sabato 15 novembre 2014

IDENTIFICAZIONE DELLA NATURA “PRECARIA “ DI UN’OPERA

Mi è stato posto il seguente quesito:

§  un “imprenditore agricolo a titolo principale“ ha realizzato in zona agricola ”senza alcun titolo abilitativo, da oltre 4 anni, un capannone agricolo con copertura in plastificato e struttura in alluminio-ferro componibile, per rimessa foraggio”;
§  per tale ragione – è stato colpito da “ordinanza di demolizione”;
§  contro quest’ultima però “contesta la non necessità di permesso di costruire e quindi la non rilevanza penale dell'abuso avvalendosi dei presupposti di temporaneità, precarietà, stagionalità, non ancoraggio al suolo ecc … ”.
§  chi ha ragione ?


Risposta

La risposta richiede di scriminare tra i concetti di PRECARIETA’/NON PRECARIETA’ , atteso che:
§  solo le opere precarie sono sottratte al regime dei titoli edilizi;
§  e solo in quanto sottratte all’obbligo di qualsivoglia titolo edilizio preventivo, le opere precarie sfuggono alle sanzioni demolitorie.


Sul punto, la tesi del destinatario della sanzione è che “un capannone agricolo con copertura in plastificato e struttura in alluminio-ferro componibile, per rimessa foraggio” costituisce OPERA PRECARIA :
§  perché caratterizzata da “temporaneità, precarietà, stagionalità”;
§  perché caratterizzata da “non ancoraggio al suolo



Tale tesi non è condivisibile e contrasta con giurisprudenza pacifica e concorde.


Il “capannone agricolo” realizzato NON PUO’ ESSERE PRECARIO E STAGIONALE, se si è accertata la sua permanenza in sit0 “da oltre 4 anni”, perché in tal caso il requisito della “pluriennale permanenza in sito” è un fatto che smentisce la “temporaneità, precarietà, stagionalità”.
Infatti:
§  ai fini della PRECARIETA’ dovrebbe verificarsi che il “capannone agricolo” realizzato era destinato asoddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni(art. 6, comma 2, lett. b), del dpr 380/01 e s.m.i.);
§  e ai fini della STAGIONALITA’ dovrebbe verificarsi che il “capannone agricolo” realizzato era equiparabile a strutture comele serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola(art. 6, comma 1, lett. e), del dpr 380/01 e s.m.i.);

ma se “è lì da oltre 4 anni” e se è destinato a “rimessa foraggio” significa inequivocabilmente che il “capannone agricolo” realizzato non era né PRECARIO (cioè temporaneo) né STAGIONALE (cioè funzionale ad una attività transitoria), ma :
  • era destinato a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione(Cass. Sez. III n. 34763 del 26 settembre 2011);
  • era ”destinato a soddisfare esigenze contingenti ma ricorrenti, sia pure soltanto in determinati periodi dell'anno e, per tale motivo, è soggetta a permesso di costruire (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 30.07.2013 n. 32966);
  • era assoggettato ad una utilizzazione “non temporanea, bensì stabile nel tempo, ancorché periodica”, per la quale la giurisprudenza “ha elaborato, in proposito, il principio secondo il quale l’utilità prolungata esclude la precarietà( TAR Toscana, Sez. III, sentenza 02.05.2014 n. 681);
  • e, in definitiva, non poteva essere precario perché non rileva a tale riguardo la circostanza che l’impiego del bene sia circoscritto ad una sola parte dell'anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile e dunque ciclico e continuativo (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 25.03.2013 n. 1626).


Quanto, poi, al “non ancoraggio al suolo”  trattasi notoriamente di requisito che non aggiunge alcunché alle considerazioni appena esposte, essendo pacifico che:

“ … Per quanto specificamente riguarda i possibili criteri d’identificazione della natura precaria di un’opera, l’uno strutturale (precario è ciò che non è stabilmente infisso al suolo), l’altro funzionale (precario è ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea), ancora di recente è stato ribadito che occorre seguire quello funzionale: «la giurisprudenza è concorde nel senso che per individuare la natura precaria di un'opera si debba seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un’opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie. Rientrano quindi nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia e che possono essere oggetto di domanda di condono in caso di realizzazione delle stesse in sua assenza, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, come impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato. “ (cosi : T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, sentenza del 05 agosto 2014 n. 4477 , relativamente alla “…realizzazione di un capannone temporaneo in ferro del tipo smontabile a destinazione deposito”)



Invocare, infine, il “fatto che in alcune regioni le coperture stagionali destinate a proteggere le colture (come nel caso di specie) non costituiscono superficie utile coperta”, è del tutto inconferente, stante il limite territoriale di applicabilità delle norme proprie emanate da altre Regioni.





