L’esecuzione
– in assenza di autorizzazione paesaggistica - di lavori consistenti nella sistemazione dei terreni con la realizzazione di
terrazzamenti a volte sostenuti da
murature a secco è ammissibile a sanatoria ai
sensi e per gli effetti dell’art. 167 del D.Lvo 42/2004 e s.m.i.,?”
Contributo
del geom. Bottone Marcellino
(pubblicato sul sito VENETOIUS.it)
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Il problema
Sul
sito http://venetoius.it è comparso, il 16 luglio 2014, il seguente articolo:
“S.O.S. tecnico: le opere di
miglioramento fondiario possono ottenere la compatibilità paesaggistica?
Un tecnico comunale (che ringraziamo
sentitamente per la segnalazione) chiede se per le opere abusive di
miglioramento fondiario e/o di sistemazione agraria (per esempio terrazzamenti
con “masiere” o modellature collinari) sia possibile ottenere l’accertamento
di compatibilità dal punto di vista paesaggistico, ai sensi dei commi 4 e 5
dell’articolo 167 del decreto legislativo 42/2004.
A tal proposito si ricorda il tenore
dell’art. 181, c. 1 ter, lett. a) del D. Lgs. n. 42/2004,
secondo cui: “1-ter. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorità amministrativa
competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui
al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:
a) per i lavori, realizzati in
assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano
determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli
legittimamente realizzati”.
Tuttavia la posizione della
Soprintendenza appare confusa, perché è ben possibile che un’opera abusiva
incida su un edificio, senza creare né volumi né superfici, perchè non sembra
scritto da nessuna parte che la compatibilità paesaggistica si applichi solo
aglio edifici e anche perché bisogna distinguere meglio i concetti.
Per quanto riguarda, infatti, le
opere di sbancamento o di creazione di strade, la giurisprudenza,
soprattutto quella penale, sembra aver introdotto un concetto di superficie
molto ampio, che non c’entra nulla con la superficie in edilizia. In altre
parole, il concetto ambientale-paesaggistico di superficie utile sarebbe
diverso da quello edilizio-urbanistico e comprenderebbe anche opere come le
strade (anche in terra battuta) o i piazzali.
In sostanza ogni intervento che
modifica e/o incida il profilo paesaggistico, creando una superficie dal punto
di vista paesaggistico, non potrebbe ottenere la compatibilità paesaggistica,
anche se dal punto di vista edilizio non costituisce nè volume nè superficie
utile.
Ovviamente se interpretata alla
lettera tale conclusione porterebbe a negare a priori la quasi totalità delle
sanatorie paesaggistiche de quibus.
Voi cosa ne pensate?
Alleghiamo la scambio di
corrispondenza tra il Comune e la Soprintendenza.”
La premessa di un geometra
Per
introdurre argomentazioni comprensibili e fondate intorno al problema posto dal
tecnico del Comune di Fumane (Verona), provo ad anteporre alcune sintetiche e
attinenti considerazioni generali.
Tutta
la disciplina di tutela contenuta nel Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n.
42 e s.m.i. assume come elemento fondante che “sono beni paesaggistici” (art. 134) gli immobili e le aree costituenti “parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle
reciproche interrelazioni.” (art.
131, comma 1).
E
infatti “l'obbligo
di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che
intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed
astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta
l'autorizzazione” (art. 146, comma 2) è rivolto ai “proprietari,
possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico”
(art. 146, comma 1).
E,
per la stessa ragione, il divieto “non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che
rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione” –
imposto ai “proprietari,
possessori o detentori a qualsiasi titolo” dall’art.
146 comma 1 – si riconnette sempre agli immobili e le aree
individuati come di interesse
paesaggistico.
