(L’avventura
di un Geometra che ha perso la … Geometria)
Dopo Consiglio di
Stato, Sez. IV , sentenza n. 3539 del 01/07/2013, qual è la corretta interpretazione dell’art. 4, comma 1, del PIANO CASA CAMPANIA ?
Geom. Bottone Marcellino - Piedimonte Matese (Caserta) – 10 settembre 2013
Email: bmarcellino@email.it
Ogni
realtà
è
un
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
2. L’ampliamento di cui al
comma 1 è consentito:
a) su edifici residenziali come definiti
all’articolo 2, comma 1, la cui restante parte abbia utilizzo compatibile con
quello abitativo;
b)
per interventi che non modificano la destinazione d’uso degli edifici
interessati, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 2, comma 1, lettera
b);
c)
su edifici residenziali ubicati in aree urbanizzate, nel rispetto delle
distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968;
d)
su edifici residenziali ubicati in aree esterne agli ambiti dichiarati in atti
formali a pericolosità idraulica e da frana elevata o molto elevata;
e)
su edifici ubicati in aree esterne a quelle definite ad alto rischio vulcanico;
f) su edifici esistenti ubicati nelle aree
sottoposte alla disposizioni di cui all’articolo 338, comma 7, del Regio
Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi
sanitarie) e successive modifiche, nei limiti di tale disciplina;
g) su edifici regolarmente autorizzati ma non
ancora ultimati alla data di entrata in vigore della presente legge;
3. Per gli edifici a prevalente destinazione
residenziale, nel rispetto delle prescrizioni obbligatorie di cui al comma 4, è
consentita, in alternativa all’ampliamento della volumetria esistente, la
modifica di destinazione d’uso da volumetria esistente non residenziale a
volumetria residenziale per una quantità massima del venti per cento.
4. Per la realizzazione
dell’ampliamento sono obbligatori:
a)
l’utilizzo di tecniche costruttive, con
criteri di sostenibilità e utilizzo di materiale eco-compatibile, che
garantiscano prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei parametri
stabiliti dagli atti di indirizzo regionali e dalla vigente normativa.
L’utilizzo delle tecniche costruttive ed il rispetto degli indici di
prestazione energetica fissati dalla Giunta regionale sono certificati dal
direttore dei lavori con la comunicazione di ultimazione dei lavori. Gli
interventi devono essere realizzati da una ditta con iscrizione anche alla
Cassa edile comprovata da un regolare Documento unico di regolarità
contributiva (DURC). In mancanza di detti requisiti non è certificata
l’agibilità, ai sensi dell’articolo 25(R) del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia -Testo A), dell’intervento realizzato;
b)
la conformità alle norme sulle costruzioni in zona sismica;
c)
abrogata.
5. Per gli edifici e loro
frazionamento, sui quali sia stato realizzato l’ampliamento ai sensi della
presente legge, non può essere modificata la destinazione d’uso se non siano
decorsi almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori.
6. L’ampliamento non può essere
realizzato su edifici residenziali privi del relativo accatastamento ovvero per
i quali al momento della richiesta dell’ampliamento non sia in corso la
procedura di accatastamento.
L’ampliamento
non può essere realizzato, altresì, in aree individuate, dai comuni provvisti
di strumenti urbanistici generali vigenti, con provvedimento di consiglio
comunale motivato da esigenze di carattere urbanistico ed edilizio, nel termine
perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
7. E’ consentito su edifici non
residenziali regolarmente assentiti, destinati ad attività produttive,
commerciali, turistico-ricettive e di servizi, fermi restando i casi di
esclusione dell’articolo 3 della presente legge, la realizzazione di opere
interne finalizzate all’utilizzo di volumi esistenti nell’ambito dell’attività autorizzata, per
la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture esistenti, anche attraverso
il cambio di destinazione d’uso, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
I medesimi interventi possono attuarsi all’interno di unità immobiliari aventi
una superficie non superiore a cinquecento metri quadrati, non devono in alcun
modo incidere sulla sagoma e sui prospetti dell’edificio, né costituire unità
immobiliari successivamente frazionabili.
Ai più sembrò una norma facile da
interpretare … se solo si fosse riusciti
a trovare il bandolo nella matassa dei significati possibili … . perché è
chiaro che … , però … , anche se …. .
L’INTERPRETAZIONE DI UN
GEOMETRA
Un
giorno credi di essere giusto
e di essere un grande uomo
e di essere un grande uomo
poi ti svegli e ti accorgi che devi
cominciare da zero
Sollecitato da un professionista operante presso un Comune
del Napoletano, con un commento del 4 marzo 2011[3] pubblicato
su vari siti specializzati ardii comunicare all’universo mondo – motivando con
argomenti che in seguito riporterò – di ritenere corrispondente all’enunciato
normativo
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
l’uso del seguente :
Schema concettuale
Domanda: ENTRO QUALI LIMITI E’ ESERCITABILE LA FACOLTA ’ DI AMPLIARE UN
EDIFICIO FINO AL VENTI PER CENTO DEL VOLUME ESISTENTE?
Risposta: AI SENSI E PER GLI EFFETTI DELL’ART.4, COMMA 1,
DEL PIANO CASA CAMPANIA, UN EDIFICIO PUO’ AVVALERSI DI TALE FACOLTA’ QUANDO HA
CARATTERISTICHE CHE NON CONTRASTANO CON NESSUNO DEI SEGUENTI LIMITI :
A) TRATTASI DI EDIFICIO
UNI-BIFAMILIARE
B) TRATTASI DI UN EDIFICIO
DI VOLUMETRIA NON SUPERIORE AI 1500 METRI CUBI
C) TRATTASI DI EDIFICIO
COMPOSTO DA NON PIU’ DI TRE PIANI FUORI TERRA, OLTRE ALL’EVENTUALE PIANO
SOTTOTETTO
Secondo questo “schema concettuale”, in pratica, l’esame di una istanza
di ampliamento ai sensi dell’art.4 della LRC 19/2009 e s.m.i. dovrà essere
condotto utilizzando un crivello con tre filtri : l’istanza che non si incaglia
in alcuna delle maglie del crivello avrà superato l’esame di legittimità.
In seguito all’enunciazione di questa tesi interpretativa,
naturalmente, fui onorato dell’attenzione critica di taluni navigatori della
rete, ma con “argomenti” che non mi indicavano il punto debole, l’inghippo
nella mia logica geometrica “se si afferma che … ne
segue che …”.
E così, con l’attesa trepidante di chi spera di poter
gridare “L’AVEVO DETTO ! “, mi sono seduto sulla sponda del turbolento
fiume della giurisprudenza per intercettare un argomento a sostegno, un
indiretto “concordo”, insomma un piccolo centesimo di soddisfazione da spendere
nei confronti di chi mi ripete “ma chi te lo fa fare ?”.
Poi, quando il tempo trascorso mi sembrava sufficiente per
cominciare a sbaraccare, intercetto - nell’inconsistente portata di un rivolo -
il mulinello inatteso generato dal il Tar Campania – Salerno e dal Consiglio di
Stato, un umido buco nero in cui annegava il pensier mio.
IL CASO
Gao viveva nella foresta, Yu viveva a corte,
praticava esercizi di longevità, vestiva abiti in seta, mangiava cibi squisiti,
mangiava poco e beveva solo
acqua. aveva
dieci concubine, beveva liquori prelibati e fumava oppio.
Curava l’interno. Curava
l’esterno
Venne una Tigre e lo uccise. Venne
una malattia e lo uccise
La
minaccia è ovunque[4]
Con permesso di costruire n. 8122/12
il Comune di Nocera Inferiore autorizzava – ai sensi del Piano Casa Campania di
cui alla legge regionale 28 dicembre 2009 n. 19 e s.m.i. – l’ampliamento del 20 % di un fabbricato
avente destinazione mista (commerciale/produttiva al piano terra e residenziale
al primo piano) e volumetria complessiva inferiore a mc. 1500.
Per l’annullamento del citato
permesso di costruire, i Sigg. Paolo e Francesca Romagnoli[5] si
rivolsero al giudice amministrativo con argomenti che il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda),
con Sentenza n. 1825 del 16 ottobre 2012
ritenne di non condividere così argomentando: “… l’intervento
di ampliamento assentito col permesso di costruire n. 8122/2012:
- riguarda un
edificio dotato di volumetria complessiva inferiore a mc. 1500, posto che dal
relativo calcolo va esclusa la cantina di mc. 63,60, in quanto volume
entroterra non destinato a residenza, uffici od attività produttive, e ciò in
forza del disposto dell’art. 13, comma 4, delle N.T.A. della variante di
adeguamento del P.R.G. al P.U.T.;
- è conforme
all’art. 4, lett. b), della legge regionale 28 dicembre 2009 n. 19 (sul c.d.
Piano casa) che, per i soli edifici aventi volumetria inferiore a mc. 1500, non
prevede come requisito obbligatorio la destinazione residenziale esclusiva o
prevalente; …“
Per l’annullamento della citata
decisione del Tar Campania – Salerno, allora, i Sigg. Paolo e Francesca
Romagnoli, si rivolsero al Consiglio di Stato con ragioni che - con sentenza n.
3539 del 01/07/2013, Sez. IV – vennero rigettate con i seguenti argomenti:
“Ragioni di carattere letterale, logico ed eziologico depongono
per un’interpretazione disgiunta delle tipologie elencate nel primo comma
dell’art. 4 della L.R. 28-12-2009 n. 19 e smi che disciplina gli interventi
straordinari di ampliamento di fabbricati nella Regione Campania anche in
deroga agli strumenti urbanistici nei limiti del venti per cento della
volumetria esistente.
Quanto al profilo letterale infatti il legislatore
regionale non ha affatto elencato tre requisiti obbligatoriamente necessari per
far luogo all’intervento di ampliamento, ma ha previsto l’ampliabilità “… della
volumetria esistente per i seguenti edifici…. “ .
Per poter avvalorare l’ipotesi interpretativa degli
appellanti la legge avrebbe dovuto utilizzare una differente allocuzione
esplicitamente diretta alla necessaria ed inderogabile con-presenza delle
differenti tipologie ivi considerate. In tale direzione l’ampliamento del 20 %
in deroga poteva essere autorizzato sia nel caso di:
-- di “edifici residenziali uni-bifamiliari”(lett. a);
-- di “ edifici di volumetria non superiore ai millecinquecento
metri cubi (lett. b) come nel caso in esame, o infine
-- per “edifici residenziali composti da non più di tre piani
fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto”.
Sotto il profilo letterale si tratta dunque di tre ipotesi
differenti e distinte dirette ad assicurare una copertura normativa anche a
situazione tra loro differenziate, ma
comunque concretamente suscettibili di portare ad un effettivo incremento
dell’offerta abitativa.
Tale conclusione è avvalorata, sul piano logico, dalla
struttura complessiva dell’intero articolo in questione che:
-- al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti
tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;
-- al secondo ed al terzo comma ha individuato i limiti, e le
modalità, di realizzazione degli interventi nelle diverse casistiche,
-- al quarto comma ne ha specificato i requisiti tecnici e
funzionali di carattere obbligatorio.
Ciò posto, come esattamente sottolineato dalla Difesa del
controinteressato, l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata
dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione
d’uso,
La considerazione del piano teleologico degli interessi
abitativi porta a dover ritenere che non avrebbe avuto alcun senso limitare
l’ampliamento solo a “edifici residenziali uni-bifamiliari; di volumetria non
superiore ai millecinquecento metri cubi; composti da non più di tre piani
fuori terra”, in quanto con tale interpretazione si sarebbe finito per
vanificare le finalità della disposizione.
In tale direzione l’interpretazione restrittiva della
disposizione sarebbe anche incompatibile con anche la possibilità, alternativa
all’ampliamento concessa dal terzo comma dell’articolo in questione di mutare a
residenziale la destinazione d’uso di volumetrie esistenti limitata però ai
soli edifici “prevalentemente residenziali”
In definitiva, in tutti i casi di edifici inferiori ai 1500 m³ si poteva
realizzare l’ampliamento del 20% ai fini residenziali senza limitazioni. Del
resto appare del tutto corrispondete a normali regole -- non solo di buon senso
ma di carattere economico ed ambientale (per i minori spostamenti) --
consentire ad un commerciante o ad un artigiano con bottega di creare o di
ampliare un alloggio per esempio per le esigenze abitative sue o dei figli.
In conclusione, in base al principio per cui “ubi lex voluit
dixit[6]”,
la mancata apposizione dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4,I°
co della L.R. 28 dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla
realizzazione del 20 % in più della volumetria esistente anche ad edifici non
specificamente residenziali purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³ .
Il motivo va dunque respinto.
___ 1.§.2. Con il secondo motivo si contesta la conclusione
del Tar con cui, non si sarebbe trattato dell’intervento su un fabbricato di
volumetria superiore 1500 m³
avendo il Tar escluso il vano cantina atto di 63,60 m³ che avrebbe
dovuto essere considerato volumetria utile ai sensi ai sensi dell’articolo 13,
IV° comma delle NTA della Variante di adeguamento del PRG al PUT.
Al contrario per l’individuazione della volumetria
computabile si sarebbe dovuto fare riferimento alla legge regione Campania n.
19 cit ed in specie all’articolo 2, comma 1° lett. f) per cui dal computo dei
volumi avrebbero dovuto essere esclusi solo i volumi tecnici e i vani scale,
ascensori ecc. .
Il vano cantina avrebbe una destinazione accessoria e non
sarebbe affatto un volume tecnico per cui andava computato della volumetria
dell’edificio interessato, per cui conteggiando il predetto volume di 63,60 m³ si sarebbe
sforato dal limite di 1500
m³ .
L’assunto è infondato.
Infatti il riferimento alla nozione di volumetria di cui
all’articolo 2, comma 1° lett. f) del L.R. 28-12-2009 n. 19 appare del tutto
capziosa e comunque inconferente, in quanto concerne non la volumetria sulla
quale calcolare l’ampliamento del 20 %, ma “… la volumetria lorda da
assentire” dalla quale devono essere escluse non comprende i volumi
tecnici, i collegamenti verticali (vani scale, vani ascensori) ed altri spazi
comuni, necessari a garantire il risparmio energetico e le innovazioni
tecnologiche in edilizia.
Al riguardo deve infatti ricordarsi l’orientamento risalente
nel tempo, ma dal quale la
Sezione non ritiene vi siano elementi di diritto per
discostarsi, per cui fatti salvi i casi di realizzazioni abusive in
sotterraneo, di norma ai fini del computo della volumetria esistente del
fabbricato (es. ai fini dell’incremento degli standard urbanistici) è
computabile solo il volume che supera il piano di campagna o quello che
sopravanza lo sbancamento del livello zero, non già la cubatura sottostante
(cfr. Cons. Stato, V Sez., 4 agosto 1986 n. 390; Consiglio Stato, sez. V, 21
ottobre 1991, n. 1231, e più recentemente: Consiglio Stato sez. IV 29 gennaio
2008 n. 271).
In definitiva, dato che i volumi entroterra non possono
essere destinate a finalità abitative o produttive ovvero ad uffici, essi non
sono rilevanti ai fini del carico urbanistico, per cui esattamente il TAR ha
concluso che la cantina, ricavata al di sotto del piano di campagna, non
dovesse essere computabile nel calcolo della volumetria assentibile ai fini
dell’ampliamento di cui all’art. 4 della L.R. n. 19/2009.
___ 2.§. In conclusione l’appello deve essere respinto, con
la conseguente conferma della decisione impugnata sia pure con le integrazioni
motivazionali di cui sopra.
Appena ho avuto conoscenza di queste
conclusioni del Consiglio di Stato ho sentito come una trafittura provocata a
tradimento, come se l’angolo di un lampo zigzagante – che un Dio preciso aveva destinato ad un cattivo debitamente
condannato – si fosse allargato ben oltre la traiettoria decisa, fino a
colpirmi ingiustamente per “caso”.
A meno che … non fosse per caso.
DE-GEOMETRIZZARE
PER COSTRUIRE ?
A
volte il diavolo
Ho ripreso a vagare per gli angoli e
le tracce dei percorsi che mi avevano condotto ad una tesi, ho rimisurato le
distanze fra premesse e conseguenze di un ragionamento che mi aveva portato a
conclusioni o inferenze, ma … nulla: non c’era verso di finire in un altrove
coincidente con quello designato dal Consiglio di Stato.
E allora mi sono detto:
§ Se
il Sig. “Consiglio di Stato” mi chiedesse di costruire un immobile, io saprei
come fare;
§ E
se questo committente mi chiedesse “perché
hai previsto un muro di spessore pari a 30 cm ?” io saprei cosa rispondere: “vede, Sig. “Consiglio di Stato”, sono
partito da un dato misurato in laboratorio, e cioè che questo tipo di muro ha
una resistenza pari a ICS kg/cmq. A partire da questo dato, è chiaro che per determinare lo spessore del
muro di progetto dovevo calcolare il peso “P” che l’edificio avrebbe
scaricato su un metro di muro: e allora ho calcolato il peso dell’edificio
(muri e solai) sovrastante il muro, il sovraccarico dovuto al vento d’autunno,
alla neve d’inverno, all’allagamento dell’appartamento che non manca di
allietare le assenze dei proprietari, alle persone che si sarebbero riunite per
festeggiare il natale o il compleanno, ai
bambini che saltano sul letto, al terremoto che ormai non manca mai
nelle serene notti d’estate, ai piatti che talvolta volano tra i coniugi, alla
lavatrice che traballa quando scarica, alle onde sonore di una schitarrata
rocckettara che un figlio decente non si fa sfuggire per comunicare al
quartiere che è vivo, … e insomma il
sovraccarico della vita a cui l’immobile poteva essere destinato. Fatto questo
calcolo lo spessore del muro è venuto fuori di conseguenza: ”P : ICS”, cioè come esito del rapporto tra il Peso che scarica sul muro e la Resistenza del Muro”;
§ E
se questo committente mi sfruculiasse chiedendomi “ma perché – vista la facilità con cui intorno a noi tutto sta
crollando, non hai previsto un muro di spessore maggiore, in modo da essere
ancora più sicuri ?” io saprei ancora rispondere: “vede, Sig. “Consiglio di Stato”, le ragioni di un muro non stanno solo
nella solidità ma anche nell’economicità. Consideri, ad esempio, per un attimo
il Muro di Berlino: solidissimo, ma è valso quanto è costato? Insomma, i muri
devono reggere per costruire, ma non tanto da non poter essere, quando serve,
abbattuti”.
§ Insomma,
mi sono detto che alle domande del Consiglio di Stato avrei risposto con
enunciati intelligibili, con una geometria della logica in grado di traslare significati
dal campo specifico del calcolo numerico a quello a-specifico della
comprensione (che non richiede
necessariamente competenza) generale.
Ecco, qual era il problema che
emergeva dalle conclusioni del Consiglio Stato con riguardo alla corretta interpretazione
dell’articolo 4, comma 1, del Piano Casa Campania:
mi imponevano una de-geometrizzazione
logica che non dava luogo a possibilità di costruire, di determinare esiti
conseguenti, intelligibili come un muro di 30 cm di spessore.
DAL
VANGELO SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO
A
volte il diavolo
A partire dalla seguente, testuale
formulazione della norma inclusa nel Piano Casa Campania:
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
il Consiglio di Stato ha “legittimato” la seguente interpretazione:
“Ragioni di carattere letterale, logico ed eziologico
depongono per
un’interpretazione disgiunta delle tipologie elencate nel
primo comma dell’art. 4”
con questi argomenti che riporto e
commento:
§
Quanto al profilo
letterale infatti il legislatore regionale non ha affatto elencato tre
requisiti obbligatoriamente necessari per far luogo all’intervento di
ampliamento, ma ha previsto l’ampliabilità “… della volumetria esistente per i
seguenti edifici…. “ . Per poter avvalorare l’ipotesi interpretativa degli
appellanti la legge avrebbe dovuto utilizzare una differente allocuzione
esplicitamente diretta alla necessaria ed inderogabile con-presenza delle
differenti tipologie ivi considerate.
COMMENTO.
Dubito, per vero, che una simile
formulazione abbia capacità di “chiarire” la geometria logica del Consiglio di
Stato, visto il largo uso di formule allusive/non dimostrative:
infatti,
sottolineare la circostanza che il legislatore ha fatto uso
dell’espressione “… della volumetria esistente per i seguenti
edifici…. “ non equivale a enunciare un criterio
interpretativo ma è un mero, inutile e ridondante “citare il legislatore”;
e
così pure affermare che - per sostenere diversa interpretazione - “la legge avrebbe
dovuto utilizzare una differente allocuzione esplicitamente diretta alla
necessaria ed inderogabile con-presenza delle differenti tipologie ivi
considerate“ non può assumere valore equivalente all’indicare un
“criterio”, se poi si omette di indicare quale avrebbe dovuto essere questa
presunta “differente
allocuzione”;
§
In ogni
caso, nonostante un’introduzione argomentativa - come quella sopra riportata - che
non enunciava “argomenti”, il Consiglio di Stato prosegue:
In tale direzione
l’ampliamento del 20 % in deroga poteva essere autorizzato sia nel caso di:
-- di “edifici
residenziali uni-bifamiliari”(lett. a);
-- di “ edifici
di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi (lett. b) come nel
caso in esame, o infine
-- per “edifici
residenziali composti da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale
piano sottotetto”.
Sotto il profilo
letterale si tratta dunque di tre ipotesi differenti e distinte dirette ad
assicurare una copertura normativa anche a situazione tra loro differenziate,
ma comunque concretamente suscettibili di portare ad un effettivo incremento
dell’offerta abitativa.
COMMENTO. Cosa dire: c’è tra i lettori chi conosce l’arte divinatoria in grado di
espungere dall’enunciato “Sotto il profilo
letterale si tratta dunque…” il
nocciolo atomico fondante, costitutivo del senso ultimo con cui riempire
l’inconsistente/apparente criterio interpretativo del profilo letterale ?
Per quanto mi è possibile capire con i miei modesti strumenti di indagine
ed analisi, si qui il comportamento del Consiglio di Stato mi appare
traducibile come segue:
Immaginate che un
giorno vostro figlio, tornando da scuola piangendo vi dicesse:
“Papà, il professore di italiano mi ha interrogato su
Dante e mi ha messo quattro meno meno …”.
Di primo acchitto,
naturalmente, sareste tentati di consolarlo ma, conoscendo i rischi di un
perdono senza condizioni, gli chiederete: “Come mai
?”.
E lui, singhiozzando:
“Ecco, mi
ha chiesto di spiegare l’incipit della Divina Commedia:”Nel mezzo
del cammin di nostra vita …” e, quando l’ho fatto, mi ha
detto:
“Eh no, non
è così perché, vede, caro studente:
- Dante ha
scritto letteralmente: “Nel mezzo del cammin di nostra vita”;
- se
avesse voluto dire qualcosa di diverso l’avrebbe detto”.
Non avendo capito
un’acca delle motivazioni addotte per condannare ad un quattro meno meno lo
sforzo di quel figlio adorato, cercherete una via di scampo onorevole:
“Beh, anche
i professori sono uomini e, talvolta sbagliano …”.
Solo che vostro figlio
vi blocca con :
“Ma io non
piango per il voto, perché – alto o basso che sia – non può essere in se
stesso, di per sé, giusto o sbagliato.
Io piango
l’ingiustizia di un giudizio immotivato, la prepotenza di una spiegazione
imposta senza spiegare, l’indigeribilità di un’equazione che per dimostrare
equivalenze non espone un procedimento ma si limita a dire che “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” significa “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” perché Dante ha scritto “Nel mezzo
del cammin di nostra vita”
… .
Papà: io
piango perché il Bianco è Bianco perché è Bianco, capisci?”
§
Per
fortuna, dopo questo vagar per argomenti ondosi la nebbia dei significati sale
agli irti colli e libera alla vista del cercatore i punti di possibili approdi.
Infatti il Consiglio di Stato, ad un certo punto, alza le bandierine sulla
seguente pista di atterraggio::
Tale conclusione
è avvalorata, sul piano logico, dalla struttura complessiva dell’intero
articolo in questione che:
-- al primo
comma, ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro
del tutto indipendenti;
-- al secondo ed
al terzo comma ha individuato i limiti, e le modalità, di realizzazione degli
interventi nelle diverse casistiche,
-- al quarto
comma ne ha specificato i requisiti tecnici e funzionali di carattere
obbligatorio.
Ciò posto, come
esattamente sottolineato dalla Difesa del controinteressato, l’ipotesi sub lett.
b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui prescinde del
tutto da tale destinazione d’uso,
La considerazione
del piano teleologico degli interessi abitativi porta a dover ritenere che non
avrebbe avuto alcun senso limitare l’ampliamento solo a “edifici residenziali
uni-bifamiliari; di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi;
composti da non più di tre piani fuori terra”, in quanto con tale
interpretazione si sarebbe finito per vanificare le finalità della disposizione.
In tale direzione
l’interpretazione restrittiva della disposizione sarebbe anche incompatibile
con anche la possibilità, alternativa all’ampliamento concessa dal terzo comma
dell’articolo in questione di mutare a residenziale la destinazione d’uso di volumetrie
esistenti limitata però ai soli edifici “prevalentemente residenziali”
In definitiva, in
tutti i casi di edifici inferiori ai 1500 m³ si poteva realizzare l’ampliamento del
20% ai fini residenziali senza limitazioni. Del resto appare del tutto corrispondente
a normali regole -- non solo di buon senso ma di carattere economico ed
ambientale (per i minori spostamenti) -- consentire ad un commerciante o ad un
artigiano con bottega di creare o di ampliare un alloggio per esempio per le
esigenze abitative sue o dei figli.
In conclusione,
in base al principio per cui “ubi lex voluit dixit”, la mancata apposizione
dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4,I° co della L.R. 28
dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla realizzazione del 20 % in
più della volumetria esistente anche ad edifici non specificamente residenziali
purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³ .
COMMENTO. In questa parte della sentenza c’è, per così dire, il succo del pensiero
del Consiglio di Stato, per il quale, a partire dalla seguente, testuale formulazione della norma inclusa nel
Piano Casa Campania:
“Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento 1.
In deroga agli strumenti
urbanistici vigenti è consentito, per uso abitativo, l’ampliamento fino al venti
per cento della volumetria esistente per i seguenti edifici:
a) edifici residenziali
uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non
superiore ai millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti
da non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.”
si deve ritenere
che la mancata
apposizione dell’aggettivo residenziale alla lett. b dell’art. 4, I° co della
L.R. 28 dicembre 2009 n. 19 e smi consente di far luogo alla realizzazione del
20 % in più della volumetria esistente anche ad edifici non specificamente
residenziali purché abbiano una volumetria inferiore ai 1500 m³ . in quanto:
- l’art. 4
del Piano Casa, al primo comma,
ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del
tutto indipendenti;
- l’ipotesi sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo
“residenziale” per cui prescinde del tutto da tale destinazione d’uso;
- e Del resto appare del tutto corrispondente a normali regole --
non solo di buon senso ma di carattere economico ed ambientale (per i minori
spostamenti) -- consentire ad un commerciante o ad un artigiano con bottega di
creare o di ampliare un alloggio per esempio per le esigenze abitative sue o
dei figli.
- e, se
tutto questo non basta, ricordatevi che “ubi lex voluit dixit”.
Di fronte a
questa enunciazione dei criteri interpretativi dell’art. 4, a un lettore di media
caratura non sfugge, però, la debolezza di un ragionare che - non procedendo
per accumulazione di elementi circostanziali positivi e intelligibili –
perviene a editare criteri che non si auto-verificano.
Infatti, se si
perviene - applicando il principio “ubi
lex voluit dixit” – alla decisione di assumere
come criterio dirimente che l’ipotesi
sub lett. b) non è affatto connotata dall’aggettivo “residenziale” per cui
prescinde del tutto da tale destinazione d’uso , dovremmo poi (anche) necessariamente inferire (applicando il medesimo
principio e criterio dirimente) :
-
che l’art. 4,
comma 1 lett. b) è applicabile a qualunque “EDIFICIO” di volumetria non superiore ai millecinquecento metri cubi, a prescindere dalla sua connotazione di residenziale o non residenziale
e dalla sua connotazione in termini di piani;
-
e che l’art.
4, comma 1 lett. b), ad esempio, si applica anche agli edifici residenziali
uni-bifamiliari (come quelli indicati all’art.4, lett. a) di volumetria non superiore ai millecinquecento
metri cubi,;
-
o che l’art.
4, comma 1 lett. b), ad esempio, si applica anche agli edifici residenziali composti da
non più di tre piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto (come quelli
indicati all’art.4, lett. c) di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
Ma
questa inferenza porta a inevitabilmente a concludere che il ragionamento del
Consiglio di Stato è fallace, perché, se si accredita la tesi di partenza che
l’art. 4 del Piano Casa,
al primo comma, ha individuato tre diverse e differenti
tipologie di edifici, tra loro del tutto indipendenti;
-
non
si può, contemporaneamente, affermare che nelle fattispecie di cui all’art. 4 sub lett. b) ricadano – in parte – anche fattispecie sub lett. a) o fattispecie
sub lett. c);
infatti sarebbe come affermare, ad
esempio, che
gli edifici
residenziali uni-bifamiliari di
cui all’art. 4 sub lett. a)
possono essere ampliati
“fino al venti per cento della volumetria esistente”
purché abbiano, ai sensi cui
all’art. 4 sub lett. b) , una volumetria non
superiore ai millecinquecento metri cubi …….
Non
c’è Vangelo che possa chiederci di credere che l’art. 4, comma 1, del Piano
Casa Campania ha individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del
tutto indipendenti che –
però, contemporaneamente – si limitano e condizionano reciprocamente.
Non
c’è Vangelo che possa chiederci di credere che Dio è uno e trino.
Anzi
no: un Vangelo c’è.
Ma
non è quello del Consiglio di Stato.
CAPIRE?
E’ UN PO’ MORIRE
Sono un geometra e costruisco muri.
Talvolta li demolisco.
Non so se in questo modo costruisco mondi o li
distruggo, se altero o conservo, se innovo o mi ripeto nell’eterno credere di
andare avanti.
Alla consapevolezza del proprio posto nel mondo si
giunge per distacco, per frenate riflessive sul ciglio della strada, per incontri
inaspettati, per dolori provocati e subiti, per insiemi.
Per questo cerco di stare attento a misurare distanze,
scegliere strade, comprendere gli incroci e registrare voci con strumenti che si
ribellano all’ineluttabilità di una sola direzione.
Ed è per questo che, all’indomani della promulgazione
della LRC 19/09 e s.m.i., di fronte al seguente testo dell’art. 4:
Art. 4
Interventi straordinari di ampliamento
a) edifici residenziali uni-bifamiliari;
b) edifici di volumetria non superiore ai
millecinquecento metri cubi;
c) edifici residenziali composti da non più di tre
piani fuori terra, oltre all’eventuale piano sottotetto.
scelsi di non asservire il mio incedere interpretativo
ad una logica geometrica tipizzata ma alla continenza di una geometria della
logica capace di garantire esiti super partes.
E dopo aver misurato e registrato, ascoltato e
controdedotto, calcolato e verificato, affermai:
coloro che aderiscono ad una tesi
“indipendentista” come quella enunciata dal Consiglio di Stato, e cioè che l’art. 4, comma 1, del Piano Casa
Campania ha
individuato tre diverse e differenti tipologie di edifici, tra loro del tutto
indipendenti , incorrono in un errore di fondo, simile a quelli che - di fronte ad una
legge del seguente tenore :
“In Italia possono votare gli uomini :
a) che abbiano compiuto 18
anni;
b) che siano nati in Italia;
c) che siano alti almeno 1,70 metri “
deducano paradossalmente che:
- IN
ITALIA Possono votare anche i Masai, perché sono alti più di 1,70 metri (infatti, parafrasando il Consiglio di Stato, si deve
ritenere che la norma ha individuato
tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub
lett. c), la quale - essendo connotata dal solo requisito dell’altezza –
consente di prescindere del tutto dal possesso di ogni altro requisito);
- IN
ITALIA Possono votare anche i QUINDiCENNI NATI IN ITALIA (infatti - parafrasando il Consiglio di Stato – si deve
ritenere che la norma ha individuato
tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub
lett. b), la qule – essendo connotata dal solo requisito dell’essere nati in
Italia – consente di prescindere del
tutto dal possesso di ogni altro requisito);
- IN
ITALIA Possono votare anche i NANI CHE HANNO 37 ANNI (infatti, parafrasando il Consiglio di Stato, si deve ritenere
che la norma ha individuato
tre diverse e differenti tipologie di elettori, tra loro del tutto indipendenti, e che ricorre l’applicabilità dell’l’ipotesi sub
lett. a), la quale – essendo connotata dal solo requisito dell’età – consente di
prescinde del tutto dal possesso di ogni altro requisito);
Ora che il Consiglio di Stato ha armato questa tesi “indipendentista” di un caricatore retorico,
di una minaccia a non opporre remore all’avanzata del fate come vi pare, fatelo
in fretta chè domani è un altro giorno
… si vedrà, piango una delusione
profonda.
“Ma non piango
per i vostri voti, perché – alti o bassi che siano – non possono essere in se
stessi giusti o sbagliati.
Io piango
l’ingiustizia di un giudizio immotivato, la prepotenza di una spiegazione
imposta senza spiegare, l’indigeribilità di un’equazione che per dimostrare
equivalenze non espone un procedimento ma si limita a dire che “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” significa “Nel mezzo
del cammin di nostra vita” perché Dante ha scritto “Nel mezzo
del cammin di nostra vita”
… .
Piango
perché se il Bianco è Bianco perché è Bianco, allora vuol dire che ho perso … la
geometria, capisci, figlio mio?”
Geom. Marcellino Bottone
Piedimonte
Matese, 10 settembre 2013
[1] Frase
attribuita a Luigi Pirandello.
[2] Dal testo -
scientemente modificato e asservito all’uso e finalità di questo scritto –
della canzone di Edoardo Bennato: “Un giorno credi”
[3] Mi riferisco a
un mio commento intitolato: “IL PIANO CASA CAMPANIA: DUBBI SULLA
APPLICAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1, LRC 1/2011” facilmente reperibile in rete o, se se si vuole, richiedendolo
all’autore.
[4] Dal romanzo
di Massimo Lugli: “Il Carezzevole”, Ed. Newton Compton, pag. 231,
[5] Uso questi nomi di fantasia perché mi
piace pensare che possa esserci – oltre al diritto al romanticismo – un
romanticismo del diritto …
[6] Ubi
lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (LA)
(trad. "Dove la legge ha voluto
ha detto, dove non ha voluto ha taciuto") è un brocardo latino evocato a proposito
dell'interpretazione della legge. Se infatti in un disposto normativo non è
stata prevista una fattispecie o non è stato analizzato un
determinato aspetto, si deve presupporre che il legislatore non lo abbia voluto normare (difetto
di norma) e che pertanto non si debba procedere ad interpretazioni estensive. Il
brocardo richiama l'interprete ad attenersi al testo della norma, ossia a non
dedurre conseguenze dal silenzio.
[7] Frase
attribuita a Stanislaw Jerzy Lec
[8] Frase
attribuita a Stanislaw Jerzy Lec
[9] Dalla canzone
“L’Arcangelo”, di Ivano Fossati
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