lunedì 25 agosto 2014

IL PIANO CASA CAMPANIA E LE AZIENDE AGRICOLE

Mail del 21/7/2014
Spett.le geom. Bottone  approfitto della   Vs disponibilità   e le sottopongo un mio dubbio .
Per gli interventi di cui all’Art. 6 bis Legge Regionale n. 19 /2009  c. 5  “In deroga agli strumenti urbanistici vigenti, al fine di adeguare, incentivare e valorizzare l’attività delle aziende agricole, è consentita la realizzazione di nuove costruzioni ad uso produttivo nella misura massima di 0,03 mc/mq di superficie aziendale”   è necessario che vi sia il piano aziendale e che il richiedente sia imprenditore agricolo titolare di azienda agricola . Inoltre  se a tale  indice, secondo voi,  può essere  sommato  quello già previsto  dallo strumento urbanistico   PRG
La ringrazio anticipatamente e le porgo i miei cordiali saluti.  Arch. Rossi (nome di fantasia) .


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Spett. Arch. Rossi (nome di fantasia),

non ho ben compreso il “senso” del dubbio che mi sottopone, e dunque le risponderò in ragione delle deduzioni (che potrebbero essere sbagliate) tratte dalla sua mail.

Il tema è delineare i limiti applicativi della seguente norma del Piano Casa :

Legge Regionale n. 19 del 28 dicembre 2009 e s.m.i.
Art. 6–bis - Interventi edilizi in zona agricola
Comma 5

5. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti, al fine di adeguare, incentivare e valorizzare l’attività delle aziende agricole, è consentita la realizzazione di nuove costruzioni ad uso produttivo nella misura massima di 0,03 mc/mq di superficie aziendale.


Dal tenore letterale della norma si ricavano, senza necessità di usare filtri o mediazioni interpretative di sorta, i seguenti elementi significativi :

  • LO SCOPO : la norma è volta a incentivare, con previsione di particolare favore quale la “deroga agli strumenti urbanistici vigenti”, chi è interessato ad “adeguare, incentivare e valorizzare l’attività delle aziende agricole”;

  • I MODI : per raggiungere gli obiettivi di cui sopra è concessa la facoltà  di pervenire – anche in “deroga agli strumenti urbanistici vigenti” – alla “realizzazione di nuove costruzioni ad uso produttivo”;

  • I LIMITI : unico limite alla “deroga agli strumenti urbanistici vigenti” è individuato nel “volume” delle “nuove costruzioni ad uso produttivo” che, infatti, deve essere contenuto “nella misura massima di 0,03 mc/mq di superficie aziendale”.

Dunque, a partire da queste premesse testuali, mi pare agevole pervenire alle seguenti considerazioni:

  • a beneficiare della norma possono essere in via esclusiva le “aziende agricole(come definite dalla legislazione fiscale di settore) che erano – al momento dell’entrata in vigore della legge -  già operanti sul territorio ;

  • per beneficiare della norma non è richiesto – expressis verbis - che “il richiedente sia imprenditore agricolo titolare di azienda agricola”, trattandosi di “titolo” soggettivo che non fonda il diritto a costruire ma, al massimo, il diritto alle agevolazioni connesse  (esenzione oneri, fiscali, ecc….)[1];

  • per determinare il volume ex-novo delle “nuove costruzioni ad uso produttivo” edificabili in base alla norma, non deve aversi alcuna considerazione per le potenzialità edificatorie espresse (alias: per l’edificato) o esprimibili (alias: per quanto è ancora edificabile applicando gli indici dello strumento urbanistico) dalla “superficie aziendale”.
Conducono a tale conclusione queste evidenze:
-          la prima impinge nel tenore “letterale” della norma, la quale esprime il suo portato derogativo nel rapporto “diretto” tra il volume di una nuova “costruzione” e la “superficie aziendale”, rapporto che in nessun caso può superare il limite di ”0,03 mc/mq[2] ;
-          la seconda nel rispetto del principio di non contraddizione: se, ai fini del computo del volume a costruirsi ex novo, la norma avesse voluto  “escludere” quello/i già eventualmente asservito/i ad una azienda, non avrebbe dovuto riferirsi alla  “superficie aziendale(termine, infatti, che include tali eventuali volumi)[3];
-          la terza nel rispetto del principio di uguaglianza: se, ai fini del computo del volume a costruirsi ex novo, la norma imponesse “la decurtazione” di quello potenzialmente  esprimibile dalla  “superficie aziendale” in base agli ordinari indici dello strumento urbanistico, si perverrebbe ad una ingiustificata “discriminazione” nell’esercizio della facoltà derogatoria. Valga, per tutte, la seguente esemplificazione:


AZIENDA AGRICOLA 1
AZIENDA AGRICOLA 2
Superficie aziendale
mq 10000
Superficie aziendale
ma 10000
Volume Edificabile in base al PRG
mc 1000
Volume Edificabile in base al PRG
mc 1000
Volume Edificato
mc 700
Volume Edificato
mc 900
Volume residuo Edificabile in base al PRG
mc 300
Volume residuo Edificabile in base al PRG
mc 100
Volume Edificabile in deroga al PRG
[(mq 10.000 x 0.03) – mc 300)]
mc 0,00
Volume Edificabile in deroga al PRG
[(mq 10.000 x 0.03) – mc 500)]
mc 200
Conclusione ?
Se si dovesse decurtare - dal volume eseguibile in deroga ai sensi dell’art. 6-bis,  comma 5, del Piano Casa - il volume eseguibile in base al Prg, si perverrebbe a discriminare tra due aziende agricole di uguali dimensioni (nell’esempio, infatti, solo all’Azienda 2 si concederebbe di costruire in deroga). Giungendo fino all’assurdo di vietare ad una azienda ciò che la norma consente: di costruire in deroga (nell’esempio, infatti,  all’Azienda 1 si concederebbe di costruire in deroga un volume pari a “zero” … … sic!)



  • quanto alla domanda: se a tale  indice, secondo voi,  può essere  sommato  quello già previsto  dallo strumento urbanistico   PRG , per quanto sin qui ho argomentato, mi sembra chiara la ragione per la quale deve rispondersi “SI”.


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Nella speranza di averle fornito considerazioni utili, la saluto cordialmente.


Piedimonte Matese (CE) 22 luglio 2014
                     
                                                                                        Geom. Bottone Marcellino



[1] Le allego, benchè tratti una diversa questione relativa all’applicazione dell’art. 6-bis, un parere in cui ho trattato una analoga questione relativa al rapporto tra facoltà derogatoria possesso di un”titolo” soggettivo in capo al richiedente.
[2] In altre parole, l’inequivocabilità ed autosufficienza della norma non consente l’aggiunta di qualunque ulteriore parametro che possa “condizionarne” lo scopo dichiarato expressis verbis di concedere la facoltà di costruire – indipendentemente dallo status quo ante ed, anzi, anche in deroga allo strumento urbanistico - nuovi edifici nella misura massima di 0,03 mc/mq di superficie aziendale.
[3] Ad esempio avrebbe dovuto far uso del più consono ed appropriato termine: “superficie edificabile” (o di similari, quali “aree libere”, “superficie catastale”, ecc…) .

TERRAZZAMENTI, MURETTI A SECCO E SANATORIA PAESAGGISTICA

L’esecuzione – in assenza di autorizzazione paesaggistica - di lavori consistenti nella sistemazione dei terreni con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti  da murature a secco è ammissibile a sanatoria ai sensi e per gli effetti dell’art. 167 del D.Lvo 42/2004 e s.m.i.,?

Contributo del geom. Bottone Marcellino
(pubblicato sul sito VENETOIUS.it)


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Il problema

 

 

Sul sito http://venetoius.it è comparso, il 16 luglio 2014, il seguente articolo:

 

“S.O.S. tecnico: le opere di miglioramento fondiario possono ottenere la compatibilità paesaggistica?