Di
fronte all’obiettivo di disciplinare la tutela di un bene (il paesaggio)
costituito da immobili
e aree, il Legislatore non ha – comprensibilmente –
assoggettato l’efficacia delle scelte e dei comportamenti delle amministrazioni
ad un ridotto o settoriale glossario di riferimento, potendo – questo bene –
essere indifferentemente compromesso da:
►
attività
dell’uomo riferibili a edifici nuovi o preesistenti;
►
attività
dell’uomo riferibili a trasformazione di luoghi;
►
attività
dell’uomo riferibili ad esigenze generali di tipo produttivo ed anche
conservativo.
Per
giungere ad una corretta interpretazione della disciplina sanzionatoria volta a
punire le violazioni del regime di tutela dei beni paesaggistici, non si può
partire che da queste premesse generali, risultando evidentemente incongruo un
improvviso salto deduttivo astratto o addirittura apodittico in un mondo
argomentativo alieno.
Dunque:
- se oggetto
della norme di tutela sono immobili e aree ;
- se
le attività da assoggettare a controllo preventivo sono quelle in grado di
alterare l’aspetto esteriore di immobili e aree;
- e
se tali attività sono tanto quelle propriamente edilizie (nuove costruzioni, trasformazioni di
quelle esistenti) e quelle
conformative generali (urbanizzazioni
e infrastrutturazioni) che
potremmo definire di tipo “diretto”, quanto quelle d’uso (attività agro-silvo-pastorali,
coltivazione/sfruttamento delle risorse naturali, colturali, ecc…) che potremmo definire di tipo
“indiretto”;
- come
interpretare l’art. 167 del D.Lvo 42/04 e s.m..i. ?
- e,
in particolare, come discriminare l’ammissibilità a “sanatoria” di
violazioni alle norme di tutela consistenti nella esecuzione di “interventi
di miglioramento fondiario” o “sistemazione agraria” (ad es. : sistemazione
dei terreni con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti da murature a secco) in assenza di
autorizzazione paesaggistica?
La norma
Partiamo
dalla norma (di cui si evidenziano, in rosso, le parti peculiari) :
Capo II
Sanzioni relative alla Parte terza
Articolo 167.
(Ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria)
Sanzioni relative alla Parte terza
Articolo 167.
(Ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria)
2. Con l'ordine di rimessione
in pristino e' assegnato al trasgressore un termine per provvedere.
a) per i lavori,
realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non
abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di
quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di
materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
5. Il proprietario, possessore o
detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli
interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorita' preposta
alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità
paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia
sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere
vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di
novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il
trasgressore e' tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore
importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la
trasgressione.
L'importo della sanzione
pecuniaria e' determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della
domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di
accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi
dell'articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per
gli effetti di cui al presente comma.
6. Le somme riscosse per
effetto dell'applicazione del comma 5, nonché per effetto dell'articolo 1,
comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono
utilizzate, oltre che per l'esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al
comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero
dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree
degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità
possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese
sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione della rimessione in pristino in
danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle
amministrazioni competenti.
L’interpretazione
della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto
Dal
parere della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto fornito al Comune di
Fumane emerge la seguenti tesi:
gli
“interventi di miglioramento fondiario” o “sistemazione agraria” eseguiti in
assenza di autorizzazione paesaggistica non sono sanabili ai sensi dell’art.
167 del D.Lvo 42/04, in quanto “l’accertamento
di compatibilità paesaggistica non può essere applicato a fattispecie non
riconducibili al novero delle opere edilizie”.
E’,
però, una tesi non solo esposta senza indicare il sostrato
deduttivo-argomentativo di tipo logico giuridico dalla quale promana, ma
addirittura imbarazzante perché argomentata a partire dalla seguente citazione
del G.A. (tar Napoli, 1348/2012) : “la norma di cui all’art. 167 non può essere applicata ad un’attività
che – pur non essendo di natura edilizia – modifica il paesaggio” (come a dire che la tesi della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del
Veneto è smentita dalla pronuncia su cui si basa, essendo inequivocabile che
per il G.A. l’inapplicabilità dell’art. 167 non dipende affatto dalla “natura edilizia” di un’attività).
