO
Alle questioni poste ai precedenti punti 4, 5 e 6 ho dedicato il lavoro analitico che potrà consultare – tenendo conto della sua datazione - sotto l’allegato 1.

Cordiali saluti,
                                                                                                                                                                                                                                                       geom. Bottone Marcellino

Piedimonte Matese, lì 3/10/2013


PROBLEMATICO PIANO CASA CAMPANIA


QUESITO



Devo sottoporre un quesito in riferimento alla richiesta di
applicazione degli art. 4 e 5 del piano casa.
Ho ricevuto una richiesta di p. di c. Per ampliamento di un fabbricato esistente in zona b senza alcun vincolo, regolarmente autorizzato ed accatastato.
Il dubbio sorge dall'artificio studiato dal progettista.
L'immobile è costituito da due corpi di fabbrica all'interno di un'area di esclusiva proprietà.
Il corpo principale viene ampliato del 20%, il corpo secondario (di ridotte dimensioni) viene demolito e ricostruito con ampliamento del 35%.
Ad intervento concluso i due corpi di fabbrica grazie ai relativi ampliamenti si fondono a rappresentare un unico stabile, ciò ovviamente non consente di individuare la volumetria in ampliamento del 20 e quella del 35.

Domanda:
1. è possibile fruire dei due ampliamenti per lo stesso permesso di costruire.
2. La legge chiarisce i limiti di intervento?
Ovviamente non c'è nessun interesse a bloccare interventi di rilancio dell'economia, ma neanche è possibile operare in assenza di normative chiare e che non tutelano chi deve rilasciare i necessari permessi.

Grazie in anticipo per tutti i chiarimenti che potrete darmi.

Ing. ……………………………….


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Spett.le ing. ……………………. ,



non so se ho ben compreso il problema, ma – attenendomi letteralmente a quanto riferisce – provo a sottoporle qualche annotazione e formulare il seguente ragionamento:


Lei afferma di aver “ricevuto una richiesta di p. di c. per ampliamento di un fabbricato esistente” e – subito dopo - che “L'immobile è costituito da due corpi di fabbrica all'interno di un'area di esclusiva proprietà”.


Questa affermazione mi appare incomprensibile e, comunque, per consentire la possibilità di operare riflessioni coerenti necessita di un primo chiarimento:


1.      parliamo di una consistenza immobiliare costituita da un fondo sul quale insistono due edifici funzionalmente autonomi (ad esempio: due distinte abitazioni; una abitazione ed un locale commerciale; ecc… )?


2.     oppure parliamo di una consistenza immobiliare costituita da un fondo sul quale insiste un edificio principale ed un edificio “pertinenziale” (ad esempio: una abitazione e un garage)?


Senza operare questa preliminare distinzione, infatti, il campo delle possibili risposte si amplia a dismisura e le valutazioni/conclusioni conducono a (o definiscono) esiti contrastanti.


Ad esempio:


a)   nel primo caso, non vedrei ragioni per ostacolare un progetto in cui “Il corpo principale viene ampliato del 20%” mentre “il corpo secondario (di ridotte dimensioni) viene demolito e ricostruito con ampliamento del 35”, sulla base della considerazione che le facoltà del piano casa si applicano ad ogni singolo edificio dotato delle caratteristiche elencate agli artt. 4 e 5 della L.19/09 e s.m.i.;


b)    nel secondo caso, invece, vedrei ragioni per ostacolare un progetto in cui “Il corpo principale viene ampliato del 20%” mentre “il corpo secondario (di ridotte dimensioni) viene demolito e ricostruito con ampliamento del 35”, sulla base della considerazione che le facoltà del piano casa si applicano ad ogni singolo edificio – CONSIDERATO PERO’ NELLA SUA UNITARIETA’ FUNZIONALE - dotato delle caratteristiche elencate agli artt. 4 e 5 della L.19/09 e s.m.i. . (in questo senso, infatti, la sommatoria di due immobili, di cui uno costituito da locali abitativi e l’altro costituito da locali accessori e/o pertinenziali al primo – definiscono unitariamente e funzionalmente una sola unità residenziale);


c)    il discrimen tra i due casi, in altre parole, è lo stesso che si usa in via ordinaria per decidere se ci troviamo di fronte ad una pluralità di immobili dotati di autonomia funzionale o se ci troviamo di fronte ad un pluralità di immobili unitariamente destinati ad un’unica funzione.



