1 - Dal libro "TI SEMBRA IL CASO ?", di Erri De Luca e Paolo Sassone-Corsi, ed. Feltrinelli, letto nel mese di maggio 2013.
Quando sbircio con il naso in aria la notte illuminata, sto vedendo il passato di luci partite molto tempo fa. Contengono avvenire. (pag. 58)
Resto uno che ha ricevuto più storie dalla velocità del suono che dalla luce. Le voci, più delle lampadine, mi hanno spalancato gli occhi, le orecchie, il naso, i pori e la bocca. Perciò non mi dispiace sapere che lo sfrigolio di stelle remote sopra un balcone di notte, viene di corsa dal passato. Amo il tempo avvenuto, buono se è stato buono, cattivo perché non può tornare. (pag. 59)
2 - Dal libro "IL TORTO DEL SOLDATO", di Erri De Luca, ed. Feltrinelli, letto nel 2012.
... i giochi sono miniature del mondo, utili a un bambino per sentirsi gigante, Aiutano a crescere sopportando l'inferiorità. (pag. 17)
Ora sta sul tavolo davanti alla finestra che si affaccia sull'ombra degli alberi piantati da me negli anni. Li pianto perché uno che fa lo scrittore deve restituire al mondo un po' del legno abbattuto per stampare i suoi libri. (pag. 20)
Personalmente non riconosco niente di puro nella verità. La vedo ne l crollo di una negazione, nell'entrata delle truppe sovietiche nel campo di strage di Treblinka. Non è una scoperta, ma la scoperchiatura dell'infamia. La vedo nella decomposizione di una menzogna, fertile per questo. La vedo nella muffa che insegnò la penicillina a Fleming. (pag. 32)
Il nazismo si era impegnato a fondo per distruggere degli innocui. Evito la parola innocenti, nozione indimostrabile per il genere umano. I bambini ? Non sono innocui, tormentano gli animali e imitano gli adulti. Innocui sono i vecchi, tranne quelli insediati ai vertici di stato. (pag. 51)
3 - Dal libro "MICRO", di Michael Crichton e Richard Preston, ed. Garzanti, letto nel Luglio 2013.
"... al momento attuale non possiamo sapere niente di questa foresta ... Perché, vede, noi creiamo significato, signor Drake, quando in realtà non c'è nessun significato nella natura ..."
Drake non si lasciò sconcertare da Danny. "La mia idea della natura, signor Minot, è che per poterla usare non abbiamo bisogno di conoscerne il significato". (pag. 87)
... perché la solitudine è così intollerabile ? Per quale motivo non riusciamo a sopportare di essere soli? Perché gli esseri umani sono figli, ecco perché. (pag. 143)
4 - Dal libro "SCONSACRATO", di Jonathan Holt, ed. Newton Compton, letto nel Luglio 2013.
"Voltaire l'aveva spiegato bene, Holly: CHI PUO' FARTI CREDERE DELLE ASSURDITA', PUO' FARTI COMMETTERE DELLE ATROCITA'. (pag. 239)
"Scrivere, in questi anni, mi ha dato la possibilità di esistere" ("La bellezza e l'inferno", pag. 7 di Roberto Saviano)
sabato 21 settembre 2013
domenica 15 settembre 2013
LE CONSEGUENZE INATTESE DELLA NUOVA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA
ISTITUZIONE
COMMISSIONE DI SAGGI PER INDIVIDUARE IL SITO DI ACCOGLIENZA DEI PROFUGHI IN
FUGA DALLA GUERRA DELLA … CONSISTENZA[1]
Geom. Bottone Marcellino - Piedimonte
Matese (Caserta) – 15 settembre 2013
Email: bmarcellino@email.it
LA GRANDE FUGA ---- FUGA DA COSA? ---- LA GUERRA DELLA
CONSISTENZA ---- ANDATE IN PACE
LA GRANDE FUGA
All’approdo si accostavano su piccole
conchiglie di legno, isolate, con andatura difficile da riconnettere al
presagio di un’ondata imminente di disperati: lo sbarco era cominciato così,
triste e romantico come il rientro da una attesa di pesca impigliata nei vuoti
della rete, come una promessa mancata di sole per dimenticare le fatiche del
viaggio.
Ma quando l’asse terrestre ruotò
impercettibilmente, quando lo scoglio della curvatura periferica servì alla
vista quel che galleggiava oltre la collina d’acqua, i soccorritori videro,
dalla loro apparente terraferma, che dalla fine dell’orizzonte avanzava l’orda
di un pullulare disordinato, l’urgenza di un rientro salvifico, la fuga da un
altrove inaccettabile.
“Dunque
il radar di qualche interprete negazionista aveva visto più lontano del telescopio
del politico/chiromante … ?”, si chiesero – guardandosi negli occhi
sospettosi, ma tacendo – i primi soccorritori inviati dalla Protezione Civile.
“Dunque è possibile che si possa intuire oltre il
lecito?”, si interrogarono – guardandosi negli occhi usi a vedere realtà
che non si possono tacere - i primi
inviati dei giornali, i primi vecchi che l’insonnia non richiese di svegliare,
i primi avventori alla ricerca delle luci e dei racconti del mattino.
“E’
in corso una grande fuga”, furono costretti ad ammettere quelli che il
giorno prima avevano dichiarato “con la
legge 98/2013, finalmente, si sistemerà tutto”.
Ma: “Fuga da cosa?”, urlò un’ingenua samaritana, comparsa all’improvviso
nei suoi vestiti approssimativi, scarmigliata, senza cartellini identificativi
ma con una cesta di brioches appena sfornata che si era messa a distribuire
mentre la macchina dei soccorsi indugiava .
FUGA DA COSA?
La domanda, in effetti, aveva un suo
odore logico e – insieme all’aroma croccante di quel dono inatteso, alla
dolcezza di quella consegna che sfiorava ogni mano – generava una diffusa
acquolina in bocca, una salivazione mentale che anelava a possedere la
risposta.
Ma per fortuna, mentre si cercava il
modo più sicuro per ottenere una risposta sincera come una macchia sfuggita al
prelavaggio di un comunicato ufficiale, il primo naufrago staccò riluttante la
bocca dalle labbra calpestate dell’arenile, rivolse un gesto d’invito agli
astanti e da una duna appositamente predisposta sulla spiaggia spiegò:
§
“veniamo
dall’art, 30 della Legge 9 agosto 2013 n. 98, costellazione del Dpr 308/01 e
s.m.i., pianeta “Edilizia”, nuovo satellite “Ristrutturazione Edilizia”, isole
della “Consistenza”;
§
sapete
che in quelle zone il Legislatore indicò la presenza dell’oro della
riedificazione del passato e del trapassato remoto e – per convincerci a
partire – ci consegnò il diritto incontestabile di eseguire:
d)
"interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a
trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che
possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di
alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente,
fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica
nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente
crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile
accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli
immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione
e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono
interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima
sagoma dell'edificio preesistente;
§
con
una simile promessa, con questi documenti così chiari ed efficaci, direi anche
“belli” nella grafia stilizzata su pergamena pregiata, timbrati, annotati,
registrati, numerati e convalidati dai ghirigori di controllori di ogni ordine
e grado, ci sembrò che le aspettative fossero così corpose da poter prescindere
dagli eventuali ostracismi degli indigeni comunali o di quei retori - impettiti
nella loro divisa di “difensori/cultori” - che pullulano sotto le mentite
spoglie di un’associazione locale ambientale;
§
Partimmo
accecati dalla golosità di trovare oro e tornammo con occhi che avevano visto
la drammaticità del vero: le isole della consistenza non erano futuro ma
trappole, non erano possibilità ma miraggio, non erano domani che si riprendono
il passato ma remoto che non tollera resurrezioni;
§
Partimmo
per vivere una favola che ci respinse, come tutte le favole, quando smettono di
essere un gioco … … [2].
“
Mentre il naufrago prendeva fiato, ignaro
che ci sono occasioni in cui le pause innescano mine che poi distruggeranno per
sempre il tracciato di un discorso, la forza coesiva delle sue interconnessioni
logiche di controllo e di sottofondo, le prese laterali di sostegno per contrastare
le forze centrifughe che portano a deragliare nelle inattese curve delle
conclusioni ambigue, un cronista d’assalto domandò con impeto:
“mi scusi, sa, è per i nostri lettori:
ci può raccontare dei fatti circostanziati, delle cose verificabili che
possiamo citare ad uso dei più increduli, insomma ci può dare qualcosa di
solido da mettere nelle fauci dell’informazione ?”