Dal
medesimo parere della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto fornito al
Comune di Fumane emerge anche l’adesione al seguente criterio interpretativo (variamente estrapolato dalla citata
enunciazione del G.A. e da Dottrina) dell’art.
167 :
“l’accertamento di compatibilità paesaggistica, costituendo eccezione ad
un principio generale di segno contrario,” si applica solo ai “casi di modifica all’aspetto
esteriore dei luoghi che risultino privi di rilievo percettivo”
E
in questo caso, più che una tesi imbarazzante, si afferma la logica del triplo
salto carpiato nell’assurdo, poiché a questa conclusione si perviene cosi
argomentando :
Infatti “la
percepibilità della modificazione dell’aspetto esteriore del bene protetto
costituisce in prerequisito di rilevanza paesaggistica del fatto”, derivandone quindi che “la non percepibilità della modificazione
dell’aspetto esteriore del bene protetto elide in radice la sussistenza
dell’illecito contestato”
come
a dire che – secondo la della Direzione Reg. per i BB. CC. e PP del Veneto – la
sanatoria di cui all’art. 167 si applica solo agli interventi che non
costituiscono illecito … (sic!).
I limiti applicativi dell’art. 167
In
disparte le inequivocabili contraddizioni intrinseche con cui la Direzione Reg. per
i BB. CC. e PP del Veneto si è esposta nel disegnare i limiti applicativi
dell’art. 167 del D.Lvo 42/04 e s.m.i., con quali argomenti possiamo decidere
sulla eventuale corrispondenza degli stessi a quelli effettivamente enunciati
dal Legislatore?
Proviamo
col metodo “Marzulliano” di farci una domanda e darci una risposta.
- Domanda:
E’ vero che l’art. 167 vieta la
sanatoria di abusi costituenti “ALTERAZIONE DELL’ASPETTO ESTERIORE” dello
status quo ante ?
Risposta: NO, perché - tralasciando le ovvie considerazioni di ordine
generale[1] già
formulate - è inequivocabile che la norma ammette al giudizio di compatibilità
le violazioni consistenti in lavori “che non abbiano determinato
creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente
realizzati;“ (art. 167, comma 4, lett. a). Letteralmente, dunque, il parametro
dell’invarianza esteriore dello status quo ante abuso non costituisce, per il
legislatore, impedimento alla sanatoria. Si potrebbe derivare, semmai, che
mentre la “creazione di superfici utili o volumi” impedisce “sempre” l’ammissibilità a sanatoria (dunque, anche quando non ne derivino variazioni esteriori), l’ammissibilità a sanatoria di variazioni
esteriori è ostacolata “solo”
se associata alla “creazione di superfici utili o
volumi”.
- Domanda:
E’ vero che l’art. 167 vieta la
sanatoria di abusi costituenti “fattispecie non riconducibili al novero delle
opere edilizie”?
Risposta: NO, perché è inequivocabile che la norma ammette al giudizio di
compatibilità le violazioni consistenti in “lavori“ (termine a-tecnico evidentemente più ampio e omnicomprensivo che “opere
edilizie”) che non diano
luogo alla “creazione di superfici utili o
volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati“ (art. 167, comma 4, lett. a).
Per il legislatore, in altri termini,
l’impedimento alla sanatoria non dipende dalla “natura/qualificazione” del lavoro che si mette in campo, ma dalle
sue conseguenze sullo status quo ante abuso.
Si
accede a questa conclusione, tra l’altro, osservando che - se cosi non fosse - si perverrebbe alla conseguenza incongrua
secondo la quale, per il Legislatore, l’ammissibilità
a “compatibilità paesaggistica“ degli abusi non dipende dal fatto
sostanziale che “non abbiano determinato creazione di
superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”, ma dal modo in cui si perviene a
tale esito.
Opporsi
a queste evidenze è legittimo, ma impone di fornire adeguate spiegazioni al non sense di una tesi che scrimina
l’ammissibilità a “compatibilità paesaggistica“ degli abusi ritenendo più grave che
si operi con comportamenti costituenti “fattispecie non riconducibili al
novero delle opere edilizie” (ritenuti non sanabili)
e non il contrario (sic!).
