lunedì 26 agosto 2013

Piccola Storia Ignobile della RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA






Piedimonte Matese (Caserta) – 26 agosto 2013 


Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così solita e banale come tante, 
che non merita nemmeno due colonne su un giornale o una musica o parole un po' rimate, 
che non merita nemmeno l' attenzione della gente, quante cose più importanti hanno da fare
[1] ...





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1. INTRODUZIONE PREISTORICA --- 2. INTRODUZIONE STORICA  --- 3. DALLA STORIA URBANISTICA ALLA CRONACA EDILIZIA --- 4. DALLA CRONACA EDILIZIA ALLA FARSA --- 5. DAL LINGUAGGIO DELLA RISTRUTTURAZIONE ALLA RISTRUTTURAZIONE DEL LINGUAGGIO --- 6. L’EDILIZIA COME MAGIA

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1 - INTRODUZIONE PREISTORICA


All’inizio era Dio, tutto, e finché era tutto e solo Dio mancava solo chi dicesse: ecco Dio. Insomma, se volete, una imperfezione. Perciò venne l’uomo, il quale – durante una riunione di famiglia - disse: “Ma se Dio è tutto perché io non lo vedo?”.

Naturalmente tutti si girarono verso l’ascetico volto del fratello sognatore che – dopo qualche tempo - suggerì:
“Dio è in ogni cosa, nell’acqua, nella sabbia, nel cemento, nel pietrisco e nel ferro. Vuoi vederlo? Semplice: impasta tutto e dagli una forma ...”

E fu così che ebbe inizio la costruzione dei muri di recinzione, degli obelischi nel deserto, delle cattedrali dove un tempo crescevano gli alberi e tutto era verde … e che si diede mano e piccone alla trasformazione del mondo, finché un uomo nuovo, di ultima generazione, constatò:
“il sognatore si è evidentemente sbagliato. Dopo tanto costruire continuiamo a vedere solo un nuovo “creato”, ma Dio, Dio dov’è?”

Va bene, disse allora la saggia donna:
forse Dio è come la primavera che verrà, forse è l’estate scorsa, ma ora chi mette a posto tutto questo bailamme?

Nacquero, così, le prime norme sulla gestione del territorio.





2 - INTRODUZIONE STORICA


Ci vollero molti anni, ma fra il 1942 e il 1978 sia arrivò a definire un quadro abbastanza articolato di norme utili a definire una costruzione del mondo che – affidato all’anima il problema di trovare e/o vedere Dio – avesse almeno un “volto umano”.

E in questo quadro il punto di equilibrio fra quello che l’uomo aveva costruito “prima di aver coscienza degli errori commessi” e quello che avrebbe potuto costruire “dopo aver compreso i propri limiti”, venne individuato stabilendo innanzitutto che:


LEGGE 28 gennaio 1977, n. 10
Norme per la edificabilita' dei suoli. (GU n.27 del 29-1-1977 )
Art. 1. - (Trasformazione urbanistica del territorio e concessione di edificare)
Ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia  del  territorio  comunale  partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione  delle opere è subordinata  a concessione da parte del sindaco, ai sensi della presente legge.
E poi specificando che:


LEGGE 5 agosto 1978, n. 457
Norme per l'edilizia residenziale. (GU n.231 del 19-8-1978)
Art. 31. - (Definizione degli interventi)
Gli  interventi  di recupero del patrimonio edilizio esistente sono cosi' definiti:
     a) interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le  opere  di  riparazione,  rinnovamento  e  sostituzione delle finiture  degli  edifici  e  quelle  necessarie  ad  integrare  o  mantenere in  efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
     b)  interventi  di  manutenzione  straordinaria,  le  opere  e le  modifiche   necessarie   per   rinnovare  e  sostituire  parti  anche strutturali  degli  edifici,  nonche'  per  realizzare ed integrare i  servizi  igienico-sanitari  e  tecnologici, sempre che non alterino i  volumi  e  le  superfici  delle  singole  unita'  immobiliari  e  non  comportino modifiche delle destinazioni di uso;
     c)  interventi  di restauro e di risanamento conservativo, quelli  rivolti  a  conservare  l'organismo  edilizio  e  ad  assicurarne  la  funzionalita'  mediante  un  insieme  sistematico  di  opere che, nel  rispetto   degli   elementi   tipologici,   formali   e   strutturali  dell'organismo  stesso,  ne  consentano  destinazioni  d'uso con essi  compatibili.
   Tali  interventi  comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli  elementi   accessori   e  degli  impianti  richiesti  dalle  esigenze  dell'uso,   l'eliminazione   degli  elementi  estranei  all'organismo  edilizio;
     d)  interventi  di  ristrutturazione  edilizia,  quelli rivolti a  trasformare  gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di  opere  che  possono  portare  ad  un organismo edilizio in tutto o in  parte   diverso   dal  precedente.  Tali  interventi  comprendono  il  ripristino   o   la   sostituzione  di  alcuni  elementi  costitutivi  dell'edificio,  la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi  elementi ed impianti;
     e)  interventi  di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a  sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso  mediante  un  insieme  sistematico di interventi edilizi anche con la  modificazione  del  disegno  dei  lotti,  degli  isolati e della rete  stradale.
   Le  definizioni del presente articolo prevalgono sulle disposizioni  degli  strumenti  urbanistici  generali  e  dei  regolamenti edilizi.
 Restano  ferme le disposizioni e le competenze previste dalle leggi 1 giugno  1939,  n.  1089,  e  29  giugno  1939,  n. 1497, e successive  modificazioni ed integrazioni.
In conformità a queste premesse, in pratica, i sognatori e i picconatori, i conservatori e gli innovatori potevano compartecipare alla costruzione di un mondo congruo, dove vecchio e nuovo accettassero l’dea che per un paradiso possibile - benché umano, molto umano – fosse necessario condividere l’esistenza di confini.