Stralci di sentenze

Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 30.07.2013 n. 32966

“… il permesso di costruire è senz'altro richiesto per l'esecuzione di opere stagionali, differenziandole da quelle precarie che, per la loro stessa natura e destinazione, non comportano effetti permanenti e definitivi sull'originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo.
L'opera stagionale, diversamente da quella precaria, non è, infatti, destinata a soddisfare esigenze contingenti ma ricorrenti, sia pure soltanto in determinati periodi dell'anno e, per tale motivo, è soggetta a permesso di costruire (Sez. 3^ n. 34763, 26 settembre 2011; Sez. 3^ n. 23645, 13 giugno 2011; Sez. 3^ n. 22868, 13 giugno 2007; Sez. 3^ n. 13705, 19 aprile 2006; Sez. 3^ n. 11880, 12 marzo 2004).
La sua mancata rimozione allo spirare del termine stagionale configura, inoltre, il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, poichè, in tale ipotesi, la responsabilità discende dal combinato disposto del medesimo art. 44 c.p., e dell'art. 40 c.p., comma 2, per la mancata ottemperanza all'obbligo di rimozione insito nel provvedimento autorizzatorio temporaneo (Sez. 3^ n. 23645/2011, cit. Sez. 3^ n. 42190, 29 novembre 2010; Sez. 3^ n. 29871, 11 settembre 2006).”




Cass. Sez. III n. 34763 del 26 settembre 2011 (Ud.21 giu.2011)

“… la natura "precaria" di un manufatto - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (vedi, tra le pronunzie più recenti, Cass., Sez. 3: 26.6.2009, n. 26573, Morandin; 22.6.2009, n. 25965, Bisulca ed altro; 25.2.2009, a 22054, Frank; 7.3.2008, n. 23086, Basile; 13.6.2006, n. 20189, Cavallini) - ai fini dell'esenzione dal permesso di costruire (già concessione edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 6, comma 2, lett. b), - dopo le modifiche introdotte dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni nella L. 22 maggio 2010, n. 73 - prevede che possono essere installate, senza alcun titolo abilitativo ma previa comunicazione dell'inizio dei lavori all'Amministrazione comunale (anche per via telematica), le opere dirette a soddisfare obiettive esigerne contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni.
Non implica precarietà dell'opera, però, il carattere stagionale di essa, potendo essere la stessa destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione (vedi Cass., sez. 3: 21.2.2006, Mulas; 19.2.2004, Pieri; nonché C. Stato, sez. 4, 22.12.2007, n. 6615).
Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno escluso il requisito della temporaneità, non ravvisando un uso realmente precario di manufatti abusivamente realizzati, asseritamente destinati ad essere rimossi al termine della stagione balneare, ed a tale esclusione sono pervenuti con motivazione adeguata, coerente ed immune da vizi logico-giuridici.”




T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, sentenza del 05 agosto 2014 n. 4477
“…realizzazione di un capannone temporaneo in ferro del tipo smontabile a destinazione deposito”

“… Per quanto specificamente riguarda i possibili criteri d’identificazione della natura precaria di un’opera, l’uno strutturale (precario è ciò che non è stabilmente infisso al suolo), l’altro funzionale (precario è ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea), ancora di recente è stato ribadito che occorre seguire quello funzionale: «la giurisprudenza è concorde nel senso che per individuare la natura precaria di un'opera si debba seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un’opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie. Rientrano quindi nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia e che possono essere oggetto di domanda di condono in caso di realizzazione delle stesse in sua assenza, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, come impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato. Tanto premesso deve ritenersi che la natura “precaria” di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo» (cfr. C.d.S., sez. V, 27.3.2013 n. 1776).
Nel caso ora in esame, non vi è alcuna evidenza e non è stato neppure allegato che il capannone fosse destinato ad una necessità temporanea e contingente.
La ricorrente si è limitata a sostenere che per i materiali utilizzati e per il sistema di ancoraggio al suolo (peraltro, non meglio specificati) il manufatto non avrebbe potuto incidere irreversibilmente sull’assetto edilizio, ma la tesi difensiva, alla luce del condivisibile indirizzo interpretativo che si è appena ricordato, non può essere condivisa.”