Un tecnico comunale (che ringraziamo sentitamente per la segnalazione)  chiede se per le opere abusive di miglioramento fondiario e/o di sistemazione agraria (per esempio terrazzamenti con “masiere” o modellature collinari)  sia possibile ottenere l’accertamento di compatibilità dal punto di vista paesaggistico, ai sensi dei commi 4 e 5 dell’articolo 167 del decreto legislativo 42/2004.
La Soprintendenza sembra ritenere (se capiamo bene) che non si possa concedere la sanatoria, perché non trattasi di opere edilizie che incidono su manufatti o edifici.
A tal proposito si ricorda il tenore dell’art. 181, c. 1 ter, lett. a) del D. Lgs. n. 42/2004, secondo cui: “1-ter. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.
Tuttavia la posizione della Soprintendenza appare confusa, perché è ben possibile che un’opera abusiva incida su un edificio, senza creare né volumi né superfici, perchè non sembra scritto da nessuna parte che la compatibilità paesaggistica si applichi solo aglio edifici e anche perché bisogna distinguere meglio i concetti.
Per quanto riguarda, infatti, le  opere di sbancamento o di creazione di strade, la giurisprudenza, soprattutto quella penale, sembra aver introdotto un concetto di superficie molto ampio, che non c’entra nulla con la superficie in edilizia. In altre parole, il concetto  ambientale-paesaggistico di superficie utile sarebbe diverso da quello edilizio-urbanistico e comprenderebbe anche opere come le strade (anche in terra battuta) o i piazzali.
In sostanza ogni intervento che modifica e/o incida il profilo paesaggistico, creando una superficie dal punto di vista paesaggistico, non potrebbe ottenere la compatibilità paesaggistica, anche se dal punto di vista edilizio non costituisce nè volume nè superficie utile. 
Ovviamente se interpretata alla lettera tale conclusione porterebbe a negare a priori la quasi totalità delle sanatorie paesaggistiche de quibus.
Voi cosa ne pensate?
Alleghiamo la scambio di corrispondenza tra il Comune e la Soprintendenza.”



La premessa di un geometra


Per introdurre argomentazioni comprensibili e fondate intorno al problema posto dal tecnico del Comune di Fumane (Verona), provo ad anteporre alcune sintetiche e attinenti  considerazioni generali.

Tutta la disciplina di tutela contenuta nel Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. assume come elemento fondante che “sono beni paesaggistici” (art. 134) gli immobili e le aree costituenti “parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni.” (art. 131, comma 1).

E infatti “l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione” (art. 146, comma 2) è rivolto ai “proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico” (art. 146, comma 1).

E, per la stessa ragione, il divieto “non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione” – imposto ai “proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolodall’art. 146 comma 1 – si riconnette sempre agli immobili e le aree  individuati come di interesse paesaggistico.

Di fronte all’obiettivo di disciplinare la tutela di un bene (il paesaggio) costituito da immobili e  aree, il Legislatore non ha – comprensibilmente – assoggettato l’efficacia delle scelte e dei comportamenti delle amministrazioni ad un ridotto o settoriale glossario di riferimento, potendo – questo bene – essere indifferentemente compromesso da:
    attività dell’uomo riferibili a edifici nuovi o preesistenti;
    attività dell’uomo riferibili a trasformazione di luoghi;
    attività dell’uomo riferibili ad esigenze generali di tipo produttivo ed anche conservativo.



Per giungere ad una corretta interpretazione della disciplina sanzionatoria volta a punire le violazioni del regime di tutela dei beni paesaggistici, non si può partire che da queste premesse generali, risultando evidentemente incongruo un improvviso salto deduttivo astratto o addirittura apodittico in un mondo argomentativo alieno.