Ma fu un patto che non poteva reggere, perché stretto tra confinanti astiosi e infedeli, tra quegli stessi che prima furono incapaci di tenersi l’Eden, poi pretesero da Dio di limitarsi in una “forma/immagine” visibile e poi si lasciarono convincere dalla televisione che un limite è per definizione “discriminante”, che i confini sono fatti per essere superati, che la vita è oggi e il paradiso può attendere …





3 - DALLA STORIA URBANISTICA ALLA CRONACA EDILIZIA


E, infatti, sopraggiunse la genia dei consumatori, che si chiamarono interpreti, imprenditori, speculatori, bisognosi di prime case per nonni e bisnonni, piazzisti di promesse elettorali e venditori di tutto e del contrario: e si organizzò in cortei sbandierando un solo tipo di cartello – ma ripetuto migliaia di volte – che inveiva contro i limiti del concetto di “RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA”.

E diffusero una canzone giaculatoria che urlava:

§  avete fissato i confini tra nuova edificazione e interventi sul patrimonio edilizio esistente;

§  poi avete detto che, nell’ambito degli interventi sull’edilizia esistente, per RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA devono intendersi gli interventi “rivolti a  trasformare  gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di  opere  che  possono  portare  ad  un organismo edilizio in tutto o in  parte   diverso   dal  precedente.  Tali  interventi  comprendono  il  ripristino   o   la   sostituzione  di  alcuni  elementi  costitutivi  dell'edificio,  la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi  elementi ed impianti“;

§  va bene, ma perché se un edificio esistente è così malandato da non poter essere semplicemente oggetto di “ripristino” o di “sostituzione  di  alcuni  elementi  costitutivi (o, magari, frana su se stesso mentre sono in corso i lavori per ristrutturarlo) e necessita – invece - di una integrale sostituzione ci opponete che non possiamo farlo in quanto supereremmo il confine tra “interventi di conservazione dell’esistente” per finire nell’area degli “interventi di nuova costruzione?               


E poiché furono in tanti, pressanti, roboanti, talvolta votanti e spesso accompagnati da sentenze, il Legislatore buon padre di famiglie li accontentò:




D.P.R. , testo coordinato, 06.06.2001 n° 380
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia aggiornato con le successive modifiche ed integrazioni.
(G.U. 20.10.2001)

Art. 3 (L)
Definizioni degli interventi edilizi

(legge 5 agosto 1978, n. 457, art. 31)
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:
a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;
d) «interventi di ristrutturazione edilizia», gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell'àmbito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica. (1)
e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
e.4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato;
f) gli "interventi di ristrutturazione urbanistica", quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Resta ferma la definizione di restauro prevista dall'articolo 34 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.
(1) Lettera così modificata dal D.L. 27 dicembre 2002, n. 301.


“Ecco,” annunciò dallo schermo, in prima serata, un volto soddisfatto e carico di aspettative indicibili: “abbiamo spostato un po’ in là il confine tra interventi di trasformazione ex novo e interventi sull’esistente. Infatti, da oggi, demolire gli edifici esistenti e ricostruirli “con la stessa volumetria e sagoma” è come “trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.”: dunque è una RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA.”

E così – con la benedizione e l’auspicio dell’assessore addetto al taglio dei nastri – il nuovo limite venne debitamente segnalato sulle mappe fornite agli operatori comunali pubblici e privati: ma la lieta novella dilagò fino a incappare in un problema di distanze … cioè in un altro – per l’uomo dei sogni e per l’uomo del fare - evidentemente “inaccettabile” confine …

Già, perché le infinite possibilità del nuovo concetto di RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA esteso – dal dpr 380/01 - alla demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente avevano un limite:

§  avevi un edificio di 200 mc di forma piramidale, edificato dal faraone Ramses II a 3 metri dall’edificio del vicino, e volevi demolirlo/ricostruirlo dandogli la nuova forma di un parallelepipedo? Non si poteva perché – realizzando un edificio “con DIVERSA sagoma” rispetto al preesistente si operava al di fuori dei vincoli imposti dalla RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA e, dunque, al pari di una nuova costruzione, si violava il limite minimo di distanza di 10 mt (previsto dal “DECRETO MINISTERIALE 2 aprile 1968, n. 1444 , Art. 9. - Limiti di distanza tra i fabbricati” e recepito negli strumenti urbanistici);

§  avevi un edificio di 200 mc di forma piramidale, edificato dal faraone Ramses II a 3 metri dall’edificio del vicino, e volevi demolirlo per ricostruire – sulla stessa area di sedime - un edificio di 250 mc di forma piramidale? Non si poteva perché – realizzando un edificio “con DIVERSA volumetria” rispetto al preesistente si operava al di fuori dei vincoli imposti dalla RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA e, dunque, al pari di una nuova costruzione, si violava il limite minimo di distanza di 10 mt (previsto dal “DECRETO MINISTERIALE 2 aprile 1968, n. 1444 , Art. 9. - Limiti di distanza tra i fabbricati” e recepito negli strumenti urbanistici);


Insomma: una rogna che non poteva durare.