TAR Toscana, Sez. III, sentenza 02.05.2014 n. 681

“… è pertinente l’applicazione dell’art.3/1, lett. e.5 T.U. Edilizia, che precisa la nozione di nuova costruzione, imperniata sulla natura non temporanea delle esigenze in vista delle quali alcuni manufatti, sotto il profilo strutturale precari – ovvero amovibili – sono stati collocati sul territorio; c) la stessa esposizione della ricorrente rivela che l’utilizzazione dei container (adibiti al trasporto dei prodotti agricoli) non è temporanea, bensì stabile nel tempo, ancorché periodica; d) che la giurisprudenza ha elaborato, in proposito, il principio secondo il quale l’utilità prolungata esclude la precarietà (cfr.: Consiglio di Stato, V, 28 marzo 2008 n. 1354; T.A.R. Veneto, 3 aprile 2003 n. 2267; Tar Puglia – Bari, III, n. 404/2009; Tar Umbria, I, n. 66/2014);”




TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 12.07.2013 n. 891

“… 6. I motivi di ricorso non paiono provvisti di fondamento.
Va innanzitutto respinto il rilievo secondo il quale l’attività di deposito avviata sul fondo cui al foglio 9 mappale n. 421 non necessiterebbe di alcun titolo abilitativo, non integrando causa di trasformazione dello stato dei luoghi.
L'affermazione urta in via di fatto con le emergenze dei verbali di sopralluogo prodotti in giudizio che illustrano come il sedime sia occupato da:
- otto container colmi di traversine;
- due rimorchi altrettanto colmi;
- altre traversine accatastate sul terreno, per 17m di lunghezza, 9 m di larghezza e circa 3 m di altezza quindi con un volume di 450 mc.
L’argomentazione contrasta, inoltre, in punto di diritto, con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale - in presenza di opere che implichino una stabile (benché non irreversibile) trasformazione del territorio, preordinata a soddisfare esigenze non precarie - è necessario il rilascio di un idoneo titolo edilizio (cfr., ex multis, Cons. St. sez. IV, 24 luglio 2012, n. 4214).
Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che, qualora l'entità del deposito dei materiali e la stabilità dell'utilizzazione dell'area emergano con una certa evidenza, è da ritenersi realizzata una trasformazione permanente dell'assetto edilizio del territorio, necessitante di concessione edilizia (T.A.R. Milano sez. IV, 20 dicembre 2011, n. 3307 e sez. ll, 11 marzo 2011, n. 583).
Nel caso di specie, in considerazione dell'entità del deposito di materiali e mezzi d'opera, del relativo ingombro (evincibile dalla documentazione fotografica in atti) e della stabilità dell’utilizzazione dell'area come deposito (l'amministrazione ha, difatti, constatato la posa di materiale inerte già con verbale del 17 novembre 2008), è da ritenersi certamente realizzata una trasformazione permanente dell'assetto edilizio del territorio, necessitante del rilascio di permesso di costruire ai sensi dell'art. 3, lett. e7), d.P.R. n. 380/2001 (che fa riferimento alle ipotesi di “realizzazione di depositi di merci o di materiali” e di “realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo in edificato”). “




TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 25.03.2013 n. 1626
“…realizzazione di un casotto in legno da destinare ad attività di vendita di bevande e cibi confezionati”…

