domenica 21 luglio 2013

GLI EDIFICI RESIDENZIALI E GLI EDIFICI NON RESIDENZIALI DEL PIANO CASA CAMPANIA : ESSERE E NON ESSERE.

QUESITO

In un edificio del quale
1 liv.: autorimessa
2. liv.: commerciale
3/4/5 livv: abitazioni
ho chiesto il permesso di costruire finalizzato a cambiare la destinazione d'uso del primo livello (seminterrato) da autorimessa a commerciale, assumendo applicabile l'art. 4 comma 7 del piano casa. Ho ritenuto cioè che, trattandosi di un edificio a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale non prevalenti (<55%), l'edificio ricada nel novero di quelli "non residenziali" per esclusione (come dire, se non è zuppa è pane bagnato) e come tale suscettibile di applicazione del citato comma 7.
La domanda non è stata accolta, ritenendo il resp. dell'ufficio che la presenza di volumi ad uso abitativo - anche al disotto della misura del 55% - comporta tout court che l'edificio non si possa considerare "non residenziale" e che sia quindi fuori della portata applicativa del ripetuto comma 7.
La domanda di fondo, allora potrebbe essere la seguente: un edificio a destinazione mista nel quale la volumetria residenziale è minore del 55% - per gli effetti del piano casa campania, è un edificio non residenziale ex comma 7 o no?
cordialità
ing. ………………..



Spett.le Ing. ……………,
attenendomi (non posso fare altro) letteralmente a quanto mi riferisce, e premesso che la mia opinione generale è che il Piano Casa Campania sia equivalente ad un foresta di affermazioni contorte e contraddittorie, per di più disseminata di trappole di insignificanze e sabbie mobili di non-sense, dalla quale – forse – si guadagna l’uscita (ma non la salvezza) talvolta ragionando e deducendo per via logico/giuridica ed altre volte grazie alle intuizioni della follia, le mie considerazioni sul caso che mi sottopone sono le seguenti:


1. IL GLOSSARIO DEL PIANO CASA CAMPANIA
Per orientarci verso una interpretazione plausibile del Piano Casa Campania, dobbiamo innanzi tutto rinvenire gli argini del discorso e del linguaggio che, altrimenti, procederebbe senza redini abbeverandosi a qualsiasi fonte.
Rispetto al tema da sceverare, quindi, si deve almeno convenire che per un approccio interpretativo fondato dobbiamo contenere le nostre “intuizioni” e/o “obiezioni” nei limiti enunciativi delle seguenti norme del


Testo vigente della Legge Regionale n. 19 del 28 dicembre 2009.
“Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio
esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione
amministrativa”.

Art. 1
Obiettivi della legge
1. La presente legge è finalizzata:
a) al contrasto della crisi economica e alla tutela dei livelli occupazionali, attraverso il rilancio delle attività edilizie nel rispetto degli indirizzi di cui alla legge regionale 13 ottobre 2008, n.13 (Piano territoriale regionale), e al miglioramento della qualità urbana ed edilizia utilizzando criteri di sostenibilità nella progettazione con particolare riferimento alle tecnologie passive ed ecosostenibili (1);
b) a favorire l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili, al miglioramento strutturale del patrimonio edilizio esistente e del suo sviluppo funzionale nonché alla prevenzione del rischio sismico e idrogeologico (2);
c) a incrementare, in risposta anche ai bisogni abitativi delle famiglie in condizioni di particolare disagio economico e sociale, il patrimonio di edilizia residenziale pubblica e privata anche attraverso la riqualificazione di aree urbane degradate o esposte a particolari rischi ambientali e sociali assicurando le condizioni di salvaguardia del patrimonio storico, artistico, paesaggistico e culturale;
d) abrogata (3).
2. A questi fini sono disciplinati interventi di incremento volumetrico e di superfici coperte entro i limiti di cui agli articoli successivi e interventi di riqualificazione delle aree urbane degradate di cui all’articolo 7, da attuare con procedure amministrative semplificate e sempre nel rispetto della salute, dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro.
(1) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(2) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(3) Lettera abrogata dall'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.