Dunque:
  • se oggetto della norme di tutela sono immobili e  aree ;
  • se le attività da assoggettare a controllo preventivo sono quelle in grado di alterare l’aspetto esteriore di immobili e  aree;
  • e se tali attività sono tanto quelle propriamente edilizie (nuove costruzioni, trasformazioni di quelle esistenti) e quelle conformative generali (urbanizzazioni e infrastrutturazioni) che potremmo definire di tipo “diretto”, quanto quelle d’uso (attività agro-silvo-pastorali, coltivazione/sfruttamento delle risorse naturali, colturali, ecc…) che potremmo definire di tipo “indiretto”;
  • come interpretare l’art. 167 del D.Lvo 42/04 e s.m..i. ?
  • e, in particolare, come discriminare l’ammissibilità a “sanatoria” di violazioni alle norme di tutela consistenti nella esecuzione di “interventi di miglioramento fondiario” o “sistemazione agraria” (ad es. : sistemazione dei terreni con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti  da murature a secco) in assenza di autorizzazione paesaggistica?




La norma



Partiamo dalla norma (di cui si evidenziano, in rosso, le parti peculiari) :

Capo II
Sanzioni relative alla Parte terza

Articolo 167.
(Ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria)
1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore e' sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.
2. Con l'ordine di rimessione in pristino e' assegnato al trasgressore un termine per provvedere.
3. In caso di inottemperanza, l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d'ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d'ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall'accertamento dell'illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi delle modalità operative previste dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d'intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero della difesa.
4. L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorita' preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore e' tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.
L'importo della sanzione pecuniaria e' determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.
6. Le somme riscosse per effetto dell'applicazione del comma 5, nonché per effetto dell'articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono utilizzate, oltre che per l'esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti.




L’interpretazione della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto

Dal parere della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto fornito al Comune di Fumane emerge la seguenti tesi:

gli “interventi di miglioramento fondiario” o “sistemazione agraria” eseguiti in assenza di autorizzazione paesaggistica non sono sanabili ai sensi dell’art. 167 del D.Lvo 42/04, in quanto “l’accertamento di compatibilità paesaggistica non può essere applicato a fattispecie non riconducibili al novero delle opere edilizie”.


E’, però, una tesi non solo esposta senza indicare il sostrato deduttivo-argomentativo di tipo logico giuridico dalla quale promana, ma addirittura imbarazzante perché argomentata a partire dalla seguente citazione del G.A. (tar Napoli, 1348/2012) : “la norma di cui all’art. 167 non può essere applicata ad un’attività che – pur non essendo di natura edilizia – modifica il paesaggio(come a dire che la tesi della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto è smentita dalla pronuncia su cui si basa, essendo inequivocabile che per il G.A. l’inapplicabilità dell’art. 167 non dipende affatto dalla “natura edilizia” di un’attività).

Dal medesimo parere della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto fornito al Comune di Fumane emerge anche l’adesione al seguente criterio interpretativo (variamente estrapolato dalla citata enunciazione del G.A. e da Dottrina) dell’art. 167 :


l’accertamento di compatibilità paesaggistica, costituendo eccezione ad un principio generale di segno contrario,” si applica solo ai “casi di modifica all’aspetto esteriore dei luoghi che risultino privi di rilievo percettivo”


E in questo caso, più che una tesi imbarazzante, si afferma la logica del triplo salto carpiato nell’assurdo, poiché a questa conclusione si perviene cosi argomentando :


Infattila percepibilità della modificazione dell’aspetto esteriore del bene protetto costituisce in prerequisito di rilevanza paesaggistica del fatto”, derivandone quindi chela non percepibilità della modificazione dell’aspetto esteriore del bene protetto elide in radice la sussistenza dell’illecito contestato

come a dire che – secondo la della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto – la sanatoria di cui all’art. 167 si applica solo agli interventi che non costituiscono illecito …  (sic!).





I limiti applicativi dell’art. 167



In disparte le inequivocabili contraddizioni intrinseche con cui la Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto si è esposta nel disegnare i limiti applicativi dell’art. 167 del D.Lvo 42/04 e s.m.i., con quali argomenti possiamo decidere sulla eventuale corrispondenza degli stessi a quelli effettivamente enunciati dal Legislatore?

Proviamo col metodo “Marzulliano” di farci una domanda e darci una risposta.