E non è durata.





4 - DALLA CRONACA EDILIZIA ALLA FARSA


E, infatti, poiché in questo paese di fannulloni e lamentosi ci sono anche quelli che “fanno”, ecco prontamente servito - agli affamati di gusto - il nuovo pot pourri del concetto di RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA rielaborato con la recente legge n. 98 del 2013  :
d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente;”

Come dite?

Vi sfugge la perfezione formale della torta, la romantica decorazione del testo “auguri”, lo splendore delle candeline, l’equilibrata miscela dei componenti e la raffinata scelta degli aromi utilizzati per rendere irresistibile e indimenticabile l’impasto?

E allora permettetemi di darvi una mano:

1.   la nuova RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA consente al vostro vicino di demolire quell’odioso edificio piramidale di 200 mc, edificato da un trisavolo impertinente a 3 metri dal vostro villino, e ricostruire ivi gli stessi 200 mc con un bel parallelepipedo di pareti a specchio, slanciato, tecnologico, moderno … : e questo per il semplice fatto che nella nuova stesura della norma è stato espunto l’obbligo di rispettare la “sagoma” dell’edificio preesistente;

2.   anzi, il superamento del vincolo della sagoma preesistente consentirà al vostro vicino di ricostruire il nuovo  parallelepipedo di 200 mc anche a una distanza inferiore rispetto ai 3 metri dell’edificio piramidale preesistente: infatti, stando alla definizione - proclamata in tutte le sedi giudiziarie – di sagoma come “la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali e gli sporti”, è ovvio che se il vostro vicino potrà ricostruire una nuova sagoma non potrete opporvi con il vecchio argomento: ”ehi ! ma stai violando i limiti di distanza di 10 mt. imposti dal DM 1444/1968”. Questi limiti, infatti, valgono per le nuove costruzioni …;

3.   Non solo. L’altro vicino, quello con cui litigate da trent’anni perché non toglie mai le erbacce e i depositi immondi che si accumulano nel rudere di un edificio di 200 mc che i suoi avi costruirono a 5 metri dal vostro villino, potrà invocare la nuova definizione di RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA per costruire – a 5 metri o a qualunque inferiore distanza rispetto al minimo di 10 mt imposti dal D.M. 1444/1968 - con un ulteriore bel parallelepipedo di 200 mc con pareti a specchio, slanciato, tecnologico, moderno … : e questo per il semplice fatto che nella nuova norma è stato aggiunto che RISTRUTTURARE è anche eseguire quegli interventi “volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.


Insomma, non vedete il mondo migliore che verrà da tutto questo?

Via i ruderi, gli edifici che nessuno voleva recuperare perché “la spesa non valeva la candela” o perché immodificabili senza incorrere in violazione del regime delle distanze, ecc… .

Si: via tutto questo vecchiume e avanti il nuovo.

Proprio così: IL NUOVO !

Dite che sto esagerando? Che sarebbe più corretto dire “via tutto questo vecchiume e avanti … con la RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA”?

Ma allora quelli che “fanno” non vi hanno informati sul senso ultimo che si cela dietro le apparenze della legge 98/2013, sulla festa vera che si vuole celebrare con la torta e le candeline di una riscrittura normativa ispirata e sospirata?

Signori: LA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA NON ESISTE PIU’.

Se di un rudere o di un edificio esistente potete farne qualsiasi altra cosa che abbia lo stesso volume, potendo innovare in termini di forma, ubicazione, violazione del regime delle distanze, materiali, prospetto architettonico ecc…, come si può seriamente sostenere che – operando in questo modo – si eseguono : “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente ”?

Sostenerlo, infatti, equivarrebbe ad enunciare degli assurdi in fatto e in diritto. Ad esempio:

§  che un rudere è da annoverare tra “gli organismi edilizi” al pari di qualunque altro edificio, potendo ad entrambi riferire la facoltà di operare “un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”;

§  che l’eccessiva vicinanza di edifici/confini limitrofi può comportare l’inedificabilità di un fondo libero, mentre non è di ostacolo se il medesimo fondo è provvisto di un … rudere;

§  che il criterio distintivo per discernere tra ristrutturazione edilizia ed altre tipologie di interventi non impinge sulla quantità/qualità intrinseca degli interventi o del risultato degli stessi, ma dalla circostanza – del tutto estranea al discorso urbanistico/edilizio – per cui si operi o meno su “immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”: in questo caso, infatti, il legislatore non ha fissato limiti all’applicazione del ridefinito concetto di ristrutturazione edilizia, ma ne ha enunciato addirittura un altro e diverso. In questo caso, infatti “Rimane fermo che, …,  gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente” … … ;


Potrei continuare: ma vi è chiaro perché – pur rispettosamente – affermo la risibilità della tesi secondo la quale è corretto dire: “via tutto questo vecchiume e avanti … con la RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA”?