Art. 2
Definizioni
1. Ai fini della presente legge si fa riferimento alle seguenti definizioni:
a) per aree urbane degradate si intendono quelle compromesse, abbandonate, a basso livello di naturalità, dismesse o improduttive in ambiti urbani ed in territori marginali e periferici in coerenza al Piano territoriale regionale (PTR) di cui alla legge regionale 13/2008;
b) per edifici residenziali si intendono gli edifici con destinazione d’uso residenziale prevalente nonché gli edifici rurali, ubicati fuori dalle zone classificate agricole, anche se destinati parzialmente ad uso abitativo (1);
c) la prevalenza dell’uso residenziale è determinata nella misura minima del cinquantacinque per cento del volume esistente dell’intero edificio; la prevalenza dell’uso residenziale fuori dall’ambito delle zone agricole e produttive è determinata nella misura minima del settanta per cento dell’utilizzo dell’intero edificio (2);
d) per superficie lorda dell’unità immobiliare si intende la somma delle superfici delimitate dal perimetro esterno di ciascuna unità il cui volume, fuori terra, abbia un’altezza media interna netta non inferiore a metri 2,40;
e) per volumetria esistente si intende la volumetria lorda già edificata o in corso di edificazione, o ultimata ma non ancora dotata di certificato di agibilità, o edificabile ai sensi della normativa vigente (3);
f) la volumetria lorda da assentire non comprende i volumi tecnici, i collegamenti verticali (vani scale, vani ascensori) ed altri spazi comuni, necessari a garantire il risparmio energetico e le innovazioni tecnologiche in edilizia (4);
g) per aree urbanizzate si intendono quelle dotate di opere di urbanizzazione primaria comprese le fognature di tipo statico regolarmente assentite e per le quali vi è la previsione da parte del comune nel piano triennale delle opere pubbliche (5).
h) per distanze minime e altezze massime dei fabbricati si intendono quelle previste dagli strumenti urbanistici generali o, in assenza, quelle definite dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n.765)(6).
(1) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera d), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(2) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera e), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(3) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera f), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(4) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera g), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(5) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera h), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(6) Lettera dapprima abrogata dall'articolo 1, comma 1, lettera i), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1 in seguito il comma 11, dell'articolo 52, della legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 ha contestualmente previsto il ripristino della presente lettera nella sua originaria previsione e l'abrogazione della succitata lettera i).



Art. 3
Casi di esclusione
1. Gli interventi edilizi di cui agli articoli 4, 5, 6-bis e 7 non possono essere realizzati su edifici che al momento delle presentazione della Denuncia di inizio di attività di edilizia (DIA) o della richiesta del permesso a costruire risultano:
a) realizzati in assenza o in difformità al titolo abilitativo per i quali non sia stata rilasciata concessione in sanatoria;
b) collocati all’interno di zone territoriali omogenee di cui alla lettera A) dell’articolo 2 del decreto ministeriale n.1444/1968 o ad esse assimilabili così come individuate dagli strumenti urbanistici comunali, ad eccezione degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni qualora non rientrino in altri casi di esclusione ai sensi del presente articolo (3);
c) definiti di valore storico, culturale ed architettonico dalla normativa vigente, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n.137), dagli atti di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici comunali e con vincolo di inedificabilità assoluta (4);
d) collocati nelle aree di inedificabilità assoluta ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004, e nelle aree sottoposte a vincoli imposti a difesa delle coste marine, lacuali, fluviali secondo le disposizioni dell’articolo 142 del medesimo decreto legislativo, a tutela ed interesse della difesa militare e della sicurezza interna (5);
e) collocati in territori di riserve naturali o di parchi nazionali o regionali, nelle zone A e B, oltre i limiti imposti dalla legislazione vigente per dette aree sono fatti salvi per le zone B quelli previsti all’articolo 4 (6);
f) collocati all’interno di aree dichiarate a pericolosità o rischio idraulico elevato o molto elevato, o a pericolosità geomorfologica elevata o molto elevata, dai piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n.183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), o dalle indagini geologiche allegate agli strumenti di pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio o agli strumenti urbanistici generali dei comuni (7);
g) collocati all’interno della zona rossa di cui alla legge regionale 10 dicembre 2003, n.21 (Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell’area Vesuviana).
2. Oltre che nei casi di cui al comma 1, le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 7 non si applicano nelle Aree di sviluppo industriale (ASI), nei Piani di insediamenti produttivi (PIP) e nelle zone agricole che non siano urbanizzate (8).
(1) Alinea così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(2) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera n), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(3) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera o), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(4) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera p), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(5) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera q), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(6) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(7) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera s), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(8) Comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera t), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.



Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto (1).
2. L’ampliamento di cui al comma 1 è consentito:
a) su edifici residenziali come definiti all’articolo 2, comma 1, la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con quello abitativo (2);
b) per interventi che non modificano la destinazione d’uso degli edifici interessati, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b);
c) su edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968 (3);
d) su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata;
e) su edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico;
f) su edifici esistenti ubicati nelle aree sottoposte alla disposizioni di cui all’articolo 338, comma 7, del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) e successive modifiche, nei limiti di tale disciplina (4);
g) su edifici regolarmente autorizzati ma non ancora ultimati alla data di entrata in vigore della presente legge (5);
3. Per gli edifici a prevalente destinazione residenziale, nel rispetto delle prescrizioni obbligatorie di cui al comma 4, è consentita, in alternativa all’ampliamento della volumetria esistente, la modifica di destinazione d’uso da volumetria esistente non residenziale a volumetria residenziale per una quantità massima del venti per cento (6).
4. Per la realizzazione dell’ampliamento sono obbligatori:
a) l’utilizzo di tecniche costruttive, con criteri di sostenibilità e utilizzo di materiale eco-compatibile, che garantiscano prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei parametri stabiliti dagli atti di indirizzo regionali e dalla vigente normativa. L’utilizzo delle tecniche costruttive ed il rispetto degli indici di prestazione energetica fissati dalla Giunta regionale sono certificati dal direttore dei lavori con la comunicazione di ultimazione dei lavori. Gli interventi devono essere realizzati da una ditta con iscrizione anche alla Cassa edile comprovata da un regolare Documento unico di regolarità contributiva (DURC). In mancanza di detti requisiti non è certificata l’agibilità, ai sensi dell’articolo 25(R) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia -Testo A), dell’intervento realizzato (7);
b) la conformità alle norme sulle costruzioni in zona sismica;
c) abrogata (8).
5. Per gli edifici e loro frazionamento, sui quali sia stato realizzato l’ampliamento ai sensi della presente legge, non può essere modificata la destinazione d’uso se non siano decorsi almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori (9).
6. L’ampliamento non può essere realizzato su edifici residenziali privi del relativo accatastamento ovvero per i quali al momento della richiesta dell’ampliamento non sia in corso la procedura di accatastamento.
L’ampliamento non può essere realizzato, altresì, in aree individuate, dai comuni provvisti di strumenti urbanistici generali vigenti, con provvedimento di consiglio comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. E’ consentito su edifici non residenziali regolarmente assentiti, destinati ad attività produttive, commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi restando i casi di esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la realizzazione di opere interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti nell’ambito dell’attività autorizzata, per la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture esistenti, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. I medesimi interventi possono attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi una superficie non superiore a cinquecento metri quadrati, non devono in alcun modo incidere sulla sagoma e sui prospetti dell’edificio, né costituire unità immobiliari successivamente frazionabili (10).
(1) Comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera v), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(2) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera z), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(3) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera aa), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(4) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera bb), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(5) Lettera aggiunta dall'articolo 1, comma 1, lettera cc), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(6) Comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera dd), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(7) Lettera così sostituita dall'articolo 1, comma 1, lettera ee), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(8) Lettera abrogata dall'articolo 1, comma 1, lettera ff), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(9) Comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera gg), della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.
(10) Comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera hh),della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1.



Le ragioni per le quali individuo “argini” nelle richiamate norme mi sembrano ovvie, ma – per dovere motivazionale – le riassumo come segue:
quanto all’art. 4 = perché si ricerca l’esatta interpretazione del suo comma 7;
quanto all’art. 3 = perché indica i casi in cui non è applicabile l’art. 4, comma 7;
quanto all’art. 2 = perché definisce i termini per interpretare (anche) l’art.4, comma 7;
quanto all’art. 1 = perché, quando più interpretazioni dell’art.4, comma 7 sono possibili, si può uscire dall’impasse solo prediligendo quella che realizza le finalità della legge;



2. IL GLOSSARIO DEL COMUNE
Attenendomi letteralmente al testo del quesito, viene in rilievo l’assoluta mancanza di enunciazioni motivazionali poste a suffragio della seguente tesi:

“In un edificio del quale
1 liv.: autorimessa
2. liv.: commerciale
3/4/5 livv: abitazioni”

e cioè

“a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale non prevalenti (<55%)”

l’applicabilità dell’art.4, comma 7, del Piano Casa Campania è inibita dalla

“presenza di volumi ad uso abitativo - anche al disotto della misura del 55% - (perché) comporta tout court che l'edificio non si possa considerare "non residenziale" e che sia quindi
fuori della portata applicativa del ripetuto comma 7.”