- Domanda:
E’ vero che l’art. 167 consente
solo la sanatoria di “abusi minori”?
Risposta: NO, il concetto di “abuso minore” è di derivazione dottrinaria la
cui valenza è utili ai fini dell’argomentazione, non al fine di affermare
portato indefettibile a fondamento di una tesi.
Ad esempio, quando il Legislatore
stabilisce l’ammissibilità a “compatibilità paesaggistica” di abusi consistenti nell’ “impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica”, potremmo ritenere che alluda alla
sanabilità di “abusi minori”, specialmente se si somma tale limitazione a
quella precedente “che non abbiano determinato
creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente
realizzati”.
Ma resteremmo della stessa opinione
se, ad esempio, immaginassimo l’applicazione di tale facoltà alla costruzione
di un edificio in cemento armato in luogo di un edificio in mattoni?
O alla costruzione di un ponte in
legno in luogo del previsto ponte in pietra ? … …
Scriminare i limiti di applicazione
dell’art. 167 in
base ad una soggettiva estrapolazione di un concetto extra-normativo indefinito
come l’abuso minore è pericoloso,
perché potrebbe indurre qualcuno a sfruttare ovvi argomenti analogici per dire
che :
1.
ai
fini della applicazione di sanzioni per violazione alle norme di tutela
paesaggistica, il Legislatore non ha definito il concetto di abuso minore;
2.
vero
è che il Legislatore ha stabilito che vi sono interventi ammissibili a
sanatoria ed altri no;
3.
e
che, in tal senso, si può certamente concludere che il discrimine tra
ammissibilità e inammissibilità a sanatoria riflette l’assunzione di un
criterio di sostanza, di “entità”, tale per cui si può concepire la necessità
di un controllo più o meno intenso che sia direttamente proporzionale alla
consistenza di un abuso;
4.
d’altronde,
sappiamo per certo che il Legislatore distingue tra “interventi pesanti” (assoggettandoli
a controllo “forte”[2]), “interventi inconsistenti” (sottraendoli ad ogni forma di controllo[3]) e “interventi di lieve entità[4]” (assoggettandoli a controllo “debole”[5]) ;
5.
ma
allora, se quartum non datur, non dobbiamo necessariamente dedurre che – per il
Legislatore – l’unico attributo di “minore”
si associa agli “interventi di lieve
entità”?
6.
e
non dovremmo dunque legittimare una corrispondenza tra gli “interventi di lieve entità” definiti
nell’allegato al DPR 139/2010 e la definizione di un concetto di “abuso minore“ che aiuti a scriminare
l’applicabilità dell’art. 167 del D.Lvo 42/04 ?
7.
rispondendo
“SI” a questa domanda, cioè riconoscendo piena legittimità ed intrinseca
coerenza a questa strada logico-argomentativa suffragata da riferimenti
normativi intelligibili tali da sottrarla al giudizio di “mera speculazione”, potremmo/dovremmo/vorremmo
definire “minori” interventi quali :
“1. Incremento di volume non superiore al
10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiore
a 100 mc. (la presente voce non si applica nelle zone territoriali omogenee
"A" di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.