Solo a partire da una corretta qualificazione dello status quo ante dell’insediamento edilizio che si intende assoggettare alla disciplina del Piano Casa è possibile, credo, pervenire ad una logica risposta al dubbio (che mi sembra possa essere così sintetizzato):

Il piano Casa Campania,
a fronte della preesistenza di due distinti edifici, consente che:

  • operando sul primo edificio l’ampliamento del 20% di cui all’art. 4;

  • e operando, contemporaneamente, sul secondo edificio la demolizione e ricostruzione con incremento del 35% di cui all’art.5 ;

si possa pervenire finalisticamente ad un unico immobile ?



Infatti, al dubbio si potrebbe rispondere:

  • Si, se gli edifici preesistenti si qualificano come due immobili funzionalmente autonomi e se l’unico immobile finale “perpetua” tale distinzione funzionale. Infatti, in questo caso, si verterebbe nella situazione non dissimile di due diversi proprietari di due distinti edifici, i quali  richiedono distintamente l’applicazione degli artt. 4 e 5 del Piano Casa, accomunati solo dalla inopponibile scelta di pervenire – pur conservando la loro distinta proprietà immobiliare - ad un unico stabile finale (è il caso, ad esempio, che ricorre quando - a fronte di due distinti immobili preesistenti, uno di 1000 mc e l’altro di 300 mc - si esegue l’ampliamento del primo fino a 1200 mc utilizzando il bonus di cui all’art. 4 e, contemporaneamente, la demolizione/ricostruzione del secondo fino a 405 mc utilizzando il bonus di cui all’art.5, dando luogo alla definizione di un  edificio in cui i 1200 mc e i 405 mc restano ancora distinti ma si dispongono senza soluzione di continuità nell’unica “forma” dal totale volumetrico pari a 1605 mc.);

  • No, se gli edifici preesistenti si qualificano come due immobili funzionalmente autonomi e se l’unico immobile finale “altera” tale distinzione. Infatti, in questo caso, si verterebbe nella situazione non dissimile di due diversi proprietari (o anche di un singolo proprietario) di due distinti edifici, i quali  richiedono distintamente l’applicazione degli artt. 4 e 5 del Piano Casa al fine di pervenire ad un unico stabile finale in cui le volumetrie preesistenti, quelle derivanti dal bonus di cui all’art.4 e dal bonus attribuito ai sensi dell’art. 5 del Piano Casa “fondono” in un’unica indistinguibile entità: questa facoltà non è prevista dal Piano Casa e opinare diversamente equivarrebbe a sostenere che il Piano Casa consente lo scambio di bonus volumetrici tra situazioni distinte e distanti (a partire dalla mera constatazione che il legislatore, enunciando due distinte e diverse situazioni tipologiche di intervento, ha concesso due distinti bonus, del 20% per ampliare e del 35% per demolire/ricostruire, non si può – senza cadere in insanabile contraddizione – pervenire alla tesi secondo la quale è indifferente asservire tali surplus volumetrici agli obiettivi di un ampliamento o di una demolizione/ricostruzione).

  • No, se gli edifici preesistenti si qualificano come un'unica unità immobiliare funzionalmente autonoma. Opinare diversamente, infatti, equivarrebbe a sostenere che un medesimo edificio sia assoggettabile, contemporaneamente, sia all’ampliamento di cui all’art. 4 che alla demolizione e ricostruzione di cui all’art.5 … … .




Quanto, infine, alla domanda “è possibile fruire dei due ampliamenti per lo stesso permesso di costruire?”, le rispondo così:

a)   mi par di capire che con questa domanda lei intenda chiedermi se – per assentire all’esecuzione di interventi tipologicamente diversi (come un ampliamento e una demolizione/ricostruzione) o tipologicamente uguali ma plurimi (come l’ampliamento di un edificio “A” e l’ampliamento di un edificio “B”) – si possa procedere rilasciando un unico permesso di costruire;

b)    se è questo il senso della domanda le rispondo: SI (perché non c’è alcun limite alla quantità di interventi eseguibili con un determinato “titolo edilizio”).

c)    se non è questo il senso della domanda le rispondo: Non ho capito la domanda …


Cordiali saluti,
                                                                                          geom. Bottone Marcellino


Piedimonte Matese, lì 2/10/2013