venerdì 9 agosto 2013

GLI EDIFICI PRODUTTIVI REGOLARMENTE EDIFICATI SU FONDI SUCCESSIVAMENTE SOTTOPOSTI ALLE LIMITAZIONI DELL’ART. 9 DEL DPR 380/01 e s.m.i. (… salviamo il Sig. Rossi )

Spett.le Sig. Rossi,

premesso che la formulazione del quesito non è del tutto chiara e che – comunque - la possibilità di fornirLe consigli non potrà mai raggiungere i dettagli che spera, provo a rispondere al suo “help me!” lanciando il seguente salvagente.



QUESITO

Non so se ho “centrato” il suo problema e, dunque, mi pare opportuno riferirLe che ragionerò assumendo di aver capito quanto segue:

  1. Lei è proprietario di un immobile - destinato ad attività produttive e deposito attrezzi agricoli - costruito in conformità a Permesso di costruire rilasciato nel 2004;

  1. la destinazione di tale immobile segue la destinazione “E – Agricola” impressa al fondo dal Programma di Fabbricazione vigente nel 2004;

  1. allo stato, pur vigendo il medesimo strumento urbanistico, è sopraggiunta la disciplina dell’art. 44, comma 4-bis , della LRC 16 del 12/12/2004 e s.m.i. , secondo il quale “Nei comuni nei quali è ancora in vigore il programma di fabbricazione nelle zone agricole si applicano fino alla definitiva approvazione ed entrata in vigore del Puc, i limiti di edificabilità previsti dal DPR n.380/2001, prevalenti su ogni diversa disposizione contenuta nel citato strumento urbanistico generale (comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lettera l) della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1) e lei intende avvalersene per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati  nel 2004;

  1. a tale iniziativa, però, si oppone il Comune (per ragioni che ignoro) .




RISPOSTA

A partire da queste specifiche premesse e assumendo che Lei terrà sempre conto del fatto che ogni considerazione che le sottopongo segue una lunga introduzione di distinguo e precisazioni implicite che ometto perché incombono l’esigenza di spiagge assolate, battute collinari a sfidare la gravità con la bici, sagre e altre amenità distensive di cui fra un mese piangeremo il ricordo dentro cappotti sventolanti, ecc…, passo a sintetizzare il frutto di una spremuta di meningi nelle seguenti proposizioni:



1. I TERMINI DELLA VEXATA QUAESTIO

E’ evidente che una discussione o confronto di idee è possibile se si stabilisce o conviene sull’uso di un medesimo linguaggio. E allora, per ridurre al minimo gli errori deduttivi conseguenti ad una indifferente assegnazione di senso, suggerisco di condividere che ai seguenti termini o proposizioni si assegna il relativo significato:

a)   DISCIPLINA URBANISTICA VIGENTE SUL FONDO AL MOMENTO DELL’EDIFICAZIONE :
il fondo, al momento dell’edificazione, ricadeva in zona “E-Agricola” del Programma di Fabbricazione e l’immobile costruito – in aderenza alla disciplina urbanistica prevista per la zona “E” dal citato strumento di pianificazione – ebbe impressa la destinazione d’uso “produttiva” a servizio delle attività agricole;

b)   DISCIPLINA URBANISTICA SOPRAVVENUTA ALL’EDIFICAZIONE DEL  FONDO:
pur in vigenza del medesimo Programma di Fabbricazione del 2004, per effetto  della nuova disciplina introdotta dalla L.R.C. N.16/04 e s.m.i., nel 2013 il fondo edificato non solo non ricade più in zona “E” ma – come enuncia inequivocabilmente il titolo dell’art. 9 del DPR 380/01 e s.m.i. - non ricade neanche più in un’area sottoposta a strumento urbanistico:

Art. 9 (L)
Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica

(legge n. 10 del 1977, art. 4, u.c.; legge n. 457 del 1978, art. 27, ultimo comma)
1. Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:
a) gli interventi previsti dalle lettere a), b), e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;
b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà.
2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo.