Tesi intrinsecamente contraddittoria ed inequivocabilmente dedotta in base ad un glossario - utilizzato dall’interprete comunale – non conforme a quello definito dal Legislatore Campano.
Infatti:

» se, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) del Piano Casa è stabilito che “per edifici residenziali si intendono gli edifici con destinazione d’uso residenziale prevalente nonché gli edifici rurali, ubicati fuori dalle zone classificate agricole, anche se destinati parzialmente ad uso abitativo;”

» e se, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) del Piano Casa è stabilito che “la prevalenza dell’uso residenziale è determinata nella misura minima del cinquantacinque per cento del volume esistente dell’intero edificio;”

» se ne deve inoppugnabilmente dedurre la conseguenza che “per edifici residenziali non si intendono gli edifici con destinazione d’uso residenziale non prevalente”, e cioè gli edifici in cui “l’uso residenziale – non raggiungendo la misura minima del cinquantacinque per cento del volume esistente dell’intero edificio - non è prevalente “.

Sotto questo profilo, dunque, la tesi Comunale mi pare incongrua e incapace di sostenere seriamente un dibattito anche eminentemente logico:

se l’art. 2 del Piano Casa formula la definizione di “edifici residenziali” cui far “riferimento” ai “fini della presente legge”, è una mera ovvietà o implicazione (insomma non meritevole di essere ulteriormente specificato) dedurre che per il Legislatore Campano l’attributo di “edifici non residenziali” definisca (al contrario di quanto sostenuto dal comune) proprio quegli edifici “a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale non prevalenti (<55%)”, e per questa ragione è totalmente incongruo sostenere che la “presenza di volumi ad uso abitativo - anche al disotto della misura del 55% - comporta tout court che l'edificio non si possa considerare "non residenziale".




3. L’ART. 4, COMMA 7, E GLI EDIFICI NON RESIDENZIALI
Sempre attenendomi letteralmente al testo del quesito, viene in rilievo l’assoluta mancanza di enunciazioni motivazionali poste a suffragio della seguente tesi:
… un edificio … a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale non prevalenti (<55%) … ”, cioè un edificio con “presenza di volumi ad uso abitativo - anche al disotto della misura del 55% - comporta tout court che … non si possa considerare "non residenziale" e che sia quindi fuori della portata applicativa del ripetuto comma 7.”

Secondo l’interprete comunale, in pratica, “… un edificio … a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale non prevalenti (<55%) … ”:

Tesi comunale
Obiezioni

CERTAMENTE NON E’ UN EDIFICIO
RESIDENZIALE, IN QUANTO PRESENTA
volumi ad uso residenziale non prevalenti
(<55%)

Dunque dovremmo dedurre che un simile edificio debba essere definito “non residenziale”

PERO’ NON SI PUO’ NEANCHE considerare
"non residenziale"

Ma se un simile edificio (per la presenza di volumi abitativi in misura inferiore al 55%) non è residenziale e, allo stesso tempo, non si può (per chissà quale ragione) considerare “non residenziale”, che diavolo di edificio è?

ED E’ UN EDIFICIO CHE PER LA presenza
di volumi ad uso abitativo E’ ANCHE fuori
della portata applicativa del ripetuto comma
7

Eh no ! Questo è troppo. Qui si compie un salto logico inaccettabile, perché l’esclusione dall’applicazione dell’art. 4 comma 7 si fa dipendere da una circostanza (la presenza di volumi abitativi) utile a definire il carattere “residenziale” che supporta l’applicabilità delle facoltà derogatorie dell’art. 4 comma 1, non certo del comma 7.




A questa sequenza evidentemente incongrua di affermazioni negative va, invece, opposta una sequenza argomentativa più stringente :

» all’”Art. 1” della LRC 19/2009 e s.m.i. il Legislatore Campano ha indicato chiaramente che tra gli “Obiettivi della legge” deve includersi – oltre all’incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e privata – anche e soprattutto il “contrasto della crisi economica e alla tutela dei livelli occupazionali, attraverso il rilancio delle attività edilizie nel rispetto degli indirizzi di cui alla legge regionale 13 ottobre 2008, n.13 (Piano territoriale regionale), e al miglioramento della qualità urbana ed edilizia utilizzando criteri di sostenibilità nella progettazione con particolare riferimento alle tecnologie passive ed ecosostenibili”;

» posto, dunque, che la LRC 19/2009 e s.m.i. si applica sia agli edifici residenziali che agli edifici non residenziali, il Legislatore Campano – dimostrandosi consapevole dell’esistenza di una estrema eterogeneità e commistione di funzioni nel patrimonio edilizio che forma il tessuto urbano – ha stabilito, all’”Art. 2” del Piano Casa, in che misura una funzione dovesse risultare “prevalente” sulle altre al fine di caratterizzare con il proprio segno la complessità funzionale di un intero edificio, essendo ciò fondamentale per consentire l’accesso alle diverse e differenziate misure “derogatorie” che il Piano Casa ha riservato all’edilizia residenziale e all’edilizia non residenziale;