Negli occhi del naufrago/profugo/narratore
il velo di tristezza si ispessì temporaneamente di un alone di lacrime, ma il
vento dell’esigenza di raccontare disperse ogni titubanza, talché riprese:
“Va bene. Vi racconterò della guerra
della Consistenza.”
LA GUERRA DELLA CONSISTENZA
Armati dell’art. 30 della legge 98/2013,
molti di noi partirono per il pianeta “Edilizia” con il chiaro mandato del
Governo di trovare “edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o
demoliti“,
insomma RUDERI, da ricostruire.
Giunti sull’isola di Consistenza, però,
gli indigeni ci accolsero con una freddezza bellicosa e raggelante, perché pretesero
che certificassimo – appunto – la consistenza degli edifici che, per vetustà,
per caso, o per qualunque altra ragione erano pervenuti allo status di ruderi:
“LA VOSTRA LEGGE”, urlavano, “NON VI
AUTORIZZA A RICOSTRUIRE QUEL CHE VI PARE E PIACE, MA SOLO AD ESEGUIRE LA
RICOSTRUZIONE DI EDIFICI eventualmente crollati o demoliti DEI QUALI –
ATTENZIONE - : sia possibile accertarne la preesistente consistenza. “.
“E ALLORA”, disse il Sindaco pro tempore
della popolazione inferocita, “DIMOSTRATECI QUAL ERA LA CONSISTENZA DI QUESTI
RUDERI CHE SIETE VENUTI IMPUNEMENTE A RICOSTRUIRE, OPPURE … … ”.
Fu una vera e propria dichiarazione di
guerra e, come potete immaginare, lasciò ruderi di uomini e speranze che non
sarà mai più possibile riscostruire.
E fu una guerra senza ragioni né torti,
perché di fronte alla necessità di accertare la consistenza di un edificio
decaduto in rudere non ci fu una possibilità o una impossibilità argomentata ma
semplicemente un’impossibilità di fatto.
E il mio caso, se mi lasciate il tempo
di raccontarlo prima di mandare in stampa le vostre deduzioni, prima di
decidere se accogliere o ributtare al largo l’orda degli altri profughi in
arrivo, lo dimostra in modo lapalissano:
§
Giunto
sul nuovo satellite “Ristrutturazione Edilizia” fui contattato dall’ultimo
erede di una genia di latifondisti, intenzionato a ricostruire l’antica dimora
del nonno, costruita intorno al 1960;
§
Ottimo,
pensai, guardando orgoglioso la pergamena che mi autorizzava, ai sensi
dell’art. 30 della Legge 98/2013, a ricostruire ruderi per l’universo;
§
“Solo che
c’è un problema”,
precisò l’erede, mostrandomi una serie di carte sulle quali aveva speso molte
notti senza giungere alla luce di un’illuminazione definitiva e dando avvio al
dialogo serrato che ho trascritto e consegno pubblicamente a voi e alle
autorità presenti:
TRASCRIZIONE DEL DIALOGO TRA UN
EREDE ED UN RISTRUTTURATORE
§
L’erede:
Il mio problema, che
poi le spiegherò più in dettaglio, concerne il significato da attribuire
all’unico parametro da rispettare - ai sensi dell’art. 30 della legge 98/2013 –
per poter ricostruire un rudere: la
preesistente consistenza. Cosa si intende per
consistenza (visto che la norma non lo specifica) ?
- Il ristrutturatore:
Beh, poiché la norma, effettivamente, manca di esplicitazioni o
riferimenti, credo che si debba seguire il seguente percorso logico:
in primo luogo, deve osservarsi che finalità generale della norma è
- inequivocabilmente -quella di consentire la ristrutturazione edilizia di
edifici anche mediante “demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria
di quello preesistente”;
in secondo luogo, deve osservarsi che l’unico parametro posto a “limite”
di applicabilità della norma è – inequivocabilmente – il VINCOLO DI IDENTITA’ DI VOLUMETRIA tra situazione ante e post
intervento di ristrutturazione;
da queste osservazioni consegue che – declamando “Nell’ambito
degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli
consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di
quello preesistente, … … nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti
di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione,
purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.” – il
legislatore abbia affermato l’equivalenza tra i termini “preesistente
consistenza” e “stessa volumetria … preesistente”
(essendo, per altro, inutile ogni altra ricerca e/o apprezzamento di parametri
non vincolanti …).
§
L’erede:
E,
mi dica : Come va accertata la consistenza ? es. le planimetrie
allegate al titolo edilizio a suo tempo rilasciato dal Comune sono sufficienti
come accertamento della consistenza dell’originario edificio a suo tempo
assentito."
- Il ristrutturatore:
Beh, anche
su questo punto, visto che la norma, effettivamente, manca di esplicitazioni o
riferimenti, credo che si debba seguire una regola generale :
e, cioè, che per l’accertamento della “consistenza” valgono TUTTI GLI ATTI
DESCRITTIVI, DICHIARATIVI, CERTIFICATIVI, ecc.... DAI QUALI POSSA DESUMERSI IN
VIA DIRETTA E/O MEDIATA QUALE VOLUME AVEVA L'IMMOBILE CHE SI INTENDE SOTTOPORRE
AL RINNOVATO CONCETTO DI RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA ENUNCIATO DAL LEGISLATORE.
DUNQUE :
-
NON SOLO DISEGNI E RELATIVE ALLEGAZIONI UTILIZZATE PER ASSENSI COMUNALI;
-
NON SOLO PERIZIE E RELATIVE ALLEGAZIONI UTILIZZATE IN SEDI GIUDIZIARIE;
-
NON SOLO DISEGNI E RELATIVE ALLEGAZIONI UTILIZZATE PER ACCATASTAMENTI E/O
FRAZIONAMENTI
IMMOBILIARI,
-
non solo, insomma, documenti tecnici di vario uso, ma anche ATTESTAZIONI/
CERTIFICAZIONI DALLE QUALI EMERGA SEMPLICEMENTE CHE UN DETERMINATO EDIFICIO
POSSEDEVA AD UNA CERTA DATA - UN DETERMINATO VOLUME (ad esempio: un certificato
di collaudo; un certificato di destinazione urbanistica; una
dichiarazione notarile; ecc... : non escluso perizie giurate
storico-immobiliari appositamente redatte/documentate da parte di
professionisti abilitati) .
Però,
mi scusi, adesso andiamo al sodo perché anche un rudere … non è per sempre.
§
L’erede:
Il problema è che io non riesco a
dimostrare la “consistenza” preesistente al rudere. O meglio riesco a
dimostrare la legittimità del costruito esistente avendo ritrovato la licenza
edilizia degli anni 1960. Sul punto il Comune non questiona (quello che c’è è
come era nel progetto). Ma non ho riscontri documentali che esisteva un
edificio completo nelle sue parti (quindi con anche la copertura). E qui è dove
il Comune questiona. La zona è anche isolata e quindi è difficile fare
riferimento a edifici simili circostanti.
- Il ristrutturatore:
Queste affermazioni, a dire il vero, mi sembrano meritevoli di
qualche approfondimento alla luce delle contraddizioni che rilevo e che le
riferisco/sintetizzo così:
Se è
vero che lei ha “ritrovato la licenza edilizia degli anni 1960” e “Sul punto il Comune non questiona (quello
che c’è è come era nel progetto)”, non capisco il senso della
successiva affermazione “Ma non ho riscontri documentali che esisteva
un edificio completo nelle sue parti (quindi con anche la copertura). E qui è
dove il Comune questiona ”: in altre parole, è
come se mi dicesse che ha tutta la documentazione, che il Comune ha tutta la
documentazione e che … … – nonostante questa situazione idilliaca e pacifica –
qualcuno riesce ad affermare che “non è
sufficiente a dimostrare la consistenza originaria attribuibile ad un rudere di
edificio regolarmente assentito in base ad
atti ancora disponibili ed ostensibili” ???? (mi scusi, non si
offenda, ma… non posso crederci…);
Aggiungo,
poi, che l’affermazione “Purtroppo io non riesco a dimostrare …”, mi
fa sobbalzare dalla sedia, perché mi dico:
va
bene, poniamo che gli atti disponibili siano insufficienti (E NON LO SONO) per
stabilire qual era la “consistenza” dell’immobile preesistente all’attuale
rudere;
poniamo,
cioè, che possa esistere una documentazione la quale – pur dimostrando che un
rudere abbia origine da un immobile regolarmente assentito – non restituisca
chiare indicazioni in ordine al “volume” autorizzato;
la
domanda è: “EMBE’?“. Qual è
il problema ? Forse questa situazione ci impedisce di stabilire la misura “superprecisa” del volume dell’edificio
preesistente al rudere ma non consente di negare che un “certo” volume dovesse necessariamente e inequivocabilmente
PRE-ESISTERE al rudere.
E qual
è questo volume? Ma è il volume “MINIMO” ritraibile dal rudere, cioè la misura
di quel volume che si ricava dal prodotto della “superficie planimetrica occupata dal rudere” per l’altezza reale (cioè misurata in sito)
o virtuale (cioè attribuibile per evidenza logico/funzionale) alle pareti
murarie residue;
In altre parole, qualora ricorra una
situazione come quella ipotizzata (e cioè che gli atti disponibili siano insufficienti per stabilire qual
era la “consistenza” dell’immobile preesistente all’attuale rudere), è possibile che ci venga negata la
possibilità di dar corso ad una ristrutturazione edilizia che pretenda di
riedificare l’intero volume dell’edificio assentito (perché la misura di tale volume non sarebbe interamente ritraibile dal
rudere), ma sarebbe illegittimo negarci la possibilità
di dar corso ad una ristrutturazione edilizia che pretenda di riedificare il
volume di quella parte dell’edificio assentito ricavabile dal rudere (la misura di tale parziale volume, infatti,
sarebbe – agli effetti della L.98/2013 – accertata e/o accertabile).
§
L’erede:
Gli atti al comune sono chiari: c’è una licenza edilizia per la
costruzione di edificio rurale e ci sono le planimetrie ed è indicato anche il
volume. Il rudere attuale, poi, è costituito solo da mura perimetrali senza
copertura e dà l’impressione di una costruzione iniziata ma non ultimata (e
quindi mai divenuta edificio completo nelle sue parti). E’ un bel rompicapo!
Possiamo parlare di “ripristino” e “consistenza” in una
situazione di edificio iniziato ma non finito? (quindi con un volume a suo
tempo assentito ma non realizzato completamente)
- Il ristrutturatore:
in aggiunta a quanto già riferito (relativamente
alla necessità di adottare, per dimostrare la consistenza dell’edificio
“preesistente“ al rudere, un adeguato criterio/metodo logico) nel suo caso, per fronteggiare lo scoglio oppositivo di chi si è
ancorato in una astratta posizione dubitativa, potrebbe ulteriormente allegare:
COPIE DI VECCHI ATTI NOTARILI E/O ATTI DI SUCCESSIONE CONTENENTI
DESCRIZIONE DEI CESPITI TRASFERITI TRA I precedenti PROPRIETARI dell’edificio
preesistente al rudere;
FOTO DI PARENTI O AMICI (panoramiche) DALLE QUALI SIA VISIBILE IL
VECCHIO EDIFICIO;
FOTO AEREE DELL’AERONAUTICA O DI ALTRI ENTI O PRIVATI;
ricevute di pagamento tasse/tributi;
dichiarazioni dei redditi;
dICHIARAZIONI TESTIMONIALI DI TERZI (coltivatori,
raccoglitori di olive, trasportatori di legname, e ogni altro soggetto
coinvolto o partecipe delle normali attività connesse alla conduzione del
fondo);
dichiarazioni di prestatori d’opera, artigiani, operatori che siano
intervenuti, a vario titolo, per manutenzioni;
§
L’erede:
Purtroppo non ho trovato nulla al riguardo. La zona è isolata e
gli ultimi anziani che abitavano le case vicine sono deceduti. Per le foto
aeree è problematico perché ci sono gli alberi che mascherano. Quindi non ho
alcuna prova che quello che esiste ora è il resto di un edificio completo. Certo,
il costruito
esistente interessa l'intero spazio su cui in progetto era prevista
l'edificazione assentita, fino a raggiungere un'altezza di circa ml.2 dal piano
di campagna, ma - essendo la muratura in sasso - non si riesce a stabilire se
sono rimanenze di mura perimetrali di un edificio che era completo nelle sue
parti o di una costruzione iniziata ma non finita. Insomma, per il Comune siccome io non riesco a dimostrare la preesistente
consistenza dell’edificio, allora l’intervento si configura come “nuova
costruzione”. Non bastano le planimetrie. Ci vuole evidenza che un edificio
completo nelle sue parti esisteva là dove ora c’è il rudere.
- Il ristrutturatore:
“QUESTE AFFERMAZIONI, MI
SCUSI, SONO INCOMPRENSIBILI:
SE LEI, PRIMA, HA AFFERMATO CHE “Gli atti al comune sono chiari: c’è una licenza edilizia per la
costruzione di edificio rurale e ci sono le planimetrie ed è indicato anche il
volume.”, NON DOVREBBE ESSERE DIFFICILE DIMOSTRARE CHE “Il costruito esistente
interessa l'intero spazio su cui in progetto era prevista l'edificazione
assentita …” ;
DI CONSEGUENZA IL DUBBIO “Essendo la muratura in
sasso non si riesce a stabilire se sono rimanenze di mura perimetrali di un
edificio che era completo nelle sue parti o di una costruzione iniziata ma non
finita” NON HA RAGION D’ESSERE: SE C’E’ UN RUDERE UBICATO PLANIMETRICAMENTE SULLO STESSO SEDIME DI UN
EDIFICIO DOTATO DI “licenza edilizia per la costruzione di edificio rurale”, DOBBIAMO PRIORITARIAMENTE
INFERIRE – per convergenza e concordanza logico/fattuale - CHE quello e’ il
rudere di UN edificio edificato (l’archeologo che - scavando a Pompei o a Roma in via dei Fori
Imperiali – deducesse che tutti quei muri di mattoni altro non erano che
semplici … “recinzioni” … verrebbe demolito senza appello …);
per altro, LA
SCELTA DI ADOTTARE il metodo del “dubbio
a prescindere” come sostrato giustificativo dell’agire pubblico non ha radici tra
i principi che – secondo le enunciazioni della l. 241/90 - regolano, vincolano
e impegnano l’azione amministrativa, ed è intrinsecamente illogica perché,
SVINCOLANDOSI DALL’ANCORAGGIO AD elementi circostanziali, non pUò, PER
DEFINIZIONE, DAR LUOGO A POSSIBILITà “CONCLUSIVE”;
Pertanto :
la presenza del rudere è un
fatto che – per ciò stesso - “certifica” la preesistenza di un edificio;
l’esistenza di una “licenza edilizia per la
costruzione di edificio rurale” laddove –
oggi - C’è il rudere e’ un fatto che “certifica ulteriormente” la preesistenza
di un edificio;
un operatore che a questi fatti opponga il “dubbio a prescindere” (senza cioè indicare su quali
diverse e negative circostanze oggettive si fondi) che il rudere potrebbe
configurare “rimanenze di mura perimetrali di un edificio che (non) era completo nelle
sue parti o di una costruzione iniziata ma non finita”, compie un salto carpiato
nel ridicolo (oltre che nell’abuso perseguibile), perché è COME SE AFFERMASSE CHE IL NUOVO CONCETTO DI
RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA DI CUI ALLA L. 98/2013 SI APPLICA AGLI EDIFICI
costituiti DA FONDAZIONI, PARETI IN ELEVAZIONE, SOLAI E TETTI DI COPERTURA … …
e cioè, paradossalmente, non ai ruderi
(sic !) ;
dubitare per raggiungere la
verità è agire con intelligenza.
anche dubitare che si possa
raggiungere la verità è intelligente.
Ma dubitare senza
intelligenza è solo dubitare.
§ L’erede:
Il suo ragionamento è corretto, però volevo farle un appunto. Se
in una data area esiste una costruzione fatta di sole mura perimetrali fino ad
una certa altezza, dal punto di vista giuridico questa può essere: 1) un abuso;
2) un edificio iniziato ma non finito; 3) un resto di un edificio finito.
Trascuriamo per un attimo il caso 1), e le pongo la seguente
domanda: un edificio iniziato ma non finito è un rudere ?
- Il ristrutturatore:
DIPENDE.
PONIAMO IL CASO CHE UN NOSTRO TRISAVOLO ABBIA INIZIATO LA COSTRUZIONE DI UN
EDIFICIO DI DUE STANZE SOVRAPPOSTE:
BENE, SE DI TALE “OBIETTIVO EDIFICATORIO” SIANO STATE PORTATE A
CONCLUSIONE SOLO LE FONDAZIONI E LE QUATTRO
PARETI IN ELEVAZIONE DEL PIANO TERRA, SIAMO IN PRESENZA DELLA EDIFICAZIONE
DI UN MANUFATTO CHE NON Può ESSERE EQUIPARATO AD
UN EDIFICIO. IN TAL CASO, LA
CONSEGUENZA è OVVIA: le facoltà introdotte dalla l.98/2013 non si estendono, evidentemente, aI RUDERI
DI QUESTO TIPO DI INTEVENTO COSTRUTTIVO “iniziato ma non finito“;
SE, INVECE, DI QUESTO STESSO “OBIETTIVO
EDIFICATORIO” SIANO STATE PORTATE A
CONCLUSIONE NON
SOLO LE FONDAZIONI E LE QUATTRO PARETI IN ELEVAZIONE MA ANCHE IL SOLAIO INTERMEDIO PIANO
TERRA/PRIMO PIANO, SIAMO IN PRESENZA DELLA EDIFICAZIONE
PARZIALE DI UN EDIFICIO. IN TAL CASO, LA CONSEGUENZA è OVVIA:
le facoltà introdotte dalla l.98/2013 si estendono, evidentemente, aI RUDERI DI QUESTO TIPO DI INTEVENTO COSTRUTTIVO “iniziato ma
non finito“, benchè il volume
ri-edificabile non potrà superare il volume del piano terra a suo tempo “iniziato e finito“;
SE, inoltre, DI QUESTO STESSO “OBIETTIVO
EDIFICATORIO” SIANO STATE PORTATE A
CONCLUSIONE NON
SOLO LE FONDAZIONI, LE QUATTRO PARETI IN ELEVAZIONe e IL SOLAIO
INTERMEDIO PIANO TERRA/PRIMO PIANO MA
ANCHE LE QUATTRO PARETI IN
ELEVAZIONE del primo piano, SIAMO IN PRESENZA DELLA EDIFICAZIONE PARZIALE DI UN EDIFICIO. IN TAL CASO, LA
CONSEGUENZA è OVVIA: le facoltà introdotte dalla l.98/2013 si estendono, evidentemente, aI RUDERI
DI QUESTO TIPO DI INTEVENTO COSTRUTTIVO “iniziato ma non finito “, ma – anche in questo
caso - il volume ri-edificabile non potrà superare il volume del piano terra a
suo tempo “iniziato e finito “.
Dopo
tutto questo commentare, parlare e riparlare del possibile e dell’impossibile,
mi scusi, ma mi faccia capire una cosa: MA LEI, QUESTA RISTRUTTURAZIONE
EDILIZIA LA VUOLE FARE O NO ?
§ L’erede:
CERTO CHE LA
VOGLIO FARE, MA …
- Il ristrutturatore:
l’erede non ebbe tempo di
terminare la frase …
il rumore delle prime bombe lo raggiunse e lo spinse a una fuga
precipitosa.
E anch’io lo imitai in direzione uguale e contraria …
ANDATE IN PACE
Il racconto del ristrutturatore/profugo che
– nonostante l’armatura imperforabile dell’art. 30 della legge 98/2013 – era
stato costretto a fuggire a gambe levate dalla guerra della consistenza, era
stupefacente e penetrò anche il cuore dei più ostili all’accoglienza.
E mentre altri come lui, a centinaia, si
accostavano su piccole conchiglie di legno, isolate, con andatura a bilico su
fulcri mobili, il responsabile della Protezione Civile, l’unico – tra i
presenti – evidentemente dotato del necessario sangue freddo, tintinnò un
numero sulla linea riservata.
“CODICE ROSSO”, pronunciò con secchezza
ed autorità, mentre il l’addetto alle pubbliche relazioni traduceva:
“Stiamo chiedendo a chi di dovere di INDIVIDUARE
UN SITO DI ACCOGLIENZA DEI PROFUGHI IN
FUGA DALLA GUERRA DELLA … CONSISTENZA“
E quando il responsabile della Protezione
Civile, silente, cominciò ad assentire alle assicurazioni telefoniche di un
importantissimo referente Governativo, fu lo stesso addetto alle pubbliche
relazioni a tradurre – con un sorriso che comunicava “tranquilli, stiamo
lavorando per voi” – :
”Andate in pace: entro un’ora si
provvederà ad
ISTITUIRE UNA COMMISSIONE DI SAGGI.
Geom. Marcellino Bottone
Piedimonte Matese, 15 settembre 2013
[1] Capita che, per l’insondabile
mistero delle ragioni sinaptiche, si formino nella nostra mente pensieri che –
a prima vista – ci appaiono del tutto incongrui con il tema o l’attività in cui
siamo impegnati. Pensieri che poi, a una seconda vista, sembrano densi di una
motivazione che ci sfugge. Pensieri, anzi, che a una terza vista ci narrano di
una sostanza elaborata e sensata, addirittura necessaria alle comprensione di
superficie. Pensieri che, quando ci sembrerà di aver dimenticato, si
riveleranno essere stati anticipazione di tutto ciò che poi avremmo scritto o
detto. Il pensiero che ha anticipato questo lavoro mi è apparso un giorno, spiazzante
e incongruo mentre pedalavo su una strada del circondario, con questa sintesi:
“Per vincere non basta insegnare al cavallo cos’è una
corsa. E’ anche necessario che il cavallo insegni al fantino cos’è un cavallo”.
Ne dò conto per consentire al Lettore di scegliere se adottare contromisure difensive
di prevenzione e profilassi …
[2]
Spero che il lettore di questo commento
possa tollerare questo strano consiglio dell’Autore: “A questo punto del testo
fermatevi, mettete sul vostro vecchio giradischi “OGNI FAVOLA E’ UN GIOCO” di
Edoardo Bennato, rilassatevi e dopo, mi raccomando: solo dopo, ricominciate a
leggere”.
martedì 10 settembre 2013
IL PIANO CASA CAMPANIA LETTO DAL CONSIGLIO DI STATO
(L’avventura
di un Geometra che ha perso la … Geometria)
Dopo Consiglio di
Stato, Sez. IV , sentenza n. 3539 del 01/07/2013, qual è la corretta interpretazione dell’art. 4, comma 1, del PIANO CASA CAMPANIA ?
Geom. Bottone Marcellino - Piedimonte Matese (Caserta) – 10 settembre 2013
Email: bmarcellino@email.it
Ogni
realtà
è
un
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
2. L’ampliamento di cui al
comma 1 è consentito:
a) su edifici residenziali come definiti
all’articolo 2, comma 1, la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con
quello abitativo;
b)
per interventi che non modificano la destinazione d’uso degli edifici
interessati, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 2, comma 1, lettera
b);
c)
su edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle
distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968;
d)
su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti
formali a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata;
e)
su edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico;
f) su edifici esistenti ubicati nelle aree
sottoposte alla disposizioni di cui all’articolo 338, comma 7, del Regio
Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi
sanitarie) e successive modifiche, nei limiti di tale disciplina;
g) su edifici regolarmente autorizzati ma non
ancora ultimati alla data di entrata in vigore della presente legge;
3. Per gli edifici a prevalente destinazione
residenziale, nel rispetto delle prescrizioni obbligatorie di cui al comma 4, è
consentita, in alternativa all’ampliamento della volumetria esistente, la
modifica di destinazione d’uso da volumetria esistente non residenziale a
volumetria residenziale per una quantità massima del venti per cento.
4. Per la realizzazione
dell’ampliamento sono obbligatori:
a)
l’utilizzo di tecniche costruttive, con
criteri di sostenibilità e utilizzo di materiale eco-compatibile, che
garantiscano prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei parametri
stabiliti dagli atti di indirizzo regionali e dalla vigente normativa.
L’utilizzo delle tecniche costruttive ed il rispetto degli indici di
prestazione energetica fissati dalla Giunta regionale sono certificati dal
direttore dei lavori con la comunicazione di ultimazione dei lavori. Gli
interventi devono essere realizzati da una ditta con iscrizione anche alla
Cassa edile comprovata da un regolare Documento unico di regolarità
contributiva (DURC). In mancanza di detti requisiti non è certificata
l’agibilità, ai sensi dell’articolo 25(R) del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia -Testo A), dell’intervento realizzato;
b)
la conformità alle norme sulle costruzioni in zona sismica;
c)
abrogata.
5. Per gli edifici e loro
frazionamento, sui quali sia stato realizzato l’ampliamento ai sensi della
presente legge, non può essere modificata la destinazione d’uso se non siano
decorsi almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori.
6. L’ampliamento non può essere
realizzato su edifici residenziali privi del relativo accatastamento ovvero per
i quali al momento della richiesta dell’ampliamento non sia in corso la
procedura di accatastamento.
L’ampliamento
non può essere realizzato, altresì, in aree individuate, dai comuni provvisti
di strumenti urbanistici generali vigenti, con provvedimento di consiglio
comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine
perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
7. E’ consentito su edifici non
residenziali regolarmente assentiti, destinati ad attività produttive,
commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi restando i casi di
esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la realizzazione di opere
interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti nell’ambito dell’attività autorizzata, per
la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture esistenti, anche attraverso
il cambio di destinazione d’uso, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
I medesimi interventi possono attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi
una superficie non superiore a cinquecento metri quadrati, non devono in alcun
modo incidere sulla sagoma e sui prospetti dell’edificio, né costituire unità
immobiliari successivamente frazionabili.
Ai più sembrò una norma facile da
interpretare … se solo si fosse riusciti
a trovare il bandolo nella matassa dei significati possibili … . perché è
chiaro che … , però … , anche se …. .
L’INTERPRETAZIONE DI UN
GEOMETRA
Un
giorno credi di essere giusto
e di essere un grande uomo
e di essere un grande uomo
poi ti svegli e ti accorgi che devi
cominciare da zero
Sollecitato da un professionista operante presso un Comune
del Napoletano, con un commento del 4 marzo 2011[3] pubblicato
su vari siti specializzati ardii comunicare all’universo mondo – motivando con
argomenti che in seguito riporterò – di ritenere corrispondente all’enunciato
normativo
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
l’uso del seguente :
Schema concettuale
Domanda: ENTRO QUALI LIMITI E’ ESERCITABILE LA FACOLTA ’ DI AMPLIARE UN
EDIFICIO FINO AL VENTI PER CENTO DEL VOLUME ESISTENTE?
Risposta: AI SENSI E PER GLI EFFETTI DELL’ART.4, COMMA 1,
DEL PIANO CASA CAMPANIA, UN EDIFICIO PUO’ AVVALERSI DI TALE FACOLTA’ QUANDO HA
CARATTERISTICHE CHE NON CONTRASTANO CON NESSUNO DEI SEGUENTI LIMITI :
A) TRATTASI DI EDIFICIO
UNI-BIFAMILIARE
B) TRATTASI DI UN EDIFICIO
DI VOLUMETRIA NON SUPERIORE AI 1500 METRI CUBI
C) TRATTASI DI EDIFICIO
COMPOSTO DA NON PIU’ DI TRE PIANI FUORI TERRA, OLTRE ALL’EVENTUALE PIANO
SOTTOTETTO
Secondo questo “schema concettuale”, in pratica, l’esame di una istanza
di ampliamento ai sensi dell’art.4 della LRC 19/2009 e s.m.i. dovrà essere
condotto utilizzando un crivello con tre filtri : l’istanza che non si incaglia
in alcuna delle maglie del crivello avrà superato l’esame di legittimità.
In seguito all’enunciazione di questa tesi interpretativa,
naturalmente, fui onorato dell’attenzione critica di taluni navigatori della
rete, ma con “argomenti” che non mi indicavano il punto debole, l’inghippo
nella mia logica geometrica “se si afferma che … ne
segue che …”.
E così, con l’attesa trepidante di chi spera di poter
gridare “L’AVEVO DETTO ! “, mi sono seduto sulla sponda del turbolento
fiume della giurisprudenza per intercettare un argomento a sostegno, un
indiretto “concordo”, insomma un piccolo centesimo di soddisfazione da spendere
nei confronti di chi mi ripete “ma chi te lo fa fare ?”.
Poi, quando il tempo trascorso mi sembrava sufficiente per
cominciare a sbaraccare, intercetto - nell’inconsistente portata di un rivolo -
il mulinello inatteso generato dal il Tar Campania – Salerno e dal Consiglio di
Stato, un umido buco nero in cui annegava il pensier mio.
IL CASO
Gao viveva nella foresta, Yu viveva a corte,
praticava esercizi di longevità, vestiva abiti in seta, mangiava cibi squisiti,
mangiava poco e beveva solo
acqua. aveva
dieci concubine, beveva liquori prelibati e fumava oppio.
Curava l’interno. Curava
l’esterno
Venne una Tigre e lo uccise. Venne
una malattia e lo uccise
La
minaccia è ovunque[4]
Con permesso di costruire n. 8122/12
il Comune di Nocera Inferiore autorizzava – ai sensi del Piano Casa Campania di
cui alla legge regionale 28 dicembre 2009 n. 19 e s.m.i. – l’ampliamento del 20 % di un fabbricato
avente destinazione mista (commerciale/produttiva al piano terra e residenziale
al primo piano) e volumetria complessiva inferiore a mc. 1500.
Per l’annullamento del citato
permesso di costruire, i Sigg. Paolo e Francesca Romagnoli[5] si
rivolsero al giudice amministrativo con argomenti che il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda),
con Sentenza n. 1825 del 16 ottobre 2012
ritenne di non condividere così argomentando: “… l’intervento
di ampliamento assentito col permesso di costruire n. 8122/2012:
- riguarda un
edificio dotato di volumetria complessiva inferiore a mc. 1500, posto che dal
relativo calcolo va esclusa la cantina di mc. 63,60, in quanto volume
entroterra non destinato a residenza, uffici od attività produttive, e ciò in
forza del disposto dell’art. 13, comma 4, delle N.T.A. della variante di
adeguamento del P.R.G. al P.U.T.;
- è conforme
all’art. 4, lett. b), della legge regionale 28 dicembre 2009 n. 19 (sul c.d.
Piano casa) che, per i soli edifici aventi volumetria inferiore a mc. 1500, non
prevede come requisito obbligatorio la destinazione residenziale esclusiva o
prevalente; …“
Per l’annullamento della citata
decisione del Tar Campania – Salerno, allora, i Sigg. Paolo e Francesca
Romagnoli, si rivolsero al Consiglio di Stato con ragioni che - con sentenza n.
3539 del 01/07/2013, Sez. IV – vennero rigettate con i seguenti argomenti:
“Ragioni di carattere letterale, logico ed eziologico depongono
per un’interpretazione disgiunta delle tipologie elencate nel primo comma
dell’art. 4 della L.R. 28-12-2009 n. 19 e smi che disciplina gli interventi
straordinari di ampliamento di fabbricati nella Regione Campania anche in
deroga agli strumenti urbanistici nei limiti del venti per cento della
volumetria esistente.
Quanto al profilo letterale infatti il legislatore
regionale non ha affatto elencato tre requisiti obbligatoriamente necessari per
far luogo all’intervento di ampliamento, ma ha previsto l’ampliabilità “… della
volumetria esistente per i seguenti edifici…. “ .
Per poter avvalorare l’ipotesi interpretativa degli
appellanti la legge avrebbe dovuto utilizzare una differente allocuzione
esplicitamente diretta alla necessaria ed inderogabile con-presenza delle
differenti tipologie ivi considerate. In tale direzione l’ampliamento del 20 %
in deroga poteva essere autorizzato sia nel caso di:
-- di “edifici residenziali uni-bifamiliari”(lett. a);
-- di “ edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento
metri cubi (lett. b) come nel caso in esame, o infine
-- per “edifici residenziali composti da non più di tre piani
fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto”.
Sotto il profilo letterale si tratta dunque di tre ipotesi
differenti e distinte dirette ad assicurare una copertura normativa anche a
situazione tra loro differenziate, ma
comunque concretamente suscettibili di portare ad un effettivo incremento
dell’offerta abitativa.
Tale conclusione è avvalorata, sul piano logico, dalla
struttura complessiva dell’intero articolo in questione che:
-- al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti
tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;
-- al secondo ed al terzo comma ha individuato i limiti, e le
modalità, di realizzazione degli interventi nelle diverse casistiche,
-- al quarto comma ne ha specificato i requisiti tecnici e
funzionali di carattere obbligatorio.
Ciò posto, come esattamente sottolineato dalla Difesa del
controinteressato, l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata
dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione
d’uso,
La considerazione del piano teleologico degli interessi
abitativi porta a dover ritenere che non avrebbe avuto alcun senso limitare
l’ampliamento solo a “edifici residenziali uni-bifamiliari; di volumetria non
superiore ai millecinquecento metri cubi; composti da non più di tre piani
fuori terra”, in quanto con tale interpretazione si sarebbe finito per
vanificare le finalità della disposizione.
In tale direzione l’interpretazione restrittiva della
disposizione sarebbe anche incompatibile con anche la possibilità, alternativa
all’ampliamento concessa dal terzo comma dell’articolo in questione di mutare a
residenziale la destinazione d’uso di volumetrie esistenti limitata però ai
soli edifici “prevalentemente residenziali”
In definitiva, in tutti i casi di edifici inferiori ai 1500 m³ si poteva
realizzare l’ampliamento del 20% ai fini residenziali senza limitazioni. Del
resto appare del tutto corrispondete a normali regole -- non solo di buon senso
ma di carattere economico ed ambientale (per i minori spostamenti) --
consentire ad un commerciante o ad un artigiano con bottega di creare o di
ampliare un alloggio per esempio per le esigenze abitative sue o dei figli.
In conclusione, in base al principio per cui “ubi lex voluit
dixit[6]”,
la mancata apposizione dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4,I°
co della L.R. 28 dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla
realizzazione del 20 % in più della volumetria esistente anche ad edifici non
specificamente residenziali purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³ .
Il motivo va dunque respinto.
___ 1.§.2. Con il secondo motivo si contesta la conclusione
del Tar con cui, non si sarebbe trattato dell’intervento su un fabbricato di
volumetria superiore 1500 m³
avendo il Tar escluso il vano cantina atto di 63,60 m³ che avrebbe
dovuto essere considerato volumetria utile ai sensi ai sensi dell’articolo 13,
IV° comma delle NTA della Variante di adeguamento del PRG al PUT.
Al contrario per l’individuazione della volumetria
computabile si sarebbe dovuto fare riferimento alla legge regione Campania n.
19 cit ed in specie all’articolo 2, comma 1° lett. f) per cui dal computo dei
volumi avrebbero dovuto essere esclusi solo i volumi tecnici e i vani scale,
ascensori ecc. .
Il vano cantina avrebbe una destinazione accessoria e non
sarebbe affatto un volume tecnico per cui andava computato della volumetria
dell’edificio interessato, per cui conteggiando il predetto volume di 63,60 m³ si sarebbe
sforato dal limite di 1500
m³ .
L’assunto è infondato.
Infatti il riferimento alla nozione di volumetria di cui
all’articolo 2, comma 1° lett. f) del L.R. 28-12-2009 n. 19 appare del tutto
capziosa e comunque inconferente, in quanto concerne non la volumetria sulla
quale calcolare l’ampliamento del 20 %, ma “… la volumetria lorda da
assentire” dalla quale devono essere escluse non comprende i volumi
tecnici, i collegamenti verticali (vani scale, vani ascensori) ed altri spazi
comuni, necessari a garantire il risparmio energetico e le innovazioni
tecnologiche in edilizia.
Al riguardo deve infatti ricordarsi l’orientamento risalente
nel tempo, ma dal quale la
Sezione non ritiene vi siano elementi di diritto per
discostarsi, per cui fatti salvi i casi di realizzazioni abusive in
sotterraneo, di norma ai fini del computo della volumetria esistente del
fabbricato (es. ai fini dell’incremento degli standard urbanistici) è
computabile solo il volume che supera il piano di campagna o quello che
sopravanza lo sbancamento del livello zero, non già la cubatura sottostante
(cfr. Cons. Stato, V Sez., 4 agosto 1986 n. 390; Consiglio Stato, sez. V, 21
ottobre 1991, n. 1231, e più recentemente: Consiglio Stato sez. IV 29 gennaio
2008 n. 271).
In definitiva, dato che i volumi entroterra non possono
essere destinate a finalità abitative o produttive ovvero ad uffici, essi non
sono rilevanti ai fini del carico urbanistico, per cui esattamente il TAR ha
concluso che la cantina, ricavata al di sotto del piano di campagna, non
dovesse essere computabile nel calcolo della volumetria assentibile ai fini
dell’ampliamento di cui all’art. 4 della L.R. n. 19/2009.
___ 2.§. In conclusione l’appello deve essere respinto, con
la conseguente conferma della decisione impugnata sia pure con le integrazioni
motivazionali di cui sopra.
Appena ho avuto conoscenza di queste
conclusioni del Consiglio di Stato ho sentito come una trafittura provocata a
tradimento, come se l’angolo di un lampo zigzagante – che un Dio preciso aveva destinato ad un cattivo debitamente
condannato – si fosse allargato ben oltre la traiettoria decisa, fino a
colpirmi ingiustamente per “caso”.
A meno che … non fosse per caso.
DE-GEOMETRIZZARE
PER COSTRUIRE ?
A
volte il diavolo
Ho ripreso a vagare per gli angoli e
le tracce dei percorsi che mi avevano condotto ad una tesi, ho rimisurato le
distanze fra premesse e conseguenze di un ragionamento che mi aveva portato a
conclusioni o inferenze, ma … nulla: non c’era verso di finire in un altrove
coincidente con quello designato dal Consiglio di Stato.
E allora mi sono detto:
§ Se
il Sig. “Consiglio di Stato” mi chiedesse di costruire un immobile, io saprei
come fare;
§ E
se questo committente mi chiedesse “perché
hai previsto un muro di spessore pari a 30 cm ?” io saprei cosa rispondere: “vede, Sig. “Consiglio di Stato”, sono
partito da un dato misurato in laboratorio, e cioè che questo tipo di muro ha
una resistenza pari a ICS kg/cmq. A partire da questo dato, è chiaro che per determinare lo spessore del
muro di progetto dovevo calcolare il peso “P” che l’edificio avrebbe
scaricato su un metro di muro: e allora ho calcolato il peso dell’edificio
(muri e solai) sovrastante il muro, il sovraccarico dovuto al vento d’autunno,
alla neve d’inverno, all’allagamento dell’appartamento che non manca di
allietare le assenze dei proprietari, alle persone che si sarebbero riunite per
festeggiare il natale o il compleanno, ai
bambini che saltano sul letto, al terremoto che ormai non manca mai
nelle serene notti d’estate, ai piatti che talvolta volano tra i coniugi, alla
lavatrice che traballa quando scarica, alle onde sonore di una schitarrata
rocckettara che un figlio decente non si fa sfuggire per comunicare al
quartiere che è vivo, … e insomma il
sovraccarico della vita a cui l’immobile poteva essere destinato. Fatto questo
calcolo lo spessore del muro è venuto fuori di conseguenza: ”P : ICS”, cioè come esito del rapporto tra il Peso che scarica sul muro e la Resistenza del Muro”;
§ E
se questo committente mi sfruculiasse chiedendomi “ma perché – vista la facilità con cui intorno a noi tutto sta
crollando, non hai previsto un muro di spessore maggiore, in modo da essere
ancora più sicuri ?” io saprei ancora rispondere: “vede, Sig. “Consiglio di Stato”, le ragioni di un muro non stanno solo
nella solidità ma anche nell’economicità. Consideri, ad esempio, per un attimo
il Muro di Berlino: solidissimo, ma è valso quanto è costato? Insomma, i muri
devono reggere per costruire, ma non tanto da non poter essere, quando serve,
abbattuti”.
§ Insomma,
mi sono detto che alle domande del Consiglio di Stato avrei risposto con
enunciati intelligibili, con una geometria della logica in grado di traslare significati
dal campo specifico del calcolo numerico a quello a-specifico della
comprensione (che non richiede
necessariamente competenza) generale.
Ecco, qual era il problema che
emergeva dalle conclusioni del Consiglio Stato con riguardo alla corretta interpretazione
dell’articolo 4, comma 1, del Piano Casa Campania:
mi imponevano una de-geometrizzazione
logica che non dava luogo a possibilità di costruire, di determinare esiti
conseguenti, intelligibili come un muro di 30 cm di spessore.
DAL
VANGELO SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO
A
volte il diavolo
A partire dalla seguente, testuale
formulazione della norma inclusa nel Piano Casa Campania:
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
il Consiglio di Stato ha “legittimato” la seguente interpretazione:
“Ragioni di carattere letterale, logico ed eziologico
depongono per
un’interpretazione disgiunta delle tipologie elencate nel
primo comma dell’art. 4”
con questi argomenti che riporto e
commento:
§
Quanto al profilo
letterale infatti il legislatore regionale non ha affatto elencato tre
requisiti obbligatoriamente necessari per far luogo all’intervento di
ampliamento, ma ha previsto l’ampliabilità “… della volumetria esistente per i
seguenti edifici…. “ . Per poter avvalorare l’ipotesi interpretativa degli
appellanti la legge avrebbe dovuto utilizzare una differente allocuzione
esplicitamente diretta alla necessaria ed inderogabile con-presenza delle
differenti tipologie ivi considerate.
COMMENTO.
Dubito, per vero, che una simile
formulazione abbia capacità di “chiarire” la geometria logica del Consiglio di
Stato, visto il largo uso di formule allusive/non dimostrative:
infatti,
sottolineare la circostanza che il legislatore ha fatto uso
dell’espressione “… della volumetria esistente per i seguenti
edifici…. “ non equivale a enunciare un criterio
interpretativo ma è un mero, inutile e ridondante “citare il legislatore”;
e
così pure affermare che - per sostenere diversa interpretazione - “la legge avrebbe
dovuto utilizzare una differente allocuzione esplicitamente diretta alla
necessaria ed inderogabile con-presenza delle differenti tipologie ivi
considerate“ non può assumere valore equivalente all’indicare un
“criterio”, se poi si omette di indicare quale avrebbe dovuto essere questa
presunta “differente
allocuzione”;
§
In ogni
caso, nonostante un’introduzione argomentativa - come quella sopra riportata - che
non enunciava “argomenti”, il Consiglio di Stato prosegue:
In tale direzione
l’ampliamento del 20 % in deroga poteva essere autorizzato sia nel caso di:
-- di “edifici
residenziali uni-bifamiliari”(lett. a);
-- di “ edifici
di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi (lett. b) come nel
caso in esame, o infine
-- per “edifici
residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale
piano sottotetto”.
Sotto il profilo
letterale si tratta dunque di tre ipotesi differenti e distinte dirette ad
assicurare una copertura normativa anche a situazione tra loro differenziate,
ma comunque concretamente suscettibili di portare ad un effettivo incremento
dell’offerta abitativa.
COMMENTO. Cosa dire: c’è tra i lettori chi conosce l’arte divinatoria in grado di
espungere dall’enunciato “Sotto il profilo
letterale si tratta dunque…” il
nocciolo atomico fondante, costitutivo del senso ultimo con cui riempire
l’inconsistente/apparente criterio interpretativo del profilo letterale ?
Per quanto mi è possibile capire con i miei modesti strumenti di indagine
ed analisi, si qui il comportamento del Consiglio di Stato mi appare
traducibile come segue:
Immaginate che un
giorno vostro figlio, tornando da scuola piangendo vi dicesse:
“Papà, il professore di italiano mi ha interrogato su
Dante e mi ha messo quattro meno meno …”.
Di primo acchitto,
naturalmente, sareste tentati di consolarlo ma, conoscendo i rischi di un
perdono senza condizioni, gli chiederete: “Come mai
?”.
E lui, singhiozzando:
“Ecco, mi
ha chiesto di spiegare l’incipit della Divina Commedia:”Nel mezzo
del cammin di nostra vita …” e, quando l’ho fatto, mi ha
detto:
“Eh no, non
è così perché, vede, caro studente:
- Dante ha
scritto letteralmente: “Nel mezzo del cammin di nostra vita”;
- se
avesse voluto dire qualcosa di diverso l’avrebbe detto”.
Non avendo capito
un’acca delle motivazioni addotte per condannare ad un quattro meno meno lo
sforzo di quel figlio adorato, cercherete una via di scampo onorevole:
“Beh, anche
i professori sono uomini e, talvolta sbagliano …”.
Solo che vostro figlio
vi blocca con :
“Ma io non
piango per il voto, perché – alto o basso che sia – non può essere in se
stesso, di per sé, giusto o sbagliato.
Io piango
l’ingiustizia di un giudizio immotivato, la prepotenza di una spiegazione
imposta senza spiegare, l’indigeribilità di un’equazione che per dimostrare
equivalenze non espone un procedimento ma si limita a dire che “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” significa “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” perché Dante ha scritto “Nel mezzo
del cammin di nostra vita”
… .
Papà: io
piango perché il Bianco è Bianco perché è Bianco, capisci?”
§
Per
fortuna, dopo questo vagar per argomenti ondosi la nebbia dei significati sale
agli irti colli e libera alla vista del cercatore i punti di possibili approdi.
Infatti il Consiglio di Stato, ad un certo punto, alza le bandierine sulla
seguente pista di atterraggio::
Tale conclusione
è avvalorata, sul piano logico, dalla struttura complessiva dell’intero
articolo in questione che:
-- al primo
comma, ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro
del tutto indipendenti;
-- al secondo ed
al terzo comma ha individuato i limiti, e le modalità, di realizzazione degli
interventi nelle diverse casistiche,
-- al quarto
comma ne ha specificato i requisiti tecnici e funzionali di carattere
obbligatorio.
Ciò posto, come
esattamente sottolineato dalla Difesa del controinteressato, l’ipotesi sub lett.
b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del
tutto da tale destinazione d’uso,
La considerazione
del piano teleologico degli interessi abitativi porta a dover ritenere che non
avrebbe avuto alcun senso limitare l’ampliamento solo a “edifici residenziali
uni-bifamiliari; di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;
composti da non più di tre piani fuori terra”, in quanto con tale
interpretazione si sarebbe finito per vanificare le finalità della disposizione.
In tale direzione
l’interpretazione restrittiva della disposizione sarebbe anche incompatibile
con anche la possibilità, alternativa all’ampliamento concessa dal terzo comma
dell’articolo in questione di mutare a residenziale la destinazione d’uso di volumetrie
esistenti limitata però ai soli edifici “prevalentemente residenziali”
In definitiva, in
tutti i casi di edifici inferiori ai 1500 m³ si poteva realizzare l’ampliamento del
20% ai fini residenziali senza limitazioni. Del resto appare del tutto corrispondente
a normali regole -- non solo di buon senso ma di carattere economico ed
ambientale (per i minori spostamenti) -- consentire ad un commerciante o ad un
artigiano con bottega di creare o di ampliare un alloggio per esempio per le
esigenze abitative sue o dei figli.
In conclusione,
in base al principio per cui “ubi lex voluit dixit”, la mancata apposizione
dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4,I° co della L.R. 28
dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla realizzazione del 20 % in
più della volumetria esistente anche ad edifici non specificamente residenziali
purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³ .
COMMENTO. In questa parte della sentenza c’è, per così dire, il succo del pensiero
del Consiglio di Stato, per il quale, a partire dalla seguente, testuale formulazione della norma inclusa nel
Piano Casa Campania:
“Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento 1.
In deroga agli strumenti
urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti
per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:
a) edifici residenziali
uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non
superiore ai millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti
da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.”
si deve ritenere
che la mancata
apposizione dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4, I° co della
L.R. 28 dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla realizzazione del
20 % in più della volumetria esistente anche ad edifici non specificamente
residenziali purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³ . in quanto:
- l’art. 4
del Piano Casa, al primo comma,
ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del
tutto indipendenti;
- l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo
“residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione d’uso;
- e Del resto appare del tutto corrispondente a normali regole --
non solo di buon senso ma di carattere economico ed ambientale (per i minori
spostamenti) -- consentire ad un commerciante o ad un artigiano con bottega di
creare o di ampliare un alloggio per esempio per le esigenze abitative sue o
dei figli.
- e, se
tutto questo non basta, ricordatevi che “ubi lex voluit dixit”.
Di fronte a
questa enunciazione dei criteri interpretativi dell’art. 4, a un lettore di media
caratura non sfugge, però, la debolezza di un ragionare che - non procedendo
per accumulazione di elementi circostanziali positivi e intelligibili –
perviene a editare criteri che non si auto-verificano.
Infatti, se si
perviene - applicando il principio “ubi
lex voluit dixit” – alla decisione di assumere
come criterio dirimente che l’ipotesi
sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui
prescinde del tutto da tale destinazione d’uso , dovremmo poi (anche) necessariamente inferire (applicando il medesimo
principio e criterio dirimente) :
-
che l’art. 4,
comma 1 lett. b) è applicabile a qualunque “EDIFICIO” di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi, a prescindere dalla sua connotazione di residenziale o non residenziale
e dalla sua connotazione in termini di piani;
-
e che l’art.
4, comma 1 lett. b), ad esempio, si applica anche agli edifici residenziali
uni-bifamiliari (come quelli indicati all’art.4, lett. a) di volumetria non superiore ai millecinquecento
metri cubi,;
-
o che l’art.
4, comma 1 lett. b), ad esempio, si applica anche agli edifici residenziali composti da
non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto (come quelli
indicati all’art.4, lett. c) di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
Ma
questa inferenza porta a inevitabilmente a concludere che il ragionamento del
Consiglio di Stato è fallace, perché, se si accredita la tesi di partenza che
l’art. 4 del Piano Casa,
al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti
tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;
-
non
si può, contemporaneamente, affermare che nelle fattispecie di cui all’art. 4 sub lett. b) ricadano – in parte – anche fattispecie sub lett. a) o fattispecie
sub lett. c);
infatti sarebbe come affermare, ad
esempio, che
gli edifici
residenziali uni-bifamiliari di
cui all’art. 4 sub lett. a)
possono essere ampliati
“fino al venti per cento della volumetria esistente”
purché abbiano, ai sensi cui
all’art. 4 sub lett. b) , una volumetria non
superiore ai millecinquecento metri cubi …….
Non
c’è Vangelo che possa chiederci di credere che l’art. 4, comma 1, del Piano
Casa Campania ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del
tutto indipendenti che –
però, contemporaneamente – si limitano e condizionano reciprocamente.
Non
c’è Vangelo che possa chiederci di credere che Dio è uno e trino.
Anzi
no: un Vangelo c’è.
Ma
non è quello del Consiglio di Stato.
CAPIRE?
E’ UN PO’ MORIRE
Sono un geometra e costruisco muri.
Talvolta li demolisco.
Non so se in questo modo costruisco mondi o li
distruggo, se altero o conservo, se innovo o mi ripeto nell’eterno credere di
andare avanti.
Alla consapevolezza del proprio posto nel mondo si
giunge per distacco, per frenate riflessive sul ciglio della strada, per incontri
inaspettati, per dolori provocati e subiti, per insiemi.
Per questo cerco di stare attento a misurare distanze,
scegliere strade, comprendere gli incroci e registrare voci con strumenti che si
ribellano all’ineluttabilità di una sola direzione.
Ed è per questo che, all’indomani della promulgazione
della LRC 19/09 e s.m.i., di fronte al seguente testo dell’art. 4:
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
scelsi di non asservire il mio incedere interpretativo
ad una logica geometrica tipizzata ma alla continenza di una geometria della
logica capace di garantire esiti super partes.
E dopo aver misurato e registrato, ascoltato e
controdedotto, calcolato e verificato, affermai:
coloro che aderiscono ad una tesi
“indipendentista” come quella enunciata dal Consiglio di Stato, e cioè che l’art. 4, comma 1, del Piano Casa
Campania ha
individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto
indipendenti , incorrono in un errore di fondo, simile a quelli che - di fronte ad una
legge del seguente tenore :
“In Italia possono votare gli uomini :
a) che abbiano compiuto 18
anni;
b) che siano nati in Italia;
c) che siano alti almeno 1,70 metri “
deducano paradossalmente che:
- IN
ITALIA Possono votare anche i Masai, perché sono alti più di 1,70 metri (infatti, parafrasando il Consiglio di Stato, si deve
ritenere che la norma ha individuato
tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub
lett. c), la quale - essendo connotata dal solo requisito dell’altezza –
consente di prescindere del tutto dal possesso di ogni altro requisito);
- IN
ITALIA Possono votare anche i QUINDiCENNI NATI IN ITALIA (infatti - parafrasando il Consiglio di Stato – si deve
ritenere che la norma ha individuato
tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub
lett. b), la qule – essendo connotata dal solo requisito dell’essere nati in
Italia – consente di prescindere del
tutto dal possesso di ogni altro requisito);
- IN
ITALIA Possono votare anche i NANI CHE HANNO 37 ANNI (infatti, parafrasando il Consiglio di Stato, si deve ritenere
che la norma ha individuato
tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub
lett. a), la quale – essendo connotata dal solo requisito dell’età – consente di
prescinde del tutto dal possesso di ogni altro requisito);
Ora che il Consiglio di Stato ha armato questa tesi “indipendentista” di un caricatore retorico,
di una minaccia a non opporre remore all’avanzata del fate come vi pare, fatelo
in fretta chè domani è un altro giorno
… si vedrà, piango una delusione
profonda.
“Ma non piango
per i vostri voti, perché – alti o bassi che siano – non possono essere in se
stessi giusti o sbagliati.
Io piango
l’ingiustizia di un giudizio immotivato, la prepotenza di una spiegazione
imposta senza spiegare, l’indigeribilità di un’equazione che per dimostrare
equivalenze non espone un procedimento ma si limita a dire che “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” significa “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” perché Dante ha scritto “Nel mezzo
del cammin di nostra vita”
… .
Piango
perché se il Bianco è Bianco perché è Bianco, allora vuol dire che ho perso … la
geometria, capisci, figlio mio?”
Geom. Marcellino Bottone
Piedimonte
Matese, 10 settembre 2013
[1] Frase
attribuita a Luigi Pirandello.
[2] Dal testo -
scientemente modificato e asservito all’uso e finalità di questo scritto –
della canzone di Edoardo Bennato: “Un giorno credi”
[3] Mi riferisco a
un mio commento intitolato: “IL PIANO CASA CAMPANIA: DUBBI SULLA
APPLICAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1, LRC 1/2011” facilmente reperibile in rete o, se se si vuole, richiedendolo
all’autore.
[4] Dal romanzo
di Massimo Lugli: “Il Carezzevole”, Ed. Newton Compton, pag. 231,
[5] Uso questi nomi di fantasia perché mi
piace pensare che possa esserci – oltre al diritto al romanticismo – un
romanticismo del diritto …
[6] Ubi
lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (LA)
(trad. "Dove la legge ha voluto
ha detto, dove non ha voluto ha taciuto") è un brocardo latino evocato a proposito
dell'interpretazione della legge. Se infatti in un disposto normativo non è
stata prevista una fattispecie o non è stato analizzato un
determinato aspetto, si deve presupporre che il legislatore non lo abbia voluto normare (difetto
di norma) e che pertanto non si debba procedere ad interpretazioni estensive. Il
brocardo richiama l'interprete ad attenersi al testo della norma, ossia a non
dedurre conseguenze dal silenzio.
[7] Frase
attribuita a Stanislaw Jerzy Lec
[8] Frase
attribuita a Stanislaw Jerzy Lec
[9] Dalla canzone
“L’Arcangelo”, di Ivano Fossati
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