  • Domanda: E’ vero che l’art. 167 vieta la sanatoria di abusi costituenti “ALTERAZIONE DELL’ASPETTO ESTERIORE” dello status quo ante ?
Risposta: NO, perché - tralasciando le ovvie considerazioni di ordine generale[1] già formulate - è inequivocabile che la norma ammette al giudizio di compatibilità le violazioni consistenti in lavori “che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;(art. 167, comma 4, lett. a). Letteralmente, dunque, il parametro dell’invarianza esteriore dello status quo ante abuso non costituisce, per il legislatore, impedimento alla sanatoria. Si potrebbe derivare, semmai, che mentre la “creazione di superfici utili o volumi” impedisce “sempre” l’ammissibilità a sanatoria (dunque, anche quando non ne derivino variazioni esteriori), l’ammissibilità a sanatoria di variazioni esteriori è ostacolata “solo” se associata alla “creazione di superfici utili o volumi”.



  • Domanda: E’ vero che l’art. 167 vieta la sanatoria di abusi costituenti “fattispecie non riconducibili al novero delle opere edilizie”?
Risposta: NO, perché è inequivocabile che la norma ammette al giudizio di compatibilità le violazioni consistenti in “lavori(termine a-tecnico evidentemente più ampio e omnicomprensivo che “opere edilizie”) che non diano luogo alla “creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati(art. 167, comma 4, lett. a).
Per il legislatore, in altri termini, l’impedimento alla sanatoria non dipende dalla “natura/qualificazione” del lavoro che si mette in campo, ma dalle sue conseguenze sullo status quo ante abuso.
Si accede a questa conclusione, tra l’altro, osservando che - se cosi non fosse -  si perverrebbe alla conseguenza incongrua secondo la quale, per il Legislatore,  l’ammissibilità a “compatibilità paesaggistica“ degli abusi non dipende dal fatto sostanziale che “non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, ma dal modo in cui si perviene a tale esito.
Opporsi a queste evidenze è legittimo, ma impone di fornire adeguate spiegazioni al  non sense di una tesi che scrimina l’ammissibilità a “compatibilità paesaggistica“ degli abusi ritenendo più grave che si operi con comportamenti costituenti fattispecie non riconducibili al novero delle opere edilizie(ritenuti non sanabili) e non il contrario (sic!).


  • Domanda: E’ vero che l’art. 167 consente solo la sanatoria di “abusi minori”?
Risposta: NO, il concetto di “abuso minore” è di derivazione dottrinaria la cui valenza è utili ai fini dell’argomentazione, non al fine di affermare portato indefettibile a fondamento di una tesi.

Ad esempio, quando il Legislatore stabilisce l’ammissibilità a “compatibilità paesaggistica” di abusi consistenti nell’ “impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica”, potremmo ritenere che alluda alla sanabilità di “abusi minori”, specialmente se si somma tale limitazione a quella precedente “che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.
Ma resteremmo della stessa opinione se, ad esempio, immaginassimo l’applicazione di tale facoltà alla costruzione di un edificio in cemento armato in luogo di un edificio in mattoni?
O alla costruzione di un ponte in legno in luogo del previsto ponte in pietra ? … …

Scriminare i limiti di applicazione dell’art. 167 in base ad una soggettiva estrapolazione di un concetto extra-normativo indefinito come l’abuso minore è pericoloso, perché potrebbe indurre qualcuno a sfruttare ovvi argomenti analogici per dire che :
1.    ai fini della applicazione di sanzioni per violazione alle norme di tutela paesaggistica, il Legislatore non ha definito il concetto di abuso minore;
2.    vero è che il Legislatore ha stabilito che vi sono interventi ammissibili a sanatoria ed altri no;
3.    e che, in tal senso, si può certamente concludere che il discrimine tra ammissibilità e inammissibilità a sanatoria riflette l’assunzione di un criterio di sostanza, di “entità”, tale per cui si può concepire la necessità di un controllo più o meno intenso che sia direttamente proporzionale alla consistenza di un abuso;
4.    d’altronde, sappiamo per certo che il Legislatore distingue tra “interventi pesanti(assoggettandoli a controllo “forte”[2]), “interventi inconsistenti(sottraendoli ad ogni forma di controllo[3]) e “interventi di lieve entità[4](assoggettandoli a controllo “debole”[5]) ;
5.    ma allora, se quartum non datur, non dobbiamo necessariamente dedurre che – per il Legislatore – l’unico attributo di “minore” si associa agli “interventi di lieve entità”?
6.    e non dovremmo dunque legittimare una corrispondenza tra gli “interventi di lieve entità” definiti nell’allegato al DPR 139/2010 e la definizione di un concetto di “abuso minore“ che aiuti a scriminare l’applicabilità dell’art. 167 del D.Lvo 42/04 ?
7.    rispondendo “SI” a questa domanda, cioè riconoscendo piena legittimità ed intrinseca coerenza a questa strada logico-argomentativa suffragata da riferimenti normativi intelligibili tali da sottrarla al giudizio di “mera speculazione”, potremmo/dovremmo/vorremmo definire “minori” interventi quali :
“1. Incremento di volume non superiore al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiore a 100 mc. (la presente voce non si applica nelle zone territoriali omogenee "A" di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e ad esse assimilabili e agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice). Ogni successivo incremento sullo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria ordinaria;
2. interventi di demolizione e ricostruzione con il rispetto di volumetria e sagoma preesistenti. La presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
3. interventi di demolizione senza ricostruzione o demolizione di superfetazioni (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
4. interventi sui prospetti degli edifici esistenti, quali: aperture di porte e finestre o modifica delle aperture esistenti per dimensione e posizione; interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti; realizzazione o modifica di balconi o terrazze; inserimento o modifica di cornicioni, ringhiere, parapetti; chiusura di terrazze o di balconi già chiusi su tre lati mediante installazione di infissi; realizzazione, modifica o sostituzione di scale esterne (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice); 5. interventi sulle coperture degli edifici esistenti, quali: rifacimento del manto del tetto e delle lattonerie con materiale diverso; modifiche indispensabili per l'installazione di impianti tecnologici; modifiche alla inclinazione o alla configurazione delle falde; realizzazione di lastrici solari o terrazze a tasca di piccole dimensioni; inserimento di canne fumarie o comignoli; realizzazione o modifica di finestre a tetto e lucernari; realizzazione di abbaini o elementi consimili (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
6. modifiche che si rendono necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica ovvero per il contenimento dei consumi energetici degli edifici;
7. realizzazione o modifica di autorimesse pertinenziali, collocate fuori terra ovvero parzialmente o totalmente interrate, con volume non superiore a 50 mc, compresi percorsi di accesso ed eventuali rampe. Ogni successivo intervento di realizzazione o modifica di autorimesse pertinenziale allo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria ordinaria;
8. realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq;
9. realizzazione di manufatti accessori o volumi tecnici di piccole dimensioni (volume non superiore a 10 mc); 10. interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche, anche comportanti modifica dei prospetti o delle pertinenze esterne degli edifici, ovvero realizzazione o modifica di volumi tecnici. Sono fatte salve le procedure semplificate ai sensi delle leggi speciali di settore (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
11. realizzazione o modifica di cancelli, recinzioni, o muri di contenimento del terreno (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
12. interventi di modifica di muri di cinta esistenti senza incrementi di altezza;
13. interventi sistematici nelle aree di pertinenza di edifici esistenti, quali: pavimentazioni, accessi pedonali e carrabili di larghezza non superiore a 4 m, modellazioni del suolo, rampe o arredi fissi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
14. realizzazione di monumenti ed edicole funerarie all'interno delle zone cimiteriali;
15. posa in opera di cartelli e altri mezzi pubblicitari non temporanei di cui all'art. 153, comma 1 del Codice, di dimensioni inferiori a 18 mq, ivi comprese le insegne per le attività commerciali o pubblici esercizi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettere a), b) e c) del Codice);
16. collocazione di tende da sole sulle facciate degli edifici per locali destinati ad attività commerciali e pubblici esercizi;
17. interventi puntuali di adeguamento della viabilità esistente, quali: adeguamento di rotatorie, riconfigurazione di incroci stradali, realizzazione di banchine e marciapiedi, manufatti necessari per la sicurezza della circolazione, nonché quelli relativi alla realizzazione di parcheggi a raso a condizione che assicurino la permeabilità del suolo, sistemazione e arredo di aree verdi;
18. interventi di allaccio alle infrastrutture a rete, ove comportanti la realizzazione di opere in soprasuolo;
19. linee elettriche e telefoniche su palo a servizio di singole utenze di altezza non superiore, rispettivamente, a metri 10 e a metri 6,30;
20. adeguamento di cabine elettriche o del gas, ovvero sostituzione delle medesime con altre di tipologia e dimensioni analoghe;
21. interventi sistematici di arredo urbano comportanti l'installazione di manufatti e componenti, compresi gli impianti di pubblica illuminazione;
22. installazione di impianti tecnologici esterni per uso domestico autonomo, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
23. parabole satellitari condominiali e impianti di condizionamento esterni centralizzati, nonché impianti per l'accesso alle reti di comunicazione elettronica di piccole dimensioni con superficie non superiore ad 1 mq o volume non superiore ad 1 mc (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
24. Installazione di impianti di radiocomunicazioni elettroniche mobili, di cui all'articolo 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, che comportino la realizzazione di supporti di antenne non superiori a 6 metri se collocati su edifici esistenti, e/o la realizzazione di sopralzi di infrastrutture  esistenti come pali o tralicci, non superiori a 6 metri, e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle antenne, costituenti volumi tecnici, tali comunque da non superare l'altezza di metri 3 se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente a terra;
25. installazione in soprasuolo di serbatoi di GPL di dimensione non superiore a 13 mc, e opere di recinzione e sistemazione correlate;
26. impianti tecnici esterni al servizio di edifici esistenti a destinazione produttiva, quali sistemi per la canalizzazione dei fluidi mediante tubazioni esterne, lo stoccaggio dei prodotti e canne fumarie;
27. posa in opera di manufatti completamente interrati (serbatoi, cisterne etc.), che comportino la modifica della morfologia del terreno, comprese opere di recinzione o sistemazione correlate;
28. pannelli solari, termici e fotovoltaici fino ad una superficie di 25 mq (la presente voce non si applica nelle zone territoriali omogenee "A" di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, e ad esse assimilabili, e nelle aree vincolate ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del Codice), ferme restando le diverse e più favorevoli previsioni del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, recante "Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE", e dell'articolo 1, comma 289, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)";
29. nuovi pozzi, opere di presa e prelievo da falda per uso domestico, preventivamente assentiti dalle Amministrazioni competenti, comportanti la realizzazione di manufatti in soprasuolo;
30. tombinamento parziale di corsi d'acqua per tratti fino a 4 m ed esclusivamente per dare accesso ad abitazioni esistenti e/o a fondi agricoli interclusi, nonché la riapertura di tratti tombinati di corsi d'acqua;
31. interventi di ripascimento localizzato di tratti di arenile in erosione, manutenzione di dune artificiali in funzione antierosiva, ripristino di opere di difesa esistenti sulla costa;
32. ripristino e adeguamento funzionale di manufatti di difesa dalle acque delle sponde dei corsi d'acqua e dei laghi;
33. taglio selettivo di vegetazione ripariale presente sulle sponde o sulle isole fluviali;
34. riduzione di superfici boscate in aree di pertinenza di immobili esistenti, per superfici non superiori a 100 mq, preventivamente assentita dalle amministrazioni competenti;
35. ripristino di prati stabili, prati pascolo, coltivazioni agrarie tipiche, mediante riduzione di aree boscate di recente formazione per superfici non superiori a 5000 mq, preventivamente assentiti dalle amministrazioni competenti;
36. taglio di alberi isolati o in gruppi, ove ricompresi nelle aree di cui all'articolo 136, comma 1, lettere c) e d), del Codice, preventivamente assentito dalle amministrazioni competenti;
37. manufatti realizzati in legno per ricovero attrezzi agricoli, con superficie non superiore a 10 mq;
38. occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni;
39. strutture stagionali non permanenti collegate ad attività turistiche, sportive o del tempo libero, da considerare come attrezzature amovibili.”
8.    E’ evidente il pericolo … … ?




Le conclusioni di un geometra



Obiettivo di questa analisi-commento, era di provare a fornire un contributo al tentativo di risolvere un problema che – seppur emerso dal rapporto tra il Comune di Fumane e la competente Soprintendenza ai BB. PP. – è di interesse generale, e che attiene alla individuazione dei limiti di applicabilità del regime sanzionatorio previsto dall’art. 167 del D.Lvo 42/04 e s.m.i. .

Non si vuole, però, sfuggire alla responsabilità della concretezza tacendo “nel merito” del problema posto dal Comune e delle tesi sostenute dalla Soprintendenza, e cioè di rispondere alla domanda:
ai sensi e per gli effetti dell’art. 167 del D.Lvo 42/2004 e s.m.i., l’esecuzione – in assenza di autorizzazione paesaggistica - di lavori consistenti nella sistemazione dei terreni con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti  da murature a secco è ammissibile a sanatoria?

Per tutto quanto si è detto nelle pagine che precedono queste conclusioni, si ritiene che alla domanda possa rispondersi nei termini che seguono:

1.            in linea di principio non può negarsi l’ammissibilità al giudizio di compatibilità paesaggistica di tali violazioni, in quanto – ai sensi dell’art. 167, comma 4, lett. a) del D.Lvo 42/04 – consistono inequivocabilmente in  “lavori … che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati“;

2.           chi affermi l’opposta tesi dell’inammissibilità, argomentando: perché “l’accertamento di compatibilità paesaggistica non può essere applicato a fattispecie non riconducibili al novero delle opere edilizie”, invoca un limite:

-                  inespresso” dalla norma (che imprime il suo valore dispositivo nel termine “lavori”);
-                  incongruo(perché tutta la disciplina di tutela assume e stabilisce come oggetto “immobili e aree” costituenti “Bene Paesaggistico”, oggetti cui si attaglia correttamente il più generale termine di “lavori”);
-                  insanabilmente “contraddittorio(perché con l’argomento “l’accertamento di compatibilità paesaggistica non può essere applicato a fattispecie non riconducibili al novero delle opere edilizie“ non si può negare la sanabilità di lavori che – consistendo nella “sistemazione dei terreni con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti  da murature a secco” – sono, per l’appunto, “riconducibili al novero delle opere edilizie“ … … );  

3.           naturalmente resta aperto il problema delle “dimensioni” di un fenomeno abusivo come quello della “esecuzione – in assenza di autorizzazione paesaggistica - di lavori consistenti nella sistemazione dei terreni con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti  da murature a secco, essendo di immediata percezione che assegnare il medesimo peso ad  interventi “puntuali” e ad interventi “estesi” sarebbe altrettanto illogico e incompatibile con un regime di tutela significativamente “qualitativo”. Ma questo è un altro discorso.




Piedimonte Matese (CE) , 18 luglio 2014
                                                                                           Geom. Bottone Marcellino



[1] L’unica ragione per cui è giuridicamente giustificabile l’esistenza dell’art. 167 nel corpus del D.Lvo 42/04 è che i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggisticopossano – in assenza di autorizzazione o in difformità da quanto autorizzato – dar luogo a interventi che possono distruggerli, … (o) introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”.
[2] Cioè ad autorizzazione paesaggistica preventiva sulla base di procedimento complesso
[3] Tali sono quelli elencati all’Articolo 149. (Interventi non soggetti ad autorizzazione) del D.Lvo 42/04 e s.m.i., e cioè :
a)       gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;
b)       gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio;
c)       il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall’Articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.
[4] Vedi articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
[5] Cioè ad autorizzazione paesaggistica semplificata preventiva, ai sensi del D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139