c)    DISCIPLINA URBANISTICA VIGENTE NEL 2013 SUL FONDO EDIFICATO:
in conseguenza delle norme sopraggiunte dobbiamo, dunque, convenire che nella torrida estate agostana del 2013 il Sig. Rossi è proprietario di un fondo:

-          sul quale insiste un immobile, regolarmente edificato, destinato ad attività “produttive” agricole;

-          sul quale insiste un immobile assoggettato alle limitazioni di cui all’art. 9 del dpr 38/01 (facoltà di  eseguire:  “a) gli interventi previsti dalle lettere a), b), e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse”), e cioè la facoltà di eseguire:
a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;”.



d)   ALTRE NORME DI RIFERIMENTO:
A dire il vero, oltre alla disciplina “ordinaria” di cui si è accennato alla precedente lett. c), il fondo edificato del Sig. Rossi è potenzialmente destinatario anche di discipline – per così dire – “straordinarie”, cioè applicabili al ricorrere di certe circostanze di tempo, situazionali, ecc…, come quelle relative alle cosiddette ”zone bianche”, per le quali riporto le parole del TAR Campania (NA), Sez. VII, n.2753, del 27 maggio 2013, che si è così espresso:

“… Il regime in questione, per sua natura transitorio, ha natura di mera salvaguardia in attesa della futura pianificazione; a rigore, è privo del carattere di regolazione urbanistica in quanto solo l’attività pianificatoria può plasmare l’assetto complessivo del territorio: esso dà vita, pertanto, a una situazione peculiare in cui l’immodificabilità parziale dello stato dei luoghi assume la funzione – lo si ripete, interinale e cautelare come ogni misura di salvaguardia – di consentire agli enti locali di riesaminare, senza il pregiudizio del fatto compiuto, tutti gli interessi (dei quali sono i portatori istituzionali nella veste di enti esponenziali delle comunità rappresentate), convergenti sul territorio.
La natura eccezionale e transeunte del regime di edificabilità divisato dall’art. 9 cit., esalta il potere dovere delle amministrazioni competenti di procedere tempestivamente alla pianificazione anche dietro diffida del privato interessato; la limitata edificabilità accordata dalla norma, infatti, non esime gli enti preposti dall’obbligo giuridico di colmare la lacuna pianificatoria che determina anche l’applicazione delle norme stesse; anzi, la sfasatura dei procedimenti di rilascio dei titoli edilizi e di quelli pianificatori fa si che, a tutela della proprietà e del diritto di impresa, sia possibile esercitare alternativamente sia la richiesta di sfruttamento delle limitate capacità edificatorie dei lotti, sia quella di nuova pianificazione delle aree interessate.
La norma in esame appresta, dunque, una sorte di valvola di sfogo che concorre a giustificare la previsione, in favore degli enti preposti, di uno spatium deliberandi entro il quale assumere le valutazioni urbanistiche generali.
La doverosa pianificazione non richiede l’iniziativa di parte, essendo riconducibile al novero degli adempimenti officiosi che rispondono prioritariamente al pubblico e generale interesse alla definizione di un razionale ed ordinato assetto del territorio che tenga conto ed assicuri la salvaguardia dei valori culturali, urbanistici, ed ambientali ivi esistenti.
Logici corollari delle su esposte premesse teoriche sono:
a) che l’amministrazione è tenuta, a prescindere dall’impulso di parte privata, ad iniziare il procedimento finalizzato alla riqualificazione dell’area mediante una specifica ed appropriata destinazione urbanistica (cfr. Cons. St., sez. IV, 28 dicembre 2007, n. 6741; sez. IV, 11 ottobre 2007, n. 5355);
b) che il protrarsi nel tempo di una abnorme situazione di incertezza sulla sorte della utilizzabilità dell’area, può condurre, nel concorso di tutti i presupposti legali, alla configurazione di una violazione dei doveri di correttezza e buona fede con conseguente tutela risarcitoria (cfr. Cass., civ., sez. I, 26 settembre 2003, n. 14333);
c) che l’obbligo di procedere alla nuova pianificazione non sorge, neppure dietro diffida del privato, ove le norme tecniche di attuazione del p.r.g., ab imis, disciplinino espressamente le conseguenze dell’inefficacia dei vincoli, assegnando alle aree interessate una specifica destinazione urbanistica (cfr. Cons. St., sez. IV, 23 settembre 2004, n. 6212).
… …
Orbene, e per concludere sul punto, il t.u. edilizia:
“a) ha riprodotto l’essenza delle disposizioni ante vigenti relative alla disciplina edilizia nelle c.d. “zone bianche”;
b) ha rispettato la natura di principio fondamentale della legislazione statale, in parte qua, accentuando i profili di tutela di alcuni valori costituzionali ritenuti preminenti, in coerenza con l’evoluzione della scienza urbanistica, della legislazione nazionale e del diritto internazionale ivi incluso quello comunitario;
c) ha sciolto i principali dubbi esegetici che si erano affacciati nella prassi, mantenendosi all’interno di quelle erano state le soluzioni prospettate, senza crearne di nuove ed eccentriche” (sentenza Consiglio Stato sez. IV, n. 1466 del 26 gennaio 2010).