» in tal senso, il criterio distintivo formulato dal Legislatore deve individuarsi nell’”Art. 2 – Definizioni“, comma b) e c), ove è stabilito che l’attributo di “edificio residenziale” ricorre quando – fatto 100 il volume di un edificio a destinazione mista – all’uso residenziale sia destinato almeno un misura di 55, dovendosi altrimenti ritenere che, in una situazione diversa da quella così definita, si è in presenza di un “edificio non residenziale”;

» la tesi comunale, secondo la quale le facoltà del Piano Casa enunciate all’art. 4 comma 7 non si applicano agli edifici a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale, non solo è priva di sostegni argomentativi logico/giuridici ed enunciata con formula contraddittoria, ma collide con le osservazioni appena esposte e con le seguenti circostanze fattuali:

a)   che gli edifici a destinazione mista con incidenza della funzione residenziale pari o superiore al 55% del volume siano da catalogarsi come “edifici residenziali” discende dall’inequivoca definizione dell’art. 2 della LRC 19/09 e s.m.i. ;
b)   che gli edifici a destinazione mista con incidenza della funzione residenziale inferiore al 55% del volume siano da catalogarsi come “edifici non residenziali” discende dalla medesima definizione dell’art. 2 della LRC 19/09 e s.m.i. perchè, definendo in positivo i limiti di un attributo definisce, contemporaneamente, anche in negativo i limiti del medesimo attributo (un edificio misto è residenziale se/non è residenziale se);
c)      che l’uso di tale formulazione espressiva adottata dal Legislatore non solo è metodologicamente corretta (aggiungere all’articolato dell’art. 2 che gli edifici misti in condizioni diverse da quelle definite erano da considerarsi edifici non residenzialisarebbe stata una inutile ridondanza), ma frutto di una precisa scelta lessicale, visto che l’incipit dell’art. 4, comma 7 , “E’ consentito su edifici non residenziali” si muove coerentemente nello stesso segno. Infatti, se la norma avesse voluto escludere dal proprio campo d’azione gli edifici misti con presenza di volumi ad uso abitativo avrebbe enunciato direttamente “E’ consentito su edifici destinati ad attività produttive, commerciali, turistico-ricettive e di servizi”;
d)   che le facoltà di cui all’art. 4 comma 7 del Piano Casa si applichino anche agli edifici misti con presenza di volumi ad uso abitativo è una conclusione cui si dovrebbe accedere, in definitiva, riconoscendone anche una logica implicita: se le facoltà del Piano Casa dovessero applicarsi solo agli edifici “monofunzionali” dovremmo escludere – al contrario di quanto enunciato dal Legislatore Campano all’Art. 1 - Obiettivi della  legge” - praticamente quasi tutta la miscellanea del costruito;
e)   che argomentare nel segno proposto dall’interprete comunale, e cioè dedurre l’inapplicabilità dell’art. 4. comma 7 del Piano Casa agli edifici a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale:

» non in base alla individuazione della definizione di “edifici non residenziali” cui si riferisce l’art. 4. comma 7;

» non in base alla individuazione della definizione di “edifici non residenziali” che si ritrae dall’art. 2. comma b) e c);

» e nemmeno in base alla individuazione di un criterio/definizione di “edifici non residenziali” reperibile in altra fonte dell’articolato del medesimo Piano Casa o di altra legge e regolamentazione generale;

» e quindi assumendo in termini apodittici che il Piano Casa Campania non si applica agli edifici a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale non prevalenti (<55%) ma solo agli edifici a destinazione "mista" con i volumi ad uso residenziale prevalenti (>55%);

EQUIVALE A SOSTENERE NON SOLO UNA TESI IMMOTIVATA E – PER TALE RAGIONE – INACCETTABILE, MA ANCHE CONNOTATA DALLA MANCATA ILLUSTRAZIONE DEI REQUISITI MOTIVAZIONALI MINIMI IN BASE AI QUALI DOVREMMO RITENERE CHE IL LEGISLATORE ABBIA INTESO ESTENDERE LE FACOLTA’ DEROGATORIE DEL PIANO CASA:

» agli edifici TOTALMENTE RESIDENZIALI;
» agli edifici TOTALMENTE NON RESIDENZIALI;
» agli edifici MISTI CON FUNZIONE RESIDENZIALE >55%

E NON ANCHE

» agli edifici MISTI CON FUNZIONE RESIDENZIALE <55%



Questo è il mio pensiero.
E per piccolo che sia, mi pare logico, coerente, funzionale.

Cordiali saluti e … … Buon lavoro.
Piedimonte Matese - 3 luglio 2013

Geom. Bottone Marcellino

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