No?

E allora faccio un altro un altro esempio:

State passeggiando sul viale principale e assolato di una città di mare e la vostra serenità è scossa da una visione secondaria: una donna bellissima attende all’angolo che il semaforo produca il verde, ma è impaziente, sia agita come se volesse attraversare incurante del traffico, crea un nucleo di tensione palpabile che si allarga in circoli di ansia … .
Vi guardate intorno per capire se anche gli altri sono stati attratti da questa notazione a margine di una passeggiata rilassata e, quando il cono visuale ritorna sulla donna costatate … che non c’è più.
Vi voltate, come tutti, a indagare l’origine di un tacchettio appena percepibile tra i rumori di auto e motorini ma … niente … “ha attraversato” commenta il vostro impreciso vicino … … ma un altro, che evidentemente non tollera questo linguaggio massimalista si precipita ad aggiungere “NO: ha camminato nella proprie scarpe con tacco a spillo, portandosi dall’altra parte …”





5 - DAL LINGUAGGIO DELLA RISTRUTTURAZIONE ALLA RISTRUTTURAZIONE DEL LINGUAGGIO


C’era un tempo in cui le parole erano necessarie per sistematizzare il mondo e renderlo accessibile, comunicabile e condivisibile.
Poi la conquista delle cose attraverso le parole è diventata un problema, perché le parole non solo danno un nome al mondo ma ne costruiscono e aggiungono di propri, riempiono a dismisura un universo che satura e degenera in continue collisioni tra senso proprio e senso attribuito.

Ed è per questo che c’è un Legislatore, perché – per quanto problematiche siano le parole rispetto al mondo – dovremo necessariamente ricercare una soluzione a parole.

Nel linguaggio della ristrutturazione edilizia, ad esempio, il Legislatore ci ha finalmente spiegato che:

§  in origine, per ristrutturazione edilizia s’intendeva “d) interventi di  ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso  dal  precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti”, e cioè la possibilità di “TRASFORMARE” (il cui significato generale è ancora : ridurre in forma diversa dalla primitiva, far mutare di figura e di aspetto, di struttura e di funzione ) o “RIPRISTINARE” (il cui significato generale è ancora: azione che consiste nel riportare qualcosa ad uno stato antecedente ad un determinato evento) un immobile preesistente.  Ora, fermo restando il medesimo significato dei termini “trasformare” e “ripristinare”, per ristrutturazione edilizia si intende anche la ricostruzione dell’inesistente (cioè: azione che consiste nel riportare qualcosa, tipo un rudere o un edificio demolito o crollato, ad uno stato antecedentemente inesistente) o – in caso di preesistenza - la trasformazione in qualcosa di totalmente nuovo (cioè: prendi la situazione primitiva, modificala, cambiala, migliorala … anzi no: fregatene, butta giù tutto e fai quello che vuoi) ;

§  in origine, con il timbro della ristrutturazione edilizia non ci si poteva spingere a trasformare l’esistente in qualcosa di totalmente nuovo, perché per questa tipologia d’intervento era stata coniata l’apposita definizione: ”interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la  modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”. Ora, fermo restando la sopravvivenza della categoria/definizione di ristrutturazione urbanistica (consistente, ad esempio, nella possibilità di sostituire un immobile con altro diverso) si afferma che in tale categoria/definizione ricade anche la possibilità di eseguire un intervento di ristrutturazione edilizia (come, appunto, la possibilità di sostituire un immobile con altro diverso … … sic!);

§  fino all’altro ieri, insomma, scopo della ristrutturazione edilizia era sostanzialmente quello di rigenerare il patrimonio edilizio già esistente, non di produrne uno nuovo, perché in tal caso si versava nella tipologia d’intervento appositamente coniata: ”e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6); …. … …“.
Ora, fermo restando la sopravvivenza della categoria/definizione di NUOVA COSTRUZIONE (consistente, ad esempio, nella possibilità di modificare manufatti esistenti ampliandone la SAGOMA ESISTENTE) si afferma che in tale categoria/definizione ricade anche la possibilità di eseguire un intervento di ristrutturazione edilizia (come, appunto, la possibilità di sostituire manufatti esistenti con nuovi manufatti ampliando la SAGOMA ESISTENTE  … … sic!).

Ora ci è tutto chiaro, quindi:

la nuova Ristrutturazione Edilizia è soltanto una parola vuota da appioppare alla maschera del nostro desiderio profondo di raggiungere obiettivi che non si possono dichiarare.

E’ come definire “Progetto per la costruzione di case popolari” la costruzione di un lager.

E’ come affermare che la prossima finanziaria continuerà a “non mettere le mani nelle tasche degli italiani” perché si limiterà a bloccare il pagamento degli stipendi … .

E’ come entrare in un ristorante a cinquecento stelle dove il cameriere, dopo avervi mostrato un menù di tre tomi, vi chiede

vuole il dessert ?

e, dopo aver ascoltato con un sorriso cordiale la vostra domanda

tra cosa posso scegliere ?

vi risponde:

Si o No” … …





6 – L’EDILIZIA COME MAGIA


Sempre caro mi fu quest'ermo dubbio,
che il mio parlar fumoso
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.[2]

Perciò sarò definitivo: qualcuno ha “fatto” la legge 9  agosto  2013,  n.  98 «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia» e ha ragione di festeggiare spegnendo candeline sulla torta della nuova RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA.

Lo so, è irragionevole festeggiare una vittima, ma dovete considerare la grande eredità che questa scomparsa lascia agli Italiani:
la possibilità di rifare il vecchio per ogni dove senza vincoli di distanza, di forma, di coerenza estetica, incentivando magari la ricerca storica delle vecchie mappe dei primi esploratori della penisola alla ricerca della “consistenza” delle antiche abitazioni dei colonizzatori/trisavoli, …

Lo so, è illogico affermare che dopo la legge 98/2013 LA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA NON ESISTE PIU’ e – contemporaneamente – che la medesima legge 98/2013 abbia riformulato una definizione di RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA dagli effetti epocali.

E so che avreste voglia di sbattermi in faccia una semplice osservazione: ma per quale ragione il legislatore avrebbe dovuto cancellare “sostanzialmente” la vecchia definizione di Ristrutturazione Edilizia attraverso un’operazione di riscrittura della medesima definizione?

Perché questa assurdità? …

Bene, vediamo se un esempio potrà aiutarmi ad essere più esplicativo:

1.   il vostro vicino possiede un edificio piramidale di 200 mc, edificato da un trisavolo impertinente a 3 metri dal vostro villino, e intende sottoporlo a RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA demolendolo e ricostruendo ivi gli stessi 200 mc con un bel parallelepipedo di pareti a specchio, slanciato, tecnologico, moderno;

2.   potendo – in base alla nuova definizione di RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA fornita dalla legge 98/2013 – assegnare al nuovo edificio una sagoma totalmente diversa da quella preesistente, il vostro vicino incorrerà necessariamente/nuovamente in un problema di violazione della distanza minima di 10 mt che – per altro – la preesistente piramide già configurava;

3.   ora la vostra onestà intellettuale vi farà certamente condividere con me una osservazione meramente fattuale: se sul terreno del vicino, al termine dei lavori, dove c’era una piramide di 200 mc sorgesse un parallelepipedo dalla “sagoma totalmente nuova”, diverso nella “struttura e qualità dei materiali compositivi”, “più alto” e “diversamente collocato“ sul lotto di pertinenza, la ASSOLUTA E TOTALE NOVITA’ rispetto allo status quo ante sarebbe incontestabile e non dovremmo dividerci sulla conclusione per cui, in simile intervento non dovrebbe essere assimilato a quelli di RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA, cioè a quelli “quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso  dal  precedente”;

4.   Ma allora, perché la legge 98/2013 si è spinta a enunciare questa equivalenza impossibile invece che ammettere un’evidenza madornale e, cioè, che tra le situazioni prima/dopo l’intervento del vicino c’è un’abissale soluzione di continuità, tanto da legittimare che all’intervento si attribuisca il connotato di “NUOVA EDIFICAZIONE” e non di “RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA”?;

5.   Certo … , se un intervento come quello ipotizzato (demolizione di un edificio piramidale di 200 mc, edificato a 3 metri dal vostro villino e ricostruzione di un parallelepipedo di 200 mc, più alto, diverso nella sagoma e diversamente ubicato) venisse definito per quello che è, una NUOVA EDIFICAZIONE, incorrerebbe nell’obbligo di verificare il rispetto del vigente regime delle distanze e incorrerebbe in un diniego … ;

6.   … mentre, definendolo - anche se non lo è - RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA, è chiaro che possiamo superare l’ostacolo con l’argomento della reiterazione di una circostanza preesistente, e cioè affermando che se il regime delle distanze instaurato dall’edificio a demolirsi collide con le norme vigenti, beh, questo non può farsi ricadere su un edificio che – OPERANDO UNA MERA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA – ha il dichiarato obiettivo di conservare o rendere semplicemente efficiente quanto già esiste … ;

7.   … quindi …? …


… … Esatto!

Facile come un bidibibodibibù.



Piedimonte Matese, 23 agosto 2013

                                                                                     Geom. Bottone Marcellino







[1] … probabilmente Guccini non approverebbe questa declinazione di una sua canzone del 1976: ma che vi costa … non dirglielo?
[2] … indovinate da chi ho preso spunto per questo incipit (naturalmente non si vince nulla) …

venerdì 9 agosto 2013

GLI EDIFICI PRODUTTIVI REGOLARMENTE EDIFICATI SU FONDI SUCCESSIVAMENTE SOTTOPOSTI ALLE LIMITAZIONI DELL’ART. 9 DEL DPR 380/01 e s.m.i. (… salviamo il Sig. Rossi )

Spett.le Sig. Rossi,

premesso che la formulazione del quesito non è del tutto chiara e che – comunque - la possibilità di fornirLe consigli non potrà mai raggiungere i dettagli che spera, provo a rispondere al suo “help me!” lanciando il seguente salvagente.



QUESITO

Non so se ho “centrato” il suo problema e, dunque, mi pare opportuno riferirLe che ragionerò assumendo di aver capito quanto segue:

  1. Lei è proprietario di un immobile - destinato ad attività produttive e deposito attrezzi agricoli - costruito in conformità a Permesso di costruire rilasciato nel 2004;

  1. la destinazione di tale immobile segue la destinazione “E – Agricola” impressa al fondo dal Programma di Fabbricazione vigente nel 2004;

  1. allo stato, pur vigendo il medesimo strumento urbanistico, è sopraggiunta la disciplina dell’art. 44, comma 4-bis , della LRC 16 del 12/12/2004 e s.m.i. , secondo il quale “Nei comuni nei quali è ancora in vigore il programma di fabbricazione nelle zone agricole si applicano fino alla definitiva approvazione ed entrata in vigore del Puc, i limiti di edificabilità previsti dal DPR n.380/2001, prevalenti su ogni diversa disposizione contenuta nel citato strumento urbanistico generale (comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lettera l) della legge regionale 5 gennaio 2011, n. 1) e lei intende avvalersene per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati  nel 2004;

  1. a tale iniziativa, però, si oppone il Comune (per ragioni che ignoro) .




RISPOSTA

A partire da queste specifiche premesse e assumendo che Lei terrà sempre conto del fatto che ogni considerazione che le sottopongo segue una lunga introduzione di distinguo e precisazioni implicite che ometto perché incombono l’esigenza di spiagge assolate, battute collinari a sfidare la gravità con la bici, sagre e altre amenità distensive di cui fra un mese piangeremo il ricordo dentro cappotti sventolanti, ecc…, passo a sintetizzare il frutto di una spremuta di meningi nelle seguenti proposizioni:



1. I TERMINI DELLA VEXATA QUAESTIO

E’ evidente che una discussione o confronto di idee è possibile se si stabilisce o conviene sull’uso di un medesimo linguaggio. E allora, per ridurre al minimo gli errori deduttivi conseguenti ad una indifferente assegnazione di senso, suggerisco di condividere che ai seguenti termini o proposizioni si assegna il relativo significato:

a)   DISCIPLINA URBANISTICA VIGENTE SUL FONDO AL MOMENTO DELL’EDIFICAZIONE :
il fondo, al momento dell’edificazione, ricadeva in zona “E-Agricola” del Programma di Fabbricazione e l’immobile costruito – in aderenza alla disciplina urbanistica prevista per la zona “E” dal citato strumento di pianificazione – ebbe impressa la destinazione d’uso “produttiva” a servizio delle attività agricole;

b)   DISCIPLINA URBANISTICA SOPRAVVENUTA ALL’EDIFICAZIONE DEL  FONDO:
pur in vigenza del medesimo Programma di Fabbricazione del 2004, per effetto  della nuova disciplina introdotta dalla L.R.C. N.16/04 e s.m.i., nel 2013 il fondo edificato non solo non ricade più in zona “E” ma – come enuncia inequivocabilmente il titolo dell’art. 9 del DPR 380/01 e s.m.i. - non ricade neanche più in un’area sottoposta a strumento urbanistico:

Art. 9 (L)
Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica

(legge n. 10 del 1977, art. 4, u.c.; legge n. 457 del 1978, art. 27, ultimo comma)
1. Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:
a) gli interventi previsti dalle lettere a), b), e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;
b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà.
2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo.


c)    DISCIPLINA URBANISTICA VIGENTE NEL 2013 SUL FONDO EDIFICATO:
in conseguenza delle norme sopraggiunte dobbiamo, dunque, convenire che nella torrida estate agostana del 2013 il Sig. Rossi è proprietario di un fondo:

-          sul quale insiste un immobile, regolarmente edificato, destinato ad attività “produttive” agricole;

-          sul quale insiste un immobile assoggettato alle limitazioni di cui all’art. 9 del dpr 38/01 (facoltà di  eseguire:  “a) gli interventi previsti dalle lettere a), b), e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse”), e cioè la facoltà di eseguire:
a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;”.



d)   ALTRE NORME DI RIFERIMENTO:
A dire il vero, oltre alla disciplina “ordinaria” di cui si è accennato alla precedente lett. c), il fondo edificato del Sig. Rossi è potenzialmente destinatario anche di discipline – per così dire – “straordinarie”, cioè applicabili al ricorrere di certe circostanze di tempo, situazionali, ecc…, come quelle relative alle cosiddette ”zone bianche”, per le quali riporto le parole del TAR Campania (NA), Sez. VII, n.2753, del 27 maggio 2013, che si è così espresso:

“… Il regime in questione, per sua natura transitorio, ha natura di mera salvaguardia in attesa della futura pianificazione; a rigore, è privo del carattere di regolazione urbanistica in quanto solo l’attività pianificatoria può plasmare l’assetto complessivo del territorio: esso dà vita, pertanto, a una situazione peculiare in cui l’immodificabilità parziale dello stato dei luoghi assume la funzione – lo si ripete, interinale e cautelare come ogni misura di salvaguardia – di consentire agli enti locali di riesaminare, senza il pregiudizio del fatto compiuto, tutti gli interessi (dei quali sono i portatori istituzionali nella veste di enti esponenziali delle comunità rappresentate), convergenti sul territorio.
La natura eccezionale e transeunte del regime di edificabilità divisato dall’art. 9 cit., esalta il potere dovere delle amministrazioni competenti di procedere tempestivamente alla pianificazione anche dietro diffida del privato interessato; la limitata edificabilità accordata dalla norma, infatti, non esime gli enti preposti dall’obbligo giuridico di colmare la lacuna pianificatoria che determina anche l’applicazione delle norme stesse; anzi, la sfasatura dei procedimenti di rilascio dei titoli edilizi e di quelli pianificatori fa si che, a tutela della proprietà e del diritto di impresa, sia possibile esercitare alternativamente sia la richiesta di sfruttamento delle limitate capacità edificatorie dei lotti, sia quella di nuova pianificazione delle aree interessate.
La norma in esame appresta, dunque, una sorte di valvola di sfogo che concorre a giustificare la previsione, in favore degli enti preposti, di uno spatium deliberandi entro il quale assumere le valutazioni urbanistiche generali.
La doverosa pianificazione non richiede l’iniziativa di parte, essendo riconducibile al novero degli adempimenti officiosi che rispondono prioritariamente al pubblico e generale interesse alla definizione di un razionale ed ordinato assetto del territorio che tenga conto ed assicuri la salvaguardia dei valori culturali, urbanistici, ed ambientali ivi esistenti.
Logici corollari delle su esposte premesse teoriche sono:
a) che l’amministrazione è tenuta, a prescindere dall’impulso di parte privata, ad iniziare il procedimento finalizzato alla riqualificazione dell’area mediante una specifica ed appropriata destinazione urbanistica (cfr. Cons. St., sez. IV, 28 dicembre 2007, n. 6741; sez. IV, 11 ottobre 2007, n. 5355);
b) che il protrarsi nel tempo di una abnorme situazione di incertezza sulla sorte della utilizzabilità dell’area, può condurre, nel concorso di tutti i presupposti legali, alla configurazione di una violazione dei doveri di correttezza e buona fede con conseguente tutela risarcitoria (cfr. Cass., civ., sez. I, 26 settembre 2003, n. 14333);
c) che l’obbligo di procedere alla nuova pianificazione non sorge, neppure dietro diffida del privato, ove le norme tecniche di attuazione del p.r.g., ab imis, disciplinino espressamente le conseguenze dell’inefficacia dei vincoli, assegnando alle aree interessate una specifica destinazione urbanistica (cfr. Cons. St., sez. IV, 23 settembre 2004, n. 6212).
… …
Orbene, e per concludere sul punto, il t.u. edilizia:
“a) ha riprodotto l’essenza delle disposizioni ante vigenti relative alla disciplina edilizia nelle c.d. “zone bianche”;
b) ha rispettato la natura di principio fondamentale della legislazione statale, in parte qua, accentuando i profili di tutela di alcuni valori costituzionali ritenuti preminenti, in coerenza con l’evoluzione della scienza urbanistica, della legislazione nazionale e del diritto internazionale ivi incluso quello comunitario;
c) ha sciolto i principali dubbi esegetici che si erano affacciati nella prassi, mantenendosi all’interno di quelle erano state le soluzioni prospettate, senza crearne di nuove ed eccentriche” (sentenza Consiglio Stato sez. IV, n. 1466 del 26 gennaio 2010).

           
e come quelle relative al cosiddetto Piano Casa Campania di cui alla L.R. 19 del 28 dicembre 2009 e s.m.i. , che all’art. 12, comma 5, prevede espressamente :

Nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, per la realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge, si applicano le disposizioni del decreto ministeriale n.1444/68 e dell’articolo 9 del DPR n.380/2001.




2. POSSIBILI SOLUZIONI

Chiariti i limiti “ATTUALI” entro i quali collocare il problema riassunto nel quesito, è possibile individuare almeno tre direttrici percorribili dal Sig. Rossi:

2.1  APPLICAZIONE DEI LIMITI DI CUI ALL’ART. 9, comma 1, Lett. A), DEL DPR 380/01 e s.m.i.
Essendo “principio consolidato che la domanda edificatoria deve essere valutata alla stregua della normativa vigente al momento in cui l’amministrazione provvede su di essa(cosi si è ripetutamente espresso il giudice amministrativo), per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Del Vecchio potrà sottoporre all’Amministrazione Comunale un progetto che – nel rispetto delle limitazioni di cui all’art. 9 , comma 1, lett. a) del dpr 38/01 – preveda l’esecuzione di lavori rientranti nella seguente tipologia individuata all’art. 3 del medesimo dpr 380/01:
c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;”.
In virtù di tale disciplina, infatti, non è vietato imprimere all’immobile costruito nel 2004 un uso diverso ma solo un uso “non compatibile”. Operandosi, pertanto, su un edificio “produttivo”, la sua destinazione d’uso in edificio parimenti collocabile nella tipologia degli edifici “produttivi” non costituisce una “modifica di destinazione” ma una mera diversificazione nell’uso di fatto (tanto per dire: un immobile destinato alla produzione di pomodori San Marzano non subisce un mutamento di destinazione d’uso quanto viene destinato alla produzione di carciofini sott’olio, ecc…. In ogni caso, posto che ai sensi dell’art. 5 del D.M. 2/4/1968 N. 1444 la qualificazione di insediamenti “produttivi” assomma sia gli insediamenti “di carattere industriale o ad essi assimilabili” che gli insediamenti “di carattere commerciale e direzionale”, può essere di aiuto, per i più restii, ricordare cosa ne pensava il Legislatore Campano prima di giungere alla LRC 16/04:

Regione Campania - Legge Regionale 6 maggio 1975, n. 26 – “Norme da osservare nei comuni sforniti di strumenti urbanistici” - Pubblicato su BURC, n. 20 del 07/05/1975

Art. 1 - Nel territorio di tutti i comuni della Regione Campania, che siano tuttora sforniti di piani regolatori o di programmi di fabbricazione debitamente approvati, continuano ad applicarsi le limitazioni all' attività edilizia di cui all' articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765  .
Art. 2 - Ai fini dell' applicazione del 3º comma dell' articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 , nel territorio dei comuni sforniti di piani regolatori o di programmi di fabbricazione debitamente approvati, si considerano edifici produttivi le costruzioni e in genere i manufatti fissati stabilmente al suolo che siano destinati, esclusivamente o in proporzione non inferiore ai quattro quinti del volume occupato, a laboratori o ad officine di carattere industriale o artigiano, o ad aziende agricole; ovvero che, anche al di fuori di detta ipotesi, siano comunque destinati esclusivamente o in proporzione di almeno quattro quinti del volume occupato:
a)      all' installazione o al deposito di attrezzature o macchinari per la estrazione, il trattamento o il trasporto di acque o di sostanze naturali, per la produzione o distribuzione di energia, per la trasformazione o la lavorazione di prodotti;
b)      alla conservazione o al deposito di materie prime, di prodotti semilavorati e di scorte;
c)      al magazzinaggio e all' imballaggio di merci, o a mercati all' ingrosso;
d)      al ricovero di automezzi adibiti al trasporto di prodotti industriali o agricoli;
e)      ad impianti di ricerca scientifica;
f)        ad altre funzioni strettamente affini o accessorie a quelle sopra indicate, con esclusione però di qualsiasi utilizzazione abitativa dell' edificio, anche a carattere temporaneo, salvo che si tratti di alloggi di custodia o di servizio, e sempre che le funzioni stesse non abbiano carattere di complementarietà ad insediamenti abitati.
 

2.2 APPLICAZIONE DEL REGIME DEROGATORIO DI CUI ALL’ART. 4, comma 7, DELLA LRC 19/09 e s.m.i.
Ove dovesse (in modo altrettanto argomentato e motivato) ritenersi non perseguibile la strada ordinaria di cui al precedente punto 2.1, è indubbio che:
»     ricadendo, l’immobile edificato nel 2004, inoppugnabilmente in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     essendo inoppugnabilmente sancito dall’art. 12, comma 5, che le facoltà derogatorie della LRC 19/09 si applicano anche agli immobili ricadenti in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     ed essendo inoppugnabilmente previsto all’art. 4, comma 7, della LRC 19/09 e s.m.i. che : “E’ consentito su edifici non residenziali regolarmente assentiti, destinati ad attività produttive, commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi restando i casi di esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la realizzazione di opere interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti nell’ambito dell’attività autorizzata, per la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture esistenti, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. I medesimi interventi possono attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi una superficie non superiore a cinquecento metri quadrati, non devono in alcun modo incidere sulla sagoma e sui prospetti dell’edificio, né costituire unità immobiliari successivamente frazionabili”;
»     dunque la conseguenza è ovvia: per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Rossi potrà sottoporre all’Amministrazione Comunale un progetto da approvarsi in regime derogatorio “straordinario”.



2.3 APPLICAZIONE DEI PRINCIPI E DEGLI OBBLIGHI GENERALI IN CAPO ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
Mi si consenta, su questo aspetto residuale (non per importanza ma perché opzione connotata da argomentazioni giuridiche che meritano di essere trattate su un piano e con una prospettiva meno operativa) di rinviare semplicemente ai brani del giudice amministrativo sopra riportati, segnalando che – ove dovessero ritenersi non perseguibili la strada ordinaria di cui al precedente punto 2.1 e quella straordinaria di cui al precedente punto 2.2,  è indubbio che:
»     ricadendo, l’immobile edificato nel 2004, inoppugnabilmente in area disciplinata dall’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     e sussistendo l’obbligo generale della Pubblica Amministrazione di provvedere alla Pianificazione delle aree assoggettate alle limitazioni dell’art. 9 del dpr 380/01 e s.m.i.;
»     la conseguenza è ovvia: per poter ri-destinare l’immobile ad usi produttivi diversi da quelli autorizzati nel 2004 il Sig. Rossi potrà sottoporre all’Amministrazione Comunale l’istanza per attribuire – all’area ed all’immobile edificati – una nuova ed appropriata destinazione urbanistica.


2. … e in conclusione …

Spett.le Sig. Rossi, ho sentito che gridava “help me!” … …
… e mi sono scapicollato per lanciarle questo salvagente …. …


Mi dica che ho fatto in tempo … … .


Piedimonte Matese 8/8/2013

Geom. Bottone Marcellino