1444, e ad esse assimilabili e agli immobili soggetti a tutela ai sensi
dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice). Ogni successivo
incremento sullo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria
ordinaria;
2. interventi di demolizione e
ricostruzione con il rispetto di volumetria e sagoma preesistenti. La presente
voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136,
comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
3. interventi di demolizione senza
ricostruzione o demolizione di superfetazioni (la presente voce non si applica
agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere
a), b) e c), del Codice);
4. interventi sui prospetti degli edifici
esistenti, quali: aperture di porte e finestre o modifica delle aperture
esistenti per dimensione e posizione; interventi sulle finiture esterne, con
rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di
quelli preesistenti; realizzazione o modifica di balconi o terrazze;
inserimento o modifica di cornicioni, ringhiere, parapetti; chiusura di
terrazze o di balconi già chiusi su tre lati mediante installazione di infissi;
realizzazione, modifica o sostituzione di scale esterne (la presente voce non
si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1,
lettere a), b) e c), del Codice); 5. interventi sulle coperture degli edifici
esistenti, quali: rifacimento del manto del tetto e delle lattonerie con materiale
diverso; modifiche indispensabili per l'installazione di impianti tecnologici;
modifiche alla inclinazione o alla configurazione delle falde; realizzazione di
lastrici solari o terrazze a tasca di piccole dimensioni; inserimento di canne fumarie
o comignoli; realizzazione o modifica di finestre a tetto e lucernari;
realizzazione di abbaini o elementi consimili (la presente voce non si applica
agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a),
b) e c), del Codice);
6. modifiche che si rendono necessarie per
l'adeguamento alla normativa antisismica ovvero per il contenimento dei consumi
energetici degli edifici;
7. realizzazione o modifica di autorimesse
pertinenziali, collocate fuori terra ovvero parzialmente o totalmente interrate,
con volume non superiore a 50 mc, compresi percorsi di accesso ed eventuali
rampe. Ogni successivo intervento di realizzazione o modifica di autorimesse
pertinenziale allo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria
ordinaria;
8. realizzazione di tettoie, porticati,
chioschi da giardino e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una
superficie non superiore a 30 mq;
9. realizzazione di manufatti accessori o
volumi tecnici di piccole dimensioni (volume non superiore a 10 mc); 10.
interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche, anche
comportanti modifica dei prospetti o delle pertinenze esterne degli edifici,
ovvero realizzazione o modifica di volumi tecnici. Sono fatte salve le
procedure semplificate ai sensi delle leggi speciali di settore (la presente
voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136,
comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
11. realizzazione o modifica di cancelli,
recinzioni, o muri di contenimento del terreno (la presente voce non si applica
agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere
a), b) e c), del Codice);
12. interventi di modifica di muri di cinta
esistenti senza incrementi di altezza;
13. interventi sistematici nelle aree di
pertinenza di edifici esistenti, quali: pavimentazioni, accessi pedonali e
carrabili di larghezza non superiore a 4 m , modellazioni del suolo, rampe o arredi
fissi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi
dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
14. realizzazione di monumenti ed edicole
funerarie all'interno delle zone cimiteriali;
15. posa in opera di cartelli e altri mezzi
pubblicitari non temporanei di cui all'art. 153, comma 1 del Codice, di dimensioni
inferiori a 18 mq, ivi comprese le insegne per le attività commerciali o
pubblici esercizi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a
tutela ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettere a), b) e c) del Codice);
16. collocazione di tende da sole sulle
facciate degli edifici per locali destinati ad attività commerciali e pubblici esercizi;
17. interventi puntuali di adeguamento
della viabilità esistente, quali: adeguamento di rotatorie, riconfigurazione di
incroci stradali, realizzazione di banchine e marciapiedi, manufatti necessari
per la sicurezza della circolazione, nonché quelli relativi alla realizzazione
di parcheggi a raso a condizione che assicurino la permeabilità del suolo,
sistemazione e arredo di aree verdi;
18. interventi di allaccio alle
infrastrutture a rete, ove comportanti la realizzazione di opere in soprasuolo;