           
e come quelle relative al cosiddetto Piano Casa Campania di cui alla L.R. 19 del 28 dicembre 2009 e s.m.i. , che all’art. 12, comma 5, prevede espressamente :

Nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, per la realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge, si applicano le disposizioni del decreto ministeriale n.1444/68 e dell’articolo 9 del DPR n.380/2001.




2. POSSIBILI SOLUZIONI

Chiariti i limiti “ATTUALI” entro i quali collocare il problema riassunto nel quesito, è possibile individuare almeno tre direttrici percorribili dal Sig. Rossi:

2.1  APPLICAZIONE DEI LIMITI DI CUI ALL’ART. 9, comma 1, Lett. A), DEL DPR 380/01 e s.m.i.
Essendo “principio consolidato che la domanda edificatoria deve essere valutata alla stregua della normativa vigente al momento in cui l’amministrazione provvede su di essa(cosi si è ripetutamente espresso il giudice amministrativo), per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Del Vecchio potrà sottoporre all’Amministrazione Comunale un progetto che – nel rispetto delle limitazioni di cui all’art. 9 , comma 1, lett. a) del dpr 38/01 – preveda l’esecuzione di lavori rientranti nella seguente tipologia individuata all’art. 3 del medesimo dpr 380/01:
c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;”.
In virtù di tale disciplina, infatti, non è vietato imprimere all’immobile costruito nel 2004 un uso diverso ma solo un uso “non compatibile”. Operandosi, pertanto, su un edificio “produttivo”, la sua destinazione d’uso in edificio parimenti collocabile nella tipologia degli edifici “produttivi” non costituisce una “modifica di destinazione” ma una mera diversificazione nell’uso di fatto (tanto per dire: un immobile destinato alla produzione di pomodori San Marzano non subisce un mutamento di destinazione d’uso quanto viene destinato alla produzione di carciofini sott’olio, ecc…. In ogni caso, posto che ai sensi dell’art. 5 del D.M. 2/4/1968 N. 1444 la qualificazione di insediamenti “produttivi” assomma sia gli insediamenti “di carattere industriale o ad essi assimilabili” che gli insediamenti “di carattere commerciale e direzionale”, può essere di aiuto, per i più restii, ricordare cosa ne pensava il Legislatore Campano prima di giungere alla LRC 16/04:

Regione Campania - Legge Regionale 6 maggio 1975, n. 26 – “Norme da osservare nei comuni sforniti di strumenti urbanistici” - Pubblicato su BURC, n. 20 del 07/05/1975

Art. 1 - Nel territorio di tutti i comuni della Regione Campania, che siano tuttora sforniti di piani regolatori o di programmi di fabbricazione debitamente approvati, continuano ad applicarsi le limitazioni all' attività edilizia di cui all' articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765  .
Art. 2 - Ai fini dell' applicazione del 3º comma dell' articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 , nel territorio dei comuni sforniti di piani regolatori o di programmi di fabbricazione debitamente approvati, si considerano edifici produttivi le costruzioni e in genere i manufatti fissati stabilmente al suolo che siano destinati, esclusivamente o in proporzione non inferiore ai quattro quinti del volume occupato, a laboratori o ad officine di carattere industriale o artigiano, o ad aziende agricole; ovvero che, anche al di fuori di detta ipotesi, siano comunque destinati esclusivamente o in proporzione di almeno quattro quinti del volume occupato:
a)      all' installazione o al deposito di attrezzature o macchinari per la estrazione, il trattamento o il trasporto di acque o di sostanze naturali, per la produzione o distribuzione di energia, per la trasformazione o la lavorazione di prodotti;
b)      alla conservazione o al deposito di materie prime, di prodotti semilavorati e di scorte;
c)      al magazzinaggio e all' imballaggio di merci, o a mercati all' ingrosso;
d)      al ricovero di automezzi adibiti al trasporto di prodotti industriali o agricoli;
e)      ad impianti di ricerca scientifica;
f)        ad altre funzioni strettamente affini o accessorie a quelle sopra indicate, con esclusione però di qualsiasi utilizzazione abitativa dell' edificio, anche a carattere temporaneo, salvo che si tratti di alloggi di custodia o di servizio, e sempre che le funzioni stesse non abbiano carattere di complementarietà ad insediamenti abitati.
 

2.2 APPLICAZIONE DEL REGIME DEROGATORIO DI CUI ALL’ART. 4, comma 7, DELLA LRC 19/09 e s.m.i.
Ove dovesse (in modo altrettanto argomentato e motivato) ritenersi non perseguibile la strada ordinaria di cui al precedente punto 2.1, è indubbio che:
»     ricadendo, l’immobile edificato nel 2004, inoppugnabilmente in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     essendo inoppugnabilmente sancito dall’art. 12, comma 5, che le facoltà derogatorie della LRC 19/09 si applicano anche agli immobili ricadenti in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     ed essendo inoppugnabilmente previsto all’art. 4, comma 7, della LRC 19/09 e s.m.i. che : “E’ consentito su edifici non residenziali regolarmente assentiti, destinati ad attività produttive, commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi restando i casi di esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la realizzazione di opere interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti nell’ambito dell’attività autorizzata, per la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture esistenti, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. I medesimi interventi possono attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi una superficie non superiore a cinquecento metri quadrati, non devono in alcun modo incidere sulla sagoma e sui prospetti dell’edificio, né costituire unità immobiliari successivamente frazionabili”;
»     dunque la conseguenza è ovvia: per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Rossi potrà sottoporre all’Amministrazione Comunale un progetto da approvarsi in regime derogatorio “straordinario”.



2.3 APPLICAZIONE DEI PRINCIPI E DEGLI OBBLIGHI GENERALI IN CAPO ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
Mi si consenta, su questo aspetto residuale (non per importanza ma perché opzione connotata da argomentazioni giuridiche che meritano di essere trattate su un piano e con una prospettiva meno operativa) di rinviare semplicemente ai brani del giudice amministrativo sopra riportati, segnalando che – ove dovessero ritenersi non perseguibili la strada ordinaria di cui al precedente punto 2.1 e quella straordinaria di cui al precedente punto 2.2,  è indubbio che:
»     ricadendo, l’immobile edificato nel 2004, inoppugnabilmente in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     e sussistendo l’obbligo generale della Pubblica Amministrazione di provvedere alla Pianificazione delle aree assoggettate alle limitazioni dell’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     la conseguenza è ovvia: per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Rossi potrà sottoporre all’Amministrazione Comunale l’istanza per attribuire – all’area ed all’immobile edificati – una nuova ed appropriata destinazione urbanistica.


2. … e in conclusione …

Spett.le Sig. Rossi, ho sentito che gridava “help me!” … …
… e mi sono scapicollato per lanciarle questo salvagente …. …


Mi dica che ho fatto in tempo … … .


Piedimonte Matese 8/8/2013

Geom. Bottone Marcellino











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