“… Tutto ciò premesso il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
Quanto al motivo sub a) si rammenta che, ai sensi dell’art. 6 del testo unico edilizia (DPR n. 380 del 2001), “sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo: … b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni”.
La giurisprudenza ha avuto modo di affermare al riguardo che, ai fini dell’esenzione del permesso di costruire, l’opera deve essere destinata “ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo” (Cass. penale, sez. III, 21 giugno 2011, n. 34763).
In primo luogo, non rileva dunque il carattere stagionale del manufatto realizzato, atteso che esso non implica la precarietà dell'opera, potendo essere la stessa destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la perpetuità della sua funzione; né rileva a tale riguardo la circostanza che l’impiego del bene sia circoscritto ad una sola parte dell'anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile e dunque ciclico e continuativo (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 31 agosto 2009, n. 2031; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 14 gennaio 2009, n. 19; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 22 settembre 2010, n. 3555).
In questa direzione non implica precarietà dell'opera e richiede, pertanto, il permesso di costruire, il carattere stagionale ossia l’utilizzo annualmente ricorrente della struttura stessa, potendo quest'ultima essere destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione (Cass. penale, sez. III, 21 giugno 2011, n. 34763; Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6615).
La stagionalità, dunque, qualora sia al servizio di un'attività perdurante nel tempo va qualificata costruzione ai sensi del testo unico sull'edilizia (T.A.R. Liguria, sez. I, 27 gennaio 2009, n. 119).
In secondo luogo, il carattere di precarietà di una costruzione non va desunto dalla possibile facile e rapida amovibilità dell'opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ad essere poi prontamente rimossa (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 31 agosto 2009, n. 2031).”




Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.03.2013 n. 10235

“… La natura "precaria" di un manufatto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema ai fini dell'esenzione dal permesso di costruire (già concessione edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 6, comma 2, lett. b), - dopo le modifiche introdotte dal D.L. 25.03.2010, n. 40, convertito con modificazioni nella L. 22.05.2010, n. 73 - prevede che possono essere installate, senza alcun titolo abilitativo ma previa comunicazione dell'inizio dei lavori all'Amministrazione comunale (anche per via telematica), le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni. Non implica precarietà dell'opera, però, il carattere stagionale di essa, potendo essere la stessa destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione …”




Consiglio di Stato, Sez. III n. 4850 del 12 settembre 2012

“… 2.3. Come è noto al fine di verificare se una determinata opera abbia carattere precario (condizione per l'accertamento della non necessarietà del rilascio della relativa concessione edilizia), occorre verificare la destinazione funzionale e l'interesse finale al cui soddisfacimento l'opera stessa è destinata; pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea - destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l'interesse finale - possono ritenersi prive di minima entità ovvero di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti la concessione edilizia. Infatti la precarietà o meno di un'opera edilizia va valutata con riferimento non già alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata (Cons. St., V, 4 febbraio 1998 n. 131); in altri termini non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Cons. St., VI, 16 febbraio 2011 n. 986). È dunque da considerare legittima l'ordinanza di demolizione di opere che, pur difettando del requisito dell'immobilizzazione rispetto al suolo (cd. case mobili), consistano in una struttura destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo, dovendo in tal caso escludersi la precarietà del manufatto, che ne giustificherebbe il non assoggettamento a concessione edilizia, posto che la stessa non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall'uso al quale il manufatto è destinato, e va quindi valutata alla luce della obiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell'opera, a nulla rilevando la temporanea destinazione data alla stessa dai proprietari (Cons. St., IV, 15 maggio 2009 n. 3029).”




TAR Marche, sentenza 11.02.2013 n. 136
“- casa mobile (su ruote) di dimensioni ml. 8,68 x 3,78 e h. alla gronda ml. 2,86;
- box prefabbricato in lamiera di dimensioni ml. 6,00 x 2,70 e h. al colmo ml. 2,35.”

“…Come è noto, al fine di verificare se una determinata opera abbia carattere precario (condizione per l'accertamento della non necessarietà del rilascio della relativa concessione edilizia), occorre verificare la destinazione funzionale e l'interesse finale al cui soddisfacimento l'opera stessa è destinata; pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea - destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l'interesse finale - possono ritenersi prive di minima entità ovvero di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti la concessione edilizia. Di conseguenza non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 12.9.2012 n. 4850; Sez. VI, 16.2.2011 n. 986; Sez. IV, 15.5.2009 n. 3029).
Nel caso in esame non emergono quindi elementi per affermare che la “casa mobile” fosse destinata ad assolvere esigenze meramente temporanee di breve durata ma, al contrario, emergono elementi per supporre che fosse preordinata a soddisfare esigenze prolungate e a scadenza del tutto incerta.
Tale conclusione riguarda indubbiamente anche la seconda costruzione (box prefabbricato in lamiera), priva di ogni riferimento temporale che possa dimostrarne la natura precaria nei termini anzidetti.”




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