19. linee elettriche e telefoniche su palo
a servizio di singole utenze di altezza non superiore, rispettivamente, a metri
10 e a metri 6,30;
20. adeguamento di cabine elettriche o del
gas, ovvero sostituzione delle medesime con altre di tipologia e dimensioni analoghe;
21. interventi sistematici di arredo urbano
comportanti l'installazione di manufatti e componenti, compresi gli impianti di
pubblica illuminazione;
22. installazione di impianti tecnologici
esterni per uso domestico autonomo, quali condizionatori e impianti di climatizzazione
dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne (la presente voce non si
applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1,
lettere a), b) e c), del Codice);
23. parabole satellitari condominiali e
impianti di condizionamento esterni centralizzati, nonché impianti per
l'accesso alle reti di comunicazione elettronica di piccole dimensioni con
superficie non superiore ad 1 mq o volume non superiore ad 1 mc (la presente
voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136,
comma 1, lettere a), b) e c), del Codice);
24. Installazione di impianti di
radiocomunicazioni elettroniche mobili, di cui all'articolo 87 del decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259, che comportino la realizzazione di supporti
di antenne non superiori a 6
metri se collocati su edifici esistenti, e/o la
realizzazione di sopralzi di infrastrutture esistenti come pali o tralicci, non superiori
a 6 metri ,
e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle antenne,
costituenti volumi tecnici, tali comunque da non superare l'altezza di metri 3
se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente a terra;
25. installazione in soprasuolo di serbatoi
di GPL di dimensione non superiore a 13 mc, e opere di recinzione e sistemazione
correlate;
26. impianti tecnici esterni al servizio di
edifici esistenti a destinazione produttiva, quali sistemi per la
canalizzazione dei fluidi mediante tubazioni esterne, lo stoccaggio dei
prodotti e canne fumarie;
27. posa in opera di manufatti
completamente interrati (serbatoi, cisterne etc.), che comportino la modifica
della morfologia del terreno, comprese opere di recinzione o sistemazione
correlate;
28. pannelli solari, termici e fotovoltaici
fino ad una superficie di 25 mq (la presente voce non si applica nelle zone territoriali
omogenee "A" di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444
del 1968, e ad esse assimilabili, e nelle aree vincolate ai sensi dell'articolo
136, comma 1, lettere b) e c), del Codice), ferme restando le diverse e più favorevoli
previsioni del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, recante
"Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi
finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva
93/76/CEE", e dell'articolo 1, comma 289, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)";
29. nuovi pozzi, opere di presa e prelievo
da falda per uso domestico, preventivamente assentiti dalle Amministrazioni competenti,
comportanti la realizzazione di manufatti in soprasuolo;
30. tombinamento parziale di corsi d'acqua
per tratti fino a 4 m
ed esclusivamente per dare accesso ad abitazioni esistenti e/o a fondi agricoli
interclusi, nonché la riapertura di tratti tombinati di corsi d'acqua;
31. interventi di ripascimento localizzato
di tratti di arenile in erosione, manutenzione di dune artificiali in funzione antierosiva,
ripristino di opere di difesa esistenti sulla costa;
32. ripristino e adeguamento funzionale di
manufatti di difesa dalle acque delle sponde dei corsi d'acqua e dei laghi;
33. taglio selettivo di vegetazione
ripariale presente sulle sponde o sulle isole fluviali;
34. riduzione di superfici boscate in aree
di pertinenza di immobili esistenti, per superfici non superiori a 100 mq, preventivamente
assentita dalle amministrazioni competenti;
35. ripristino di prati stabili, prati
pascolo, coltivazioni agrarie tipiche, mediante riduzione di aree boscate di
recente formazione per superfici non superiori a 5000 mq, preventivamente
assentiti dalle amministrazioni competenti;
36. taglio di alberi isolati o in gruppi,
ove ricompresi nelle aree di cui all'articolo 136, comma 1, lettere c) e d),
del Codice, preventivamente assentito dalle amministrazioni competenti;
37. manufatti realizzati in legno per
ricovero attrezzi agricoli, con superficie non superiore a 10 mq;
38. occupazione temporanea di suolo
privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili,
per un periodo superiore a 120 giorni;
39. strutture stagionali non permanenti
collegate ad attività turistiche, sportive o del tempo libero, da considerare come
attrezzature amovibili.”
8.
E’
evidente il pericolo … … ?
