Spett.le Sig. Rossi,
premesso
che la formulazione del quesito non è del tutto chiara e che – comunque - la
possibilità di fornirLe consigli non potrà mai raggiungere i dettagli che
spera, provo a rispondere al suo “help me!” lanciando il seguente salvagente.
QUESITO
Non
so se ho “centrato” il suo problema e, dunque, mi pare opportuno riferirLe che
ragionerò assumendo di aver capito quanto segue:
- Lei è
proprietario di un immobile - destinato ad attività produttive e deposito
attrezzi agricoli - costruito in conformità a Permesso di costruire
rilasciato nel 2004;
- la
destinazione di tale immobile segue la destinazione “E – Agricola”
impressa al fondo dal Programma di Fabbricazione vigente nel 2004;
- allo stato, pur vigendo il medesimo strumento urbanistico,
è sopraggiunta la disciplina dell’art. 44, comma 4-bis , della LRC 16 del
12/12/2004 e s.m.i. , secondo il quale “Nei comuni nei quali
è ancora in vigore il programma di fabbricazione nelle zone agricole si
applicano fino alla definitiva approvazione ed entrata in vigore del Puc,
i limiti di edificabilità previsti dal DPR n.380/2001, prevalenti su ogni
diversa disposizione contenuta nel citato strumento urbanistico generale” (comma aggiunto dall'art. 2, comma 1,
lettera l) della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1) e
lei intende avvalersene per poter ri-destinare l’immobile ad usi
produttivi diversi da quelli autorizzati
nel 2004;
- a tale iniziativa, però, si oppone il Comune (per
ragioni che ignoro) .
RISPOSTA
A
partire da queste specifiche premesse e assumendo che Lei terrà sempre conto
del fatto che ogni considerazione che le sottopongo segue una lunga introduzione
di distinguo e precisazioni implicite che ometto perché incombono l’esigenza di
spiagge assolate, battute collinari a sfidare la gravità con la bici, sagre e
altre amenità distensive di cui fra un mese piangeremo il ricordo dentro
cappotti sventolanti, ecc…, passo a sintetizzare il frutto di una spremuta di
meningi nelle seguenti proposizioni:
1. I TERMINI
DELLA VEXATA QUAESTIO
E’
evidente che una discussione o confronto di idee è possibile se si stabilisce o
conviene sull’uso di un medesimo linguaggio. E allora, per ridurre al minimo
gli errori deduttivi conseguenti ad una indifferente assegnazione di senso,
suggerisco di condividere che ai seguenti termini o proposizioni si assegna il
relativo significato:
a)
DISCIPLINA URBANISTICA VIGENTE SUL FONDO AL
MOMENTO DELL’EDIFICAZIONE :
il fondo, al momento dell’edificazione,
ricadeva in zona “E-Agricola” del Programma di Fabbricazione e l’immobile
costruito – in aderenza alla disciplina urbanistica prevista per la zona “E”
dal citato strumento di pianificazione – ebbe impressa la destinazione d’uso “produttiva”
a servizio delle attività agricole;
b)
DISCIPLINA URBANISTICA SOPRAVVENUTA ALL’EDIFICAZIONE
DEL FONDO:
pur in vigenza del medesimo Programma di
Fabbricazione del 2004, per effetto della
nuova disciplina introdotta dalla L.R.C. N.16/04 e s.m.i., nel 2013 il fondo
edificato non solo non ricade più in zona “E” ma – come enuncia inequivocabilmente
il titolo dell’art. 9 del DPR 380/01 e s.m.i. - non ricade neanche più in
un’area sottoposta a strumento urbanistico:
Art.
9 (L)
Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica
(legge n. 10 del 1977, art. 4, u.c.; legge n. 457 del 1978, art. 27, ultimo comma)
Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica
(legge n. 10 del 1977, art. 4, u.c.; legge n. 457 del 1978, art. 27, ultimo comma)
1. Salvi i più restrittivi
limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal
decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti
urbanistici sono consentiti:
a) gli interventi previsti
dalle lettere a), b), e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino
singole unità immobiliari o parti di esse;
b) fuori dal perimetro dei
centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità
massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a
destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un
decimo dell'area di proprietà.
2. Nelle aree nelle quali non
siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli
strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli
interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di
cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico
che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi
interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e
modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il
titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a
cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale
mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione
concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui
alla sezione II del capo II del presente titolo.
c)
DISCIPLINA URBANISTICA VIGENTE NEL 2013 SUL
FONDO EDIFICATO:
in conseguenza delle norme sopraggiunte
dobbiamo, dunque, convenire che nella torrida estate agostana del 2013 il Sig. Rossi è proprietario di un fondo:
-
sul quale
insiste un immobile, regolarmente edificato, destinato ad attività “produttive”
agricole;
-
sul quale insiste
un immobile assoggettato alle limitazioni di cui all’art. 9 del dpr 38/01 (facoltà di eseguire:
“a) gli interventi previsti dalle lettere a),
b), e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità
immobiliari o parti di esse”), e cioè la facoltà di eseguire:
“a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano
le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli
edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti
tecnologici esistenti;
b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e
le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali
degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e
tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole
unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli
interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne
la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto
degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne
consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono
il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi
dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti
richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei
all'organismo edilizio;”.
d)
ALTRE NORME DI RIFERIMENTO:
A dire il vero, oltre alla disciplina
“ordinaria” di cui si è accennato alla precedente lett. c), il fondo edificato
del Sig. Rossi è potenzialmente destinatario anche di discipline – per
così dire – “straordinarie”, cioè applicabili al ricorrere di certe circostanze
di tempo, situazionali, ecc…, come quelle relative alle cosiddette ”zone
bianche”, per le quali riporto le parole del TAR Campania (NA), Sez. VII, n.2753, del 27
maggio 2013,
che si è così espresso:
“… Il regime in questione, per sua natura
transitorio, ha natura di mera salvaguardia in attesa della futura
pianificazione; a rigore, è privo del carattere di regolazione urbanistica in
quanto solo l’attività pianificatoria può plasmare l’assetto complessivo del
territorio: esso dà vita, pertanto, a una situazione peculiare in cui
l’immodificabilità parziale dello stato dei luoghi assume la funzione – lo si
ripete, interinale e cautelare come ogni misura di salvaguardia – di consentire
agli enti locali di riesaminare, senza il pregiudizio del fatto compiuto, tutti
gli interessi (dei quali sono i portatori istituzionali nella veste di enti
esponenziali delle comunità rappresentate), convergenti sul territorio.
La natura eccezionale e transeunte del regime
di edificabilità divisato dall’art. 9 cit., esalta il potere dovere delle
amministrazioni competenti di procedere tempestivamente alla pianificazione
anche dietro diffida del privato interessato; la limitata edificabilità
accordata dalla norma, infatti, non esime gli enti preposti dall’obbligo
giuridico di colmare la lacuna pianificatoria che determina anche
l’applicazione delle norme stesse; anzi, la sfasatura dei procedimenti di
rilascio dei titoli edilizi e di quelli pianificatori fa si che, a tutela della
proprietà e del diritto di impresa, sia possibile esercitare alternativamente
sia la richiesta di sfruttamento delle limitate capacità edificatorie dei
lotti, sia quella di nuova pianificazione delle aree interessate.
La norma in esame appresta, dunque, una sorte
di valvola di sfogo che concorre a giustificare la previsione, in favore degli
enti preposti, di uno spatium deliberandi entro il quale assumere le
valutazioni urbanistiche generali.
La doverosa pianificazione non richiede
l’iniziativa di parte, essendo riconducibile al novero degli adempimenti
officiosi che rispondono prioritariamente al pubblico e generale interesse alla
definizione di un razionale ed ordinato assetto del territorio che tenga conto
ed assicuri la salvaguardia dei valori culturali, urbanistici, ed ambientali
ivi esistenti.
Logici corollari delle su esposte premesse
teoriche sono:
a) che l’amministrazione è tenuta, a prescindere
dall’impulso di parte privata, ad iniziare il procedimento finalizzato alla
riqualificazione dell’area mediante una specifica ed appropriata destinazione
urbanistica (cfr. Cons. St., sez. IV, 28 dicembre 2007, n. 6741; sez. IV, 11
ottobre 2007, n. 5355);
b) che il protrarsi nel tempo di una abnorme
situazione di incertezza sulla sorte della utilizzabilità dell’area, può
condurre, nel concorso di tutti i presupposti legali, alla configurazione di
una violazione dei doveri di correttezza e buona fede con conseguente tutela
risarcitoria (cfr. Cass., civ., sez. I, 26 settembre 2003, n. 14333);
c) che l’obbligo di procedere alla nuova
pianificazione non sorge, neppure dietro diffida del privato, ove le norme
tecniche di attuazione del p.r.g., ab imis, disciplinino espressamente le
conseguenze dell’inefficacia dei vincoli, assegnando alle aree interessate una
specifica destinazione urbanistica (cfr. Cons. St., sez. IV, 23 settembre 2004,
n. 6212).
… …
Orbene, e per concludere sul punto, il t.u.
edilizia:
“a) ha riprodotto l’essenza delle disposizioni
ante vigenti relative alla disciplina edilizia nelle c.d. “zone bianche”;
b) ha rispettato la natura di principio
fondamentale della legislazione statale, in parte qua, accentuando i profili di
tutela di alcuni valori costituzionali ritenuti preminenti, in coerenza con
l’evoluzione della scienza urbanistica, della legislazione nazionale e del
diritto internazionale ivi incluso quello comunitario;
c) ha sciolto i principali dubbi esegetici che
si erano affacciati nella prassi, mantenendosi all’interno di quelle erano
state le soluzioni prospettate, senza crearne di nuove ed eccentriche”
(sentenza Consiglio Stato sez. IV, n. 1466 del 26 gennaio 2010).
e come quelle relative al cosiddetto
Piano Casa Campania di cui alla L.R. 19 del 28 dicembre 2009 e s.m.i. , che
all’art. 12, comma 5, prevede espressamente :
Nei comuni sprovvisti di
strumenti urbanistici, per la realizzazione degli interventi previsti dalla
presente legge, si applicano le disposizioni del decreto ministeriale n.1444/68
e dell’articolo 9 del DPR n.380/2001.
2. POSSIBILI
SOLUZIONI
Chiariti
i limiti “ATTUALI” entro i quali collocare il problema riassunto nel quesito, è
possibile individuare almeno tre direttrici percorribili dal Sig. Rossi:
2.1
APPLICAZIONE DEI LIMITI DI
CUI ALL’ART. 9, comma 1, Lett. A), DEL DPR 380/01 e s.m.i.
Essendo “principio consolidato che la domanda
edificatoria deve essere valutata alla stregua della normativa vigente al
momento in cui l’amministrazione provvede su di essa” (cosi si è ripetutamente espresso il giudice
amministrativo), per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi
diversi da quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Del Vecchio potrà sottoporre
all’Amministrazione Comunale un progetto che – nel rispetto delle limitazioni di cui all’art. 9 , comma
1, lett. a) del dpr 38/01 – preveda l’esecuzione di lavori rientranti nella
seguente tipologia individuata all’art. 3 del medesimo dpr 380/01:
“c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi
edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la
funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli
elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano
destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il
consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi
dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti
richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei
all'organismo edilizio;”.
In virtù di tale disciplina, infatti, non è vietato imprimere
all’immobile costruito nel 2004 un uso diverso ma solo un uso “non
compatibile”. Operandosi, pertanto, su un edificio “produttivo”, la sua
destinazione d’uso in edificio parimenti collocabile nella tipologia degli
edifici “produttivi” non costituisce una “modifica di destinazione” ma una mera
diversificazione nell’uso di fatto (tanto per dire: un immobile destinato alla produzione di
pomodori San Marzano non subisce un mutamento di destinazione d’uso quanto
viene destinato alla produzione di carciofini sott’olio, ecc…. In ogni caso,
posto che ai sensi dell’art. 5 del D.M. 2/4/1968 N. 1444 la qualificazione di
insediamenti “produttivi” assomma sia gli insediamenti “di carattere
industriale o ad essi assimilabili” che gli insediamenti “di carattere
commerciale e direzionale”, può essere di aiuto, per i più restii, ricordare cosa ne
pensava il Legislatore Campano prima di giungere alla LRC 16/04:
Regione Campania - Legge Regionale 6 maggio 1975, n. 26 – “Norme da osservare nei comuni sforniti di
strumenti urbanistici” - Pubblicato su BURC, n. 20 del 07/05/1975
Art.
1 - Nel territorio di tutti i comuni della Regione Campania, che siano tuttora
sforniti di piani regolatori o di programmi di fabbricazione debitamente
approvati, continuano ad applicarsi le limitazioni all' attività edilizia di
cui all' articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 .
Art.
2 - Ai fini dell' applicazione del 3º comma dell' articolo 17 della legge
6 agosto 1967, n. 765 , nel territorio dei comuni sforniti di piani
regolatori o di programmi di fabbricazione debitamente approvati, si
considerano edifici produttivi le costruzioni e in genere i manufatti fissati
stabilmente al suolo che siano destinati, esclusivamente o in proporzione non
inferiore ai quattro quinti del volume occupato, a laboratori o ad officine di
carattere industriale o artigiano, o ad aziende agricole; ovvero che, anche al
di fuori di detta ipotesi, siano comunque destinati esclusivamente o in
proporzione di almeno quattro quinti del volume occupato:
a)
all' installazione
o al deposito di attrezzature o macchinari per la estrazione, il trattamento o
il trasporto di acque o di sostanze naturali, per la produzione o distribuzione
di energia, per la trasformazione o la lavorazione di prodotti;
b)
alla conservazione
o al deposito di materie prime, di prodotti semilavorati e di scorte;
c)
al magazzinaggio e
all' imballaggio di merci, o a mercati all' ingrosso;
d)
al ricovero di
automezzi adibiti al trasporto di prodotti industriali o agricoli;
e)
ad impianti di
ricerca scientifica;
f)
ad altre funzioni
strettamente affini o accessorie a quelle sopra indicate, con esclusione però
di qualsiasi utilizzazione abitativa dell' edificio, anche a carattere temporaneo,
salvo che si tratti di alloggi di custodia o di servizio, e sempre che le
funzioni stesse non abbiano carattere di complementarietà ad insediamenti
abitati.
2.2
APPLICAZIONE DEL REGIME
DEROGATORIO DI CUI ALL’ART. 4, comma 7, DELLA LRC 19/09 e s.m.i.
Ove dovesse (in modo altrettanto argomentato e motivato) ritenersi non perseguibile la strada
ordinaria di cui al precedente punto 2.1, è indubbio che:
» ricadendo, l’immobile edificato nel 2004,
inoppugnabilmente in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
» essendo inoppugnabilmente sancito
dall’art. 12, comma 5, che le facoltà derogatorie della LRC 19/09 si applicano
anche agli immobili ricadenti in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e
s.m.i.;
» ed essendo inoppugnabilmente previsto
all’art. 4, comma 7, della LRC 19/09 e s.m.i. che : “E’
consentito su edifici non residenziali regolarmente assentiti, destinati ad
attività produttive, commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi
restando i casi di esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la
realizzazione di opere interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti
nell’ambito dell’attività autorizzata, per la riqualificazione e l’adeguamento
delle strutture esistenti, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, in
deroga agli strumenti urbanistici vigenti. I medesimi interventi possono
attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi una superficie non superiore a
cinquecento metri quadrati, non devono in alcun modo incidere sulla sagoma e
sui prospetti dell’edificio, né costituire unità immobiliari successivamente
frazionabili”;
» dunque la conseguenza è ovvia: per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da
quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Rossi potrà sottoporre
all’Amministrazione Comunale un progetto da approvarsi in regime derogatorio
“straordinario”.
2.3
APPLICAZIONE DEI PRINCIPI E
DEGLI OBBLIGHI GENERALI IN CAPO ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
Mi si consenta, su questo aspetto
residuale (non per importanza ma
perché opzione connotata da argomentazioni giuridiche che meritano di essere
trattate su un piano e con una prospettiva meno operativa) di rinviare semplicemente ai brani del
giudice amministrativo sopra riportati, segnalando che – ove dovessero ritenersi
non perseguibili la strada ordinaria di cui al precedente punto 2.1 e quella
straordinaria di cui al precedente punto 2.2, è indubbio che:
» ricadendo, l’immobile edificato nel 2004,
inoppugnabilmente in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
» e sussistendo l’obbligo generale della
Pubblica Amministrazione di provvedere alla Pianificazione delle aree
assoggettate alle limitazioni dell’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
» la conseguenza è ovvia: per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da
quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Rossi potrà sottoporre
all’Amministrazione Comunale l’istanza per attribuire – all’area ed
all’immobile edificati – una nuova ed appropriata destinazione urbanistica.
2. … e in
conclusione …
Spett.le Sig. Rossi, ho sentito che gridava “help me!” … …
… e mi sono
scapicollato per lanciarle questo salvagente …. …
Mi dica che ho
fatto in tempo … … .
Piedimonte
Matese 8/8/2013
Geom. Bottone Marcellino
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