Le conclusioni di un geometra
Obiettivo
di questa analisi-commento, era di provare a fornire un contributo al tentativo
di risolvere un problema che – seppur emerso dal rapporto tra il Comune di
Fumane e la competente Soprintendenza ai BB. PP. – è di interesse generale, e
che attiene alla individuazione dei limiti di applicabilità del regime sanzionatorio
previsto dall’art. 167 del D.Lvo 42/04 e s.m.i. .
Non
si vuole, però, sfuggire alla responsabilità della concretezza tacendo “nel
merito” del problema posto dal Comune e delle tesi sostenute dalla
Soprintendenza, e cioè di rispondere alla domanda:
“ai sensi e per gli effetti dell’art. 167 del D.Lvo
42/2004 e s.m.i., l’esecuzione – in assenza di autorizzazione paesaggistica -
di lavori consistenti nella sistemazione dei terreni
con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti da murature a secco è ammissibile
a sanatoria?”
Per
tutto quanto si è detto nelle pagine che precedono queste conclusioni, si
ritiene che alla domanda possa rispondersi nei termini che seguono:
1.
in
linea di principio non può negarsi l’ammissibilità al giudizio di compatibilità
paesaggistica di tali violazioni, in quanto – ai sensi dell’art. 167, comma 4,
lett. a) del D.Lvo 42/04 – consistono inequivocabilmente in “lavori … che non abbiano
determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli
legittimamente realizzati“;
2.
chi
affermi l’opposta tesi dell’inammissibilità, argomentando: perché “l’accertamento di compatibilità
paesaggistica non può essere applicato a fattispecie non riconducibili al
novero delle opere edilizie”,
invoca un limite:
-
“inespresso”
dalla norma (che imprime il suo
valore dispositivo nel termine “lavori”);
-
“incongruo”
(perché tutta la disciplina di
tutela assume e stabilisce come oggetto “immobili
e aree” costituenti “Bene Paesaggistico”, oggetti cui si attaglia
correttamente il più generale termine di “lavori”);
-
insanabilmente
“contraddittorio”
(perché
con l’argomento “l’accertamento di compatibilità paesaggistica non può essere applicato
a fattispecie non riconducibili al novero delle opere edilizie“ non si può
negare la sanabilità di lavori che – consistendo nella “sistemazione
dei terreni con la realizzazione di terrazzamenti a volte sostenuti da murature a secco” – sono, per
l’appunto, “riconducibili al novero delle opere edilizie“ … … );
3.
naturalmente
resta aperto il problema delle “dimensioni”
di un fenomeno abusivo come quello della “esecuzione
– in assenza di autorizzazione paesaggistica - di lavori consistenti nella sistemazione dei terreni con la realizzazione di
terrazzamenti a volte sostenuti da
murature a secco“,
essendo di immediata percezione che assegnare il medesimo peso ad interventi “puntuali” e ad interventi
“estesi” sarebbe altrettanto illogico e incompatibile con un regime di tutela
significativamente “qualitativo”. Ma questo è un altro discorso.
Piedimonte Matese (CE)
, 18 luglio 2014
Geom. Bottone Marcellino
[1]
L’unica ragione per cui è giuridicamente giustificabile l’esistenza dell’art.
167 nel corpus del D.Lvo 42/04 è che i “proprietari,
possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse
paesaggistico” possano – in assenza di autorizzazione o in
difformità da quanto autorizzato – dar luogo a interventi che “possono distruggerli, … (o) introdurvi modificazioni che
rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”.
[2] Cioè ad autorizzazione paesaggistica
preventiva sulla base di procedimento complesso
[3] Tali sono quelli elencati all’Articolo 149.
(Interventi non soggetti ad autorizzazione) del D.Lvo 42/04 e
s.m.i., e cioè :
a)
gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di
consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei
luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;
b)
gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività
agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei
luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti
di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio;
c) il taglio
colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica,
antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati
dall’Articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base
alla normativa in materia.
[4] Vedi articolo 146, comma 9, del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
[5] Cioè ad autorizzazione paesaggistica
semplificata preventiva, ai sensi del D.P.R. 9 luglio
2010